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MONITOR


ven 13 dicembre 2019

ANDY CAPP NON ABITA PIÙ QUI. BREXIT, VOLUME DUE

Nel riportare gli exit poll, che poi si riveleranno fin troppo accurati, il compassato presentatore della Bbc usa la parola “catastrofe”. I Conservatori trionfano, Jeremy Corbyn si dimette e Boris Johnson annuncia che la Brexit è imminente. La seconda tappa del viaggio dei Diavoli al termine della notte britannica, anzi: al principio della fine dell'UK.

È il principio della fine. L’alba sorge fetida dietro le sale giochi e i luna park di Blackpool South, città fantasma e senza futuro, dove i conservatori, dopo oltre vent’anni, hanno riconquistato un seggio decisivo. La puzza di merda è arrivata fino a qui.

È il principio della Brexit, della disgregazione dell’Europa e del fascismo a venire. È la fine dell’utopia socialista di decine di migliaia di giovani che, per la prima volta in un Regno Unito devastato dalla crisi, si erano avvicinati alla militanza. È il principio e la fine di ogni considerazione o analisi politica.

Tra la speranza di costruire il socialismo e la comodità di rintanarsi nel fascismo, Andy Capp ha scelto la seconda.

Nel resocontare gli exit poll, che poi si riveleranno fin troppo accurati, il compassato presentatore della Bbc usa la parola “catastrofe”. Non lo aveva fatto nemmeno nei casi di guerra o attentati terroristici.

I Conservatori trionfano con 365 seggi (66 in più delle scorse elezioni) e ben oltre la maggioranza necessaria di 326. Il leader Boris Johnson annuncia che la Brexit è imminente. I Labouristi crollano a 203 seggi (42 in meno) e affrontano una delle peggiori disfatte della loro storia. Il leader Jeremy Corbyn si dimette.

Lo SNP arriva a 48 seggi (più 13), oltre ogni più rosea previsione. La leader Nicola Sturgeon annuncia il prossimo referendum che sancirà l’ineludibile indipendenza della Scozia dalla Gran Bretagna.
Il principio è un pullman che parte la mattina dalla periferia orientale di Manchester. In un’altra alba, talmente remota da sembrare appartenente a un’era storica diversa. È giovedì 12 dicembre, giorno di voto. Da oltre un secolo qui si vota al giovedì, perché venerdì è giorno di paga e la gente comincia a spenderla al pub, e da quel momento è costantemente ubriaca. Mercoledì ha finito i soldi. Giovedì è sobria, si spera.

Il pullman è gioioso, colmo di speranza. Sotto l’egida di Momentum, l’ala sinistra e giovanile del Labour Party, studenti, lavoratori, attivisti e disoccupati, età media sotto i trent’anni, si dirigono a Blackpool South. È uno dei collegi in bilico nel distopico sistema elettorale uninominale britannico.

È il luogo da cui far partire la riscossa.
I ragazzi arrivano a Blackpool, prendono il materiale dalla sede del Labour, la lista dei votanti del Labour e degli indecisi. E sotto una lurida pioggia battente escono nelle strade per fare campagna porta a porta. Bussano, sorridono, chiacchierano, annuiscono, spiegano, ascoltano. Passano alla casa dopo. Una dopo l’altra. Per tutto il giorno. Mentre la pioggia si confonde col mare.

Rebecca, 26 anni, si occupa di eventi musicali. «I media hanno giocato tutto sulla contrapposizione tra i due leader, evitando di parlare dei programmi proprio per favorire i conservatori. Presentando Corbyn come un vecchio stanco e dimesso, antisemita e troppo spostato a sinistra, hanno preso due piccioni con una fava: da un lato hanno spaventato l’elettorato, dall’altro hanno potuto evitare di dire cosa avrebbe fatto il Labour per questo paese e cosa non avrebbero fatto i Tories».
Ashiya ha 31 anni, lavora a “The Modernist” e “Tribune”, riviste socialiste. È responsabile dell’Mcr Fem, un collettivo femminista di Manchester. «La narrazione dominante ha fatto in modo di mettere insieme sanità e migranti, con fake news al limite del ridicolo, facendo credere la situazione disastrosa in cui versa il sistema sanitario sia per colpa degli immigrati e non delle privatizzazioni, dei tagli selvaggi e dell’austerity del governo conservatore».

Sasha ha 22 anni, è una studentessa, ha vissuto a Marsiglia e parla un po’ italiano. «Stiamo facendo tutto quello che possiamo, ma la gente oramai è egoista e pensa solo a se stessa. Dalla Thatcher in poi si è rotto ogni senso di comunità e solidarietà. Anche le persone che si dicono preoccupate per lo stato della sanità pubblica, in realtà, pensano solo alla Brexit, perché sono convinte darà loro più vantaggi».

Ashiya, Rebecca, Nuria, Sasha, Emma. Camminano tutto il giorno sotto una pioggia incessante e infetta, bussando a ogni porta, parlando, ascoltando, segnando su un foglio chi hanno convinto e chi no.

La speranza dipinta sui loro volti giovani e allegri, alla conquista del collegio di Blackpool South. Sarà un fallimento. Una catastrofe.

Blackpool è sineddoche di questo paese. Ex luogo di villeggiatura della working class britannica del Nord, i primi a venire qui furono i minatori dopo la Grande Guerra, nelle due settimane dell’anno in cui le miniere chiudevano per manutenzione. Negli anni del boom economico è esplosa come centro turistico.

Sale giochi, luna park, bordelli, stabilimenti balneari e rivendite di fish and chips. Luci al neon e insegne iridescenti a ogni angolo. Una ruota che scimmiotta quella di Londra, una torre che imita stremata la Tour Eiffel. Una via di mezzo tra Rimini e Las Vegas.

