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mer 28 luglio 2021

ORO

Dai primordi l’oro impone all’umanità di esplorare, conquistare, colonizzare. «Accumulazione per spoliazione», la ragione del capitale prima del capitalismo. Miniere a cielo aperto, sangue, sfruttamento, guerre, confini, schiavitù. Tutto per vedere risplendere il metallo giallo, colore del sole, anche sulla terra. Nelle mani di chi domina.

Materia [matèria]. Dalla definizione on-line dell’enciclopedia Treccani: «nell’accezione più generica, ciò che costituisce tutti i corpi, la sostanza fisica che, assumendo forme diverse nello spazio, può essere oggetto di esperienza sensibile, ed è in generale concepita come esistente indipendentemente dalla coscienza individuale».

Oggi, il tempo per concepire le materie al di là della coscienza individuale e collettiva, volge al termine.


oro

«Vieni, vieni, metallo maledetto/tu, puttana di tutto l’uman genere/motivo di discordia tra le genti/saprò ben io quel che fare di te/in modo cònsono alla tua natura!»
(Shakespeare, Timone, atto IV).

Mistica alchemica, metallo di cuore ardente e pulsante di vita. Emblema del valore, incarnazione della valuta. La corsa all’oro, che imprime un’accelerazione insostenibile al progresso tutto. La febbre dell’oro, che colpisce sempre i più poveri, i deboli, i derelitti. L’età dell’oro sempre inseguita, rimpianta, tramandata, mai esistita. Metallo sublime, l’oro. Estratto, setacciato, scavato, fuso, plasmato, cesellato, appare concreto nel passato di ogni civiltà, fin dalla preistoria, prima del rame, prima del ferro, esiste e resiste ancora effimero nel presente del mercato globale.

Segno metafisico per eccellenza, materia che si smaterializza, magia che si fa concreta dal nulla. L’oro è il fulcro della ricerca alchemica, la tappa finale di ogni inseguimento della ricchezza o della spiritualità. Nigredo, albedo, rubedo, tramutare la materia grezza e sporca in pura luce. Separare il corpo marcescente dall’anima pura. Il simbolo alchemico dell’oro è quello del sole, la stella madre attorno cui ruota il nostro pianeta, la fonte della nostra vita. “Focolare di tenerezza e vita”, lo chiamava Rimbaud. L’oro alchemico è il sole anche nei geroglifici egizi e nel pittogramma cinese.

Il simbolo alchemico è il segno. Il segno è la capacità dell’uomo di astrarre il pensiero dalla vita, e il segno supremo in ogni cultura è da sempre l’oro. Per questo la sua materia è astratta, metafisica.

L’oro appare e riappare nei millenni dei regni dei cieli e della terra: come segno nelle pitture rupestri, nei pittogrammi, nelle scritture geroglifiche e cuneiformi; come sostanza tramandata nei racconti delle dinastie di faraoni e imperatori cinesi, tra gli assiri e i babilonesi, nei libri sacri delle storie e delle religioni antiche. L’oro è stato la fondazione politica, economica e sociale della civiltà. La bilancia del potere e della giustizia dentro e fuori lo stato, l’indicatore della divisione in classi sociali.

«Voi non andrete via a mani vuote. Ogni donna chiederà alla sua vicina…degli oggetti d’oro e delle vesti. Voi ne ricoprirete le vostre figlie e i vostri figli» dice il Signore a Mosè che si accinge a tradurre il suo popolo fuori dall’Egitto. L’esodo biblico dell’oro che si ripete infinite volte fino alla corsa all’oro che impone nel mondo la rivoluzione industriale, le infrastrutture, la logistica e apre lo squarcio sui modi di produzione del contemporaneo. L’oro impone la circolazione delle persone e delle merci nel capitalismo globalizzato, prima del capitalismo e della globalizzazione. Come il sole, anche l’oro è fonte della nostra vita. Quando spegneremo il sole, resterà l’oro, e noi saremo finalmente come Re Mida. Destinati a scomparire di dorata inedia.

