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PROFILI


mar 28 febbraio 2017

WILDERS, IL CROCIATO ANTI-ISLAM D’OLANDA

Sovranista, antieuropeista, pronto alla cacciata dei musulmani dai Paesi Bassi, Wilders vuole portare la «primavera patriottica» in Europa. Vuole bandire le moschee, le scuole coraniche e tassare il velo. A pochi giorni dalle politiche del 15 marzo, il suo Partito per la Libertà è testa a testa con quello del premier conservatore Mark Rutte.

«L’idea che tutte le culture siano uguali, ecco il punto. L’umanesimo europeo, costruito su basi cristiane e giudaiche, è migliore della cultura islamica, anche se una secolarizzazione estrema sta distruggendo gran parte di quel patrimonio. Il multiculturalismo funziona se sei forte abbastanza per dire che la tua cultura è migliore e dominante. Ma quando il multiculturalismo si coniuga al relativismo culturale, è suicidio. Da quando i nostri padri fondatori trasformarono questa palude, l’Olanda, in un’oasi di tolleranza, il nostro stendardo merita di essere librato in aria e in libertà. La correttezza politica ci impedisce di farlo, si ha paura di essere chiamati ‘estremisti’. L’islamizzazione ha successo nella mancanza di coraggio. Siamo diventati come tanti Chamberlain, anziché Churchill, i politici non conoscono la storia del proprio paese, non hanno identità, non sanno chi rappresentano. Non hanno più la volontà di battersi per i propri valori». Geert Wilders, 2009, intervista a “Il Foglio”
Venlo è una terra di confine, a cavallo tra i Paesi Bassi e la Germania. Si trova in quelle lande laboriose e intrise di cattolicesimo, lontane dal nord calvinista.
È proprio lì, in quella sorta di “rust belt” d’Olanda, che è cresciuto Geert Wilders. Colui che era un semplice ragazzo di provincia di nome Geert, il più piccolo di quattro figli (ha due sorelle e un fratello), oggi a quei luoghi vuole regalare vendetta. Freme per l’arrivo della «primavera patriottica» d’Europa.

«L’Olanda torni ad essere nostra»

Il Geert di oggi è un politico navigato. Sovranista, euroscettico, islamofobo, Wilders inneggia a un’identità considerata superiore. Invoca le radici cristiane contro la (percepita) invasione musulmana, ma oggi si definisce agnostico. Vuole bandire le moschee, le scuole coraniche e mettere una tassa sul velo.  Deride l’establishment europeo e si batte per l’uscita dell’Aja dalla moneta unica. Il suo slogan è: «L’Olanda torni ad essere nostra».
Il Geert di ieri fa parte della classe 1963, è di padre olandese e madre di origini indonesiane. È uno che si lascia presto alle spalle gli studi alla Dutch Open University. Vuole viaggiare, passa diversi mesi in Israele. Diventa un sostenitore della linea dura di Tel Aviv. Inizia a fare politica nel 1998: muove i primi passi tra le file dei conservatori, poi nel 2006 fonda il Pvv, il “Partito della libertà”: un movimento di ultradestra più che un vero e proprio partito. Ma prima ancora, inizia la sua battaglia contro la religione musulmana in Olanda: «Non odio i musulmani, odio l’Islam», tiene a precisare.
 «Lo scontro di civiltà è un tema urgente (…) la motivazione di queste persone è l’odio: stanno contro di noi in ogni senso (…) Chi sono queste persone? L’ “islam radicale”: la maggioranza dei musulmani non è così, ma c’è una crescente minoranza che è vicina al terrorismo». G. W. 2008, intervista alla “BBC
Dopo l’assassinio del regista Theo van Gogh, nel 2004, per mano di un estremista islamico urtato dal contenuto di un suo film, il Geert di ieri diventa il Geert di oggi. Da quel momento, vive sotto controllo 24 ore su 24, minacciato a causa delle sue invettive anti-Islam.
Scortato quotidianamente: succedeva in quei giorni, succede oggi. Da quasi una settimana ha sospeso le apparizioni pubbliche (già rare), nonostante sia in campagna elettorale, dopo aver scoperto che un poliziotto di origini marocchine è sospettato di aver venduto alla criminalità informazioni riservate proprio su di lui.
Verso il voto di metà marzo
È l’anno 2017 e Wilders è pronto alla sfida elettorale con il premier conservatore, Mark Rutte, del Vvd, il “Partito popolare per la libertà e la democrazia”. L’appuntamento è fissato per il 15 marzo 2017: gli olandesi sceglieranno i 150 rappresentanti del Parlamento (la seconda Camera o Camera bassa) e avranno un nuovo premier.
Stando ai sondaggi diffusi dal sito Peilingwijzer, il Pvv oscilla tra il 15,8% ed il 17,6% contro il 15,2% e il 16,9% del partito di governo e potrebbe guadagnare tra i 24 e i 28 seggi. Obiettivo numero uno: stracciare Rutte, anche se governare sarebbe praticamente impossibile, perché – al momento – nessun partito vuole allearsi con il Pvv.
Wilders, d’altronde, è un uomo di lotta (xenofoba e pro-gay), ma non di governo.

