Decodificare il presente, raccontare il futuro

MONITOR


mer 6 ottobre 2021

LA CINA NUOVA

Memoria e futuro, socialismo e mercato, metropoli e campagna, airpocalypse e civiltà ecologica, lavoro e automazione. “La Cina nuova” di Simone Pieranni indaga i mutamenti di un paese – divenuto ormai potenza mondiale – tanto lontano e ancora sfuggente quanto centrale per leggere e interpretare presente e futuro di politica e società, su scala planetaria.

Di seguito pubblichiamo un estratto da La Cina nuova di Simone Pieranni, uscito il 23 settembre in libreria per i tipi di Laterza.

Come il precedente, anche questo libro è un’indagine profonda e sfaccettata, acuta e indispensabile intorno ai mutamenti di un paese che, per quanto ancora lontano e sfuggente, è oggi centrale per leggere e interpretare presente e futuro. In Cina, tra innumerevoli sorti e contraddizioni, il divenire non si arresta. Lo dimostra anche l’immaginario collettivo, il grande revival di opere cyberpunk che stanno costellando la produzione culturale del paese. Forse perché, come sostengono molti autori di fantascienza cinese, la Cina non si ispira al cyberpunk, già lo è.

Ringraziamo casa editrice e autore per la concessione dell’estratto. Buona lettura.


Futuro [dal cap.1 Memoria/Futuro]


[…] Morto Mao nel 1976, arriva Deng Xiaoping e lancia le «quattro modernizzazioni». La fantascienza rinasce, ma ristagna nella palude della Cina lanciata verso il successo: grande crescita ma anche arricchimenti selvaggi, banditismo economico e sociale. Si giunge al 1999. Al gaokao, il temutissimo esame di maturità, il tema presentato agli studenti è il seguente: «Se la memoria si potesse trapiantare». Si tratta dello stesso titolo di un racconto apparso su una delle riviste di fantascienza pubblicate in quel periodo. In pochi giorni il magazine diventa uno dei più venduti e la fantascienza ritorna sulla cresta dell’onda. Da lì in avanti il tempo accelera: nel 2015 e nel 2016 l’algoritmo di AlphaGo – sviluppato da Google DeepMind – vince sui campioni europei e mondiali di Go, il gioco di strategia inventato dai cinesi. Per il Partito comunista è «il momento»: la Cina lancia con ingenti finanziamenti la sua corsa all’Intelligenza artificiale ed è così che un intero popolo si ritrova mobilitato a brevettare, programmare, inventare con un obiettivo – diventare il paese più avanzato in termini di Ai entro il 2030.

La fantascienza diventa l’espressione più limpida di questa tensione e per una volta esce dai confini nazionali. Mentre AlphaGo sconfiggeva i campioni di Go, Liu Cixin vinceva il premio Hugo, il Nobel della fantascienza, con Il problema dei tre corpi, diventando un caso letterario mondiale. In Cina però non c’è solo Liu Cixin. Il panorama letterario contemporaneo è vasto, complice il proliferare di siti Internet nei quali gli autori sono migliaia e i lettori sono milioni. Ma ci sono alcune costanti che rendono la fantascienza cinese rilevante non solo perché relativa a un paese dove, come dice lo scrittore Chen Qiufan, «sembra che la fantascienza sia già realtà», ma perché insiste su problematiche che sono ormai globali e soprattutto ci propone la visione del futuro dei cinesi.


La curiosità internazionale nei confronti della sci-fi cinese, naturalmente, nasce anche in relazione all’immagine che l’ex Celeste Impero offre all’Occidente. In Cina non esiste più il denaro, si fa tutto con lo smartphone o in molti casi con la propria faccia. Le app di tracciamento, le videocamere a riconoscimento facciale, i telescopi più grandi del mondo, le smart city, il traffico «intelligente»: la Cina è già immersa in quello che noi potremmo definire «il futuro». In Pechino pieghevole la scrittrice Hao Jingfang immagina la capitale come un cubo di Rubik: i livelli della metropoli appaiono e svaniscono consentendo a tre fasce di popolazione tre forme di vita differenti in tempi diversi. Tempo, spazio e diseguaglianza, il trittico che è valso a Hao il premio Hugo per i racconti, prima donna asiatica a vincerlo e a trovare una propria strada all’interno del mondo sci-fi. Se Chen Qiufan è cyberpunk (il suo Waste Tide è a tutti gli effetti una distopia), Hao è «iper-realistica», qualcosa di simile a quella speculative fiction di cui Ballard è il campione occidentale.