Fiat lux, fiat moneta. Fu fatta la luce all’inizio dei tempi, il sole che dona la vita a questa e a tutte le altre stelle che illumina. Poi nacque l’uomo e subito con lui nacque la moneta, fatta d’oro, medicina e veleno, generatrice di scambi, mescolanze e condivisioni, di differenze, guerre e soprusi. Poi la moneta fiat, la moneta fatta, fiduciaria, non più dorata, giuridicamente distaccata dalle riserve auree che nel frattempo non erano già più concrete ma immaginarie, ancorate al passato dell’età dell’oro, proiettate al futuro oltre la corsa all’oro.


«L’oro non appartiene alla mitologia dell’homo faber ma è una creazione dell’homo religiosus; questo metallo cominciò infatti ad assumere valore per motivi di natura essenzialmente simbolica e religiosa» scrive Mircea Eliade. Il valore dell’oro è nel suo segno, ideogramma, geroglifico, simbolo, parola. Fiat lux, il verbo si fa carne e la carne si fa oro. Metallo sublime, sublimazione alchemica.

Rubedo, opera al nero, la prima fase alchemica. L’oro impone all’umanità ancora antica di esplorare, conquistare, colonizzare: «accumulazione per spoliazione», la ragione del capitale prima del capitalismo. Miniere a cielo aperto, sangue, sfruttamento, lavoro minorile, guerre, confini, schiavitù, regimi di apartheid, prima della modernità. Tutto per vedere risplendere il metallo giallo, colore del sole, anche sulla terra. Nelle mani di chi domina sulla terra.

Aguirre, furore di Dio (Herzog, ‘72) racconta la folle corsa all’oro dei conquistadores, lo sterminio e il genocidio degli indigeni per fondare il regno in purezza di El Dorado.

Nigredo, opera al bianco, la seconda fase alchemica. L’oro come simbolo imperiale della sanguinolenta pace perpetua, dell’assordante guerra silenziosa, ideologica, commerciale: combattuta per conto terzi. L’oro metafisico, dominio dell’idea, ragione neoliberale. Miniere a cielo aperto, sangue, sfruttamento, lavoro minorile, guerre, confini, schiavitù, regimi di apartheid, è la modernità. Dopo l’esodo dell’oro biblico avviene l’esodo dell’oro nazista, banche, treni, navi, nuovi documenti, vecchi passaporti, salvacondotti, bolle papali. Una luce accecante invisibile, coperta dalle luci degli studios hollywoodiani.

Fitzcarraldo (Herzog, ‘82) ripercorre i sentieri di Aguirre per portare la musica nel cuore dell’Amazzonia. L’oro splende e dona vita, l’oro si fa materia e segno e per lui si uccide. L’oro immateriale si tramuta nell’arte come unica ragione di vita. A dispetto della vita.

Citrinitas, opera al giallo, la terza fase alchemica. La globalizzazione della fine del Novecento libera la moneta dall’oro, il dollaro dall’oro, il denaro corre rapido nei flussi immateriali della rete, lucenti come il sole, splendenti come l’oro. L’oro è l’essenza dei futures con i quali si specula sul domani ipotetico, filosofale come la pietra che non esiste. Segno metafisico per eccellenza, materia che si smaterializza, l’oro non esiste.

È stato calcolato che tutto l’oro del mondo messo insieme nella realtà fisica costituirebbe un piccolo cubo di 20 metri per lato. Una palazzina di nemmeno quattro piani. Il nulla, altro che il sole. El Dorado è solo l’idea mistica di un passato mai esistito nel quale rifugiarsi, il delirio di onnipotenza di un futuro pacificato che non si potrà mai raggiungere ma per il quale si è disposti a tutto.

Rubedo, opera al rosso, la quarta fase alchemica. Riserva di valore, bilanciamento del potere, bene rifugio dell’antropocene, ipotesi della pace, natura della guerra, nell’infinito presente del contemporaneo. Il rubedo è la grande opera, la fusione definitiva, sublime. È la scomparsa del mondo e la rimanenza del segno. Abbiamo spento il sole, ci resta l’oro.
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