Oggi con le compagnie low cost si paga di meno per andare in Spagna o in Grecia, e Blackpool è stata abbandonata al suo destino. È diventata una ghost town. In giro non c’è più nessuno. Gli abitanti emigrano, i turisti non vengono più. Rimangono sale giochi vuote. E luci, che non illuminano più nulla.

Andy Capp non abita più qui.

È la catastrofe, come l’ha definita la Bbc. Uno sfacelo che non nasce in una notte di risultati elettorali ma è il frutto di quarant’anni di politiche neoliberiste. Un dominio dei cuori e delle menti cui la gente è talmente assuefatta che si adagia placida tra le braccia del fascismo a venire.

La Brexit non è solo il sogno malato degli Andy Capp del Nord. È il misero tornaconto economico della upper class del Sud, di quei personaggi aridi ed egoisti raccontati nella Middle England di Jonathan Coe. È la speculazione finanziaria di fondi d’investimento con sede nei paradisi fiscali di mezzo mondo.
È il capitalismo della catastrofe, che guadagna dai disastri climatici, politici ed economici. Dalle telefonate gioiose degli imprenditori durante i terremoti in Italia agli occhi che si illuminano tra i ragazzi della City di Londra mentre osservano su uno schermo gli effetti dello tsunami in Giappone.

Dal business della segregazione razziale, dopo l’uragano Katrina, agli ingenti movimenti finanziari che anticipano e dirigono i colpi di stato sudamericani. Sulle rovine del Regno Unito e dell’Europa, famelici avvoltoi hanno già guadagnato cifre iperboliche. Andy Capp l’ha solo presa nel culo, come sempre.
Il suddito del Regno non si ribella (quasi) mai. Come scrive George Orwell in The road to Wigan pier, la working class britannica accetta le violenze del potere e le tragedie della vita senza battere un ciglio. «Sopportano tutto, fin tanto che gli viene detto che deve essere così».

L’alba di speranza a Manchester si dissolve nel tramonto di angoscia di Blackpool. E infine nella notte del terrore elettorale. I ragazzi e le ragazze di Momentum tornano a casa, a scuola, al lavoro. Incerti se li ritroveranno ancora al loro posto.

La Brexit è il principio della fine. È «l’annientamento dello spazio da parte del neoliberismo» usando le parole di David Harvey. Ora la Gran Bretagna si staccherà dall’Europa. A quel punto l’Irlanda del Nord sarà abbandonata al suo destino – impossibile costruire frontiere lungo il Teorainn na hÉireann – e dovrà riunirsi, a un prezzo che si preannuncia sanguinoso, alla Repubblica Irlandese. E la Scozia si staccherà a sua volta dall’UK, attraverso un referendum per restare in Europa. Il voto è stato chiaro in questo senso.

Quali che siano le conseguenze politiche ed economiche di questo processo, una conclusione è inevitabile. Il Regno Unito sarà dissolto, la monarchia è destinata a scomparire. Elisabetta II sarà ricordata nella storia come l’ultima monarca dell’isola.

Boris Johnson si è rivelato essere il più insospettabile militante repubblicano mai nato sul suolo britannico. La sua insistenza sulla Brexit, il litigio con gli unionisti nordirlandesi, il disinteresse nel risolvere la questione scozzese, letti a posteriori hanno avuto un solo scopo: distruggere la corona.

È il principio della fine della monarchia.
L’alba sorge nuovamente nella ghost town di Blackpool. È l’alba fredda e tagliente del giorno dopo la catastrofe. I ragazzi e le ragazze di Momentum hanno fatto tutto il possibile, e continueranno a farlo.

Emma ha 32 anni, studia per un dottorato a Manchester. «Corbyn ha fatto bene a dimettersi, lo avrebbero comunque mandato via. Ora però dovrebbe essere sostituito da qualcuno della left del Labour, probabilmente donna e del Nord, penso a una come Rebecca Long-Bailey».

Nuria ha 23 anni, è una studentessa part-time e per mantenersi lavorava metà giornata facendo patatine fritte. Quando l’hanno licenziata è andata al Job Centre, dove gli hanno detto che se voleva il sussidio doveva smettere di studiare e fare domanda per un lavoro full time, altrimenti non gli avrebbero dato nulla. E così è stato. «La ragione della sconfitta è la Brexit.

Il Labour è arrivato troppo tardi a proporre il secondo referendum, e molti remainers hanno perso fiducia per questo». Anche lei vuole Rebecca Long-Bailey al posto di Corbyn. «Funziona bene in tv e sui media e allo stesso tempo riesce a parlare alla working class, perché viene da lì».

Catastrofe deriva dal greco antico καταστροϕή, che significa rovesciamento, capovolgimento. Nella catastrofe si muovono gli embrioni di un mondo nuovo. Nella fine del Regno è il principio di ogni rivoluzione possibile.
Ashiya, Rebecca, Nuria, Sasha, Emma e tutti e tutte quelle come loro, che ci hanno creduto e ci credono ancora, sono pronte a ripartire. E lo faranno subito. Continueranno a lottare nelle strade e nei collettivi, per contrastare il fascismo neoliberale che gli ha imposto il voto di un paese vecchio e devastato, debole e incapace di sognare.

Saranno loro a danzare sulle macerie del Regno a venire.

Come diceva Joe Strummer, un ragazzo che ha combattuto contro la guerra ai poveri portata da Margaret Thatcher e da Tony Blair, e ha perso: tutto è ancora possibile. Andy Capp ha scelto il fascismo, ma per i suoi figli the future is unwritten.
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