Non a caso ne La città definitiva Ballard (nato a Shanghai e che ha raccontato il suo periodo trascorso nel campo di prigionia giapponese in L’Impero del Sole) presenta un personaggio, emblema della società industriale, che ha immaginato una città nella quale gli spazi emergono e si sostituiscono ad altri a seconda della loro funzione «produttiva». In questa direzione si staglia anche Han Song. Giornalista della Xinhua, l’agenzia di stampa cinese, Han Song è autore di decine di romanzi e racconti. Di giorno descrive i fatti con lo stile richiesto a un organo di stampa controllato dal Partito, di notte tracima la realtà in visioni apocalittiche nelle quali ricorrono alcuni elementi come il sonnambulismo, l’amnesia, l’iper-produttività e la sua trasformazione in solitudine. Han Song è amante degli spazi chiusi claustrofobici: nei suoi racconti l’umanità cinese è via via relegata nell’angusta strettoia di aerei, ospedali, metropolitane. Del resto, spazio e tempo sono due direttrici che fin dalla Cina arcaica segnano il destino della popolazione.

È dall’incastro di spazio e tempo che discendono ordine e caos, la vita di governi e sudditi. Il sinologo Marcel Granet ricorda che i cinesi vedono «nel tempo un insieme di ere, di stagioni e di epoche; nello spazio un complesso di ambiti, di climi e di orienti». In queste balestre cairologiche si inserisce il recupero delle creature fantastiche tipiche della Cina antica: mostri antropomorfi che l’Imperatore deve sconfiggere per accedere alla virtù, unico viatico al «mandato celeste». Al contrario, se soccombe, il mandato è revocato.

Nel recupero di queste leggende di cui fu grande amante anche Borges, la fantascienza cinese ha trovato una sua interprete e un’altra visione di futuro. Si tratta di Xia Jia, autrice di racconti nei quali torna l’elemento fantastico, perché, come sostiene lei stessa, «la fantascienza è quanto era per Gilles Deleuze: una letteratura in costante divenire, nata nella frontiera tra ciò che sappiamo e quanto immaginiamo». All’interno di questo confine – altro elemento spaziale – si inserisce il Pcc che nel suo sforzo di soft power ha trovato nella sci-fi un ottimo veicolo di comunicazione del proprio «modello».

Di recente il Pcc ha pubblicato alcune linee guida su come trattare i temi fantascientifici, nel tentativo di creare un canone. Impresa complicata: gli scrittori di fantascienza dimostrano che la realtà delle cose si presenta sfuggente, frammentaria e indicano l’antidoto, la ricerca costante di novità nel tentativo di spezzare tempo e spazi, non solo letterari. All’interno di questa ondata, l’ultima trovata futurista della Cina è di Chen Qiufan, uno degli enfant prodige della sci-fi cinese. Immaginate: una frase la scrive un umano, una frase l’Intelligenza artificiale, una l’umano, una l’Intelligenza artificiale, fino a completare un racconto di fantascienza.

Il progetto si chiama «Co-Creation» e l’idea, salutata con grande enfasi dai media nazionali, non poteva che arrivare da Chen, definito «il William Gibson cinese», che ha alle spalle già un’esperienza di questo tipo: «Non posso nascondere – mi ha raccontato – che questo progetto nasce dalle letture che ho fatto, da L’era del diamante di Neal Stephenson a Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick, e da un primo esperimento di scrittura di racconti con un algoritmo che ho sperimentato tempo fa; mi sono sempre interrogato sul modo in cui altre forme di intelligenza possano prendere coscienza. E mi sono sempre chiesto quali conseguenze potrebbe avere tutto questo».

Su Co-Creation c’è il sigillo economico di Lee Kai Fu, guru delle nuove tecnologie in Cina nonché finanziatore di tante aziende tech. Quello di Chen e Lee è un binomio che oscilla tra arte e business e non poteva che essere così: pur avendo bazzicato fin da ragazzino forum e siti di narrativa, Chen Qiufan ha lavorato per Google China e poi per una startup di realtà virtuale, prima di dedicarsi alla scrittura. Naturale il suo incontro con Lee, che nel futuro cinese ha deciso di credere e investire. Chen Qiufan a proposito di Co-Creation ricorda il «gioco mentale» creato dalla scrittura di sci-fi: «devi mettere un pezzo dopo l’altro e alla fine tutto deve combaciare».

In questa ricerca ora non sarà solo, perché lui e altri undici scrittori cinesi dovranno cimentarsi con un co-autore del tutto particolare, in un progetto dal quale dovrebbero uscire racconti di fantascienza su temi specifici: l’ambiente, la diversità di genere, le relazioni tra umanità e tecnologie. Non tutti sono entusiasti: «una delle scrittrici che fanno parte del progetto – racconta divertito Chen – è terrorizzata dall’idea che l’Ai si possa dimostrare migliore di noi nello scrivere romanzi».


Simone Pieranni dal 2006 al 2014 ha vissuto in Cina. A Pechino ha fondato l’agenzia di stampa China Files, attualmente lavora a Roma al quotidiano «il manifesto». Tra le sue pubblicazioni: il romanzo Settantadue (Alegre 2016) nella collana “Quinto tipo” diretta da Wu Ming 1; Cina globale (manifestolibri 2017); il podcast sulla Cina contemporanea Risciò (con Giada Messetti, Piano P 2017). Per Laterza è autore di Genova macaia (2017), Red Mirror (2020) e La Cina nuova (2021).
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