Il «Trump d’Olanda»

Come il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il patriota Geert ama Twitter, detesta la religione musulmana (come se fosse intrinsecamente portatrice di violenza) e non va molto d’accordo con i giornalisti. A detta sua, il successo del tycoon repubblicano alla Casa Bianca «è una vittoria storica, una rivoluzione».
Eppure, tra i due c’è più di una differenza: mentre l’alleato americano odia quasi indiscriminatamente tutte le minoranze, Wilders canalizza tutto il suo risentimento politico in particolare contro l’Islam, accusato di inquinare «la cultura, l’orgoglio e la libertà» degli olandesi. E ancora: il primo fa un uso emotivo di Twitter; il secondo ha, invece, uno stile più sobrio e ogni suo cinguettì0 in rete appare calcolato.
«Più Islam importiamo, meno liberi diventeremo. La lotta contro l’Islam, un’ideologia violenta e totalitaria, per me è una battaglia per la libertà e per questo ho chiamato il mio partito Partito per la libertà (…) Purtroppo il Corano non si presta a interpretazioni, credono che sia la parola di Allah. I musulmani possono essere diversi, moderati o estremisti, ma c’è un unico, totalitario Islam». G.W., 2015, intervista al Sole 24 Ore

L’odio manifesto in undici punti

Ad agosto 2016, con un post su Facebook, il leader dell’ultradestra olandese snocciola il suo piano per la rivoluzione patriottica d’Olanda. La sua missione è de-islamizzare il Paese: niente moschee, scuole coraniche chiuse, bandito il Corano, vietato il velo integrale in pubblico, chiusi i centri di accoglienza profughi e sigillati i confini.
Il linguaggio è ridotto all’osso, semplice e incendiario, dritto alla pancia del Paese. Grazie a questa retorica aggressiva, il 9 dicembre 2016 si guadagna una condanna per incitamento all’odio. Il motivo? In un discorso del 2014 aveva chiesto alla folla se volesse «più o meno» marocchini in Olanda. Alle grida di chi rispondeva «meno», aveva replicato: «Ci occuperemo di questo».
Non pago, solo un anno dopo aveva ribadito il concetto:
«Ci dobbiamo difendere, ed ecco perché dico che oggi in Europa il problema maggiore è il relativismo culturale, l’incapacità di distinguere chi siamo e la convinzione che tutte le culture siano uguali. Così, se uno dice che i valori della nostra cultura, basata su Giudaismo, Cristianesimo e Umanesimo, sono molto meglio di quelli islamici, viene tacciato di intolleranza o razzismo, il che non ha senso».
Così, è una lunga escalation fino a febbraio 2017, quando, circondato dalla folla durante un comizio a Spijkenisse, a sud di Rotterdam, si scaglia ancora una volta contro quella che definisce «la feccia marocchina» in Olanda.
Aggiunge:
«Certo non tutti fanno parte della feccia, ma ce ne sono molti che rendono pericolose le nostre strade, specialmente tra i giovani. E questo deve cambiare». Grida di voler «restituire il paese al popolo olandese».

Fuori dall’euro, fuori da Schengen

Il refrain dell’austero Geert dai capelli biondo platino («tinti per gioco», secondo un vecchio amico) segue, dunque, questo schema: rinazionalizzazione delle masse, sovranismo e orgoglio identitario.
Si sviluppa così:
«Noi dovremmo essere fieri della nostra identità e dichiarare quello che siamo; se non vogliamo diventare un Califfato nel giro di dieci, venti, cinquant’anni dobbiamo alzarci in piedi e dire ciò che la gente vuole sentir dire. Ecco perché il mio partito è in testa nei sondaggi: adesso basta!».
E ancora:
«Va bloccata l’immigrazione dai Paesi musulmani. L’Olanda dovrebbe uscire da Schengen, reintroducendo i controlli alle frontiere, togliere la doppia cittadinanza a quanti non rispettano le nostre leggi e i nostri valori ed espellerli. Non solo i musulmani, chiunque abbia una doppia nazionalità e commetta reati».
Il fine ultimo è la Nexit, ovvero l’uscita dei Paesi Bassi dall’Unione europea, come ha ribadito anche all’indomani della Brexit:
«Urrà per i britannici. Ora è il nostro turno. È tempo per un referendum olandese. Se diventerò primo ministro, ci sarà un referendum anche in Olanda per abbandonare l’Unione europea, lasciamo decidere il popolo olandese. Vogliamo essere responsabili per il nostro Paese, la nostra moneta, le nostre stesse frontiere, e la nostra politica migratoria», ora «è tempo per un nuovo inizio facendo affidamento alla nostra stessa forza e sovranità, anche in Olanda».

Populisti d’Europa uniti

La ricetta Wilders non è, dunque, molto diversa da quella della francese Marine Le Pen, leader del Front National in corsa per l’Eliseo alle elezioni di maggio 2017, e della tedesca Frauke Petry, a capo dell’AfD che considera l’Islam «anticostituzionale».
Sono tutti pronti a mobilitare il “popolo” contro una minaccia dai mille volti: la moneta unica, gli immigrati, le élite europee. E la foto qui sotto, del recente meeting di Coblenza, li ritrae festosi e motivati a far spirare venti di destra sul Vecchio continente.
Si tratta di neofascisti? Alla domanda diretta del giornalista della BBC John Sweeney, Wilders ha risposto per sé, nascondendo a fatica l’imbarazzo: «Non è assolutamente vero», ha detto (dal minuto 2:20).
L’ultradestra vista da i diavoli, leggi anche:
  • L’inverno sta arrivando
  • Il vento di destra
  • A destra della Brexit
  • Le Iron Ladies
  • Il fascismo d’America oltre Trump

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