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RECENSIONE


mar 8 marzo 2022

INVENTING ANNA: OVVERO DI UNA TRUFFA CHE DICE LA VERITÀ

Creata e prodotta dall’inarrestabile Shonda Rhimes e ispirata ai racconti di Jessica Pressler, la serie “Inventing Anna” è la storia di una truffa che dice la verità.

Creata e prodotta dall’inarrestabile Shonda Rhimes e ispirata ai racconti di Jessica Pressler – in particolare al suo articolo “How Anna Delvey Tricked New York’s Party People” – la serie Inventing Anna è la storia di una truffa che dice la verità.

Il racconto prende forma dalla voce off di Vivian Kent (Anna Clumsky) giornalista all’ottavo mese di gravidanza che cerca disperatamente di scrivere l’articolo della vita per risollevare la propria carriera prima di partorire. Così, come nelle favole, prima che la sua esistenza finisca per essere socialmente sintetizzata nel ruolo di madre, la Vivian scrittrice rimane folgorata dall’immagine di Anna – la presunta ereditiera accusata di truffa e tratta in arresto – e inizia a ricostruirne meticolosamente la storia.


È dall’incontro tra queste due straordinarie figure femminili che la grande notizia comincia a prendere forma e non potrebbe essere altrimenti dato che la scrittrice mandata a morire nella “siberia del giornale”, angolo della redazione in cui giacciono le old glories della testata ritenute ormai sul viale del tramonto, è molto caparbia e soprattutto non ha più nulla da perdere. La Kent è infatti un’altra vittima di quel capitalismo misogino newyorkese che la sedicente ereditiera Anna Sorokin – in arte Anna Delvey – è riuscita ad aggirare.

Inventing Anna è la storia di un truffa che dice la verità.

La reporter è attratta dalla parabola della giovane proprio perché ne avverte la portata anti-sistemica e proprio perché è stata il perfetto capro espiatorio di un ingranaggio che le ha attribuito la peggior onta contemporanea possibile nel settore della comunicazione: quella di generare e confezionare ad arte fake news.

Vivian sa fin troppo bene che il punto non è più dividere ciò che è vero da ciò che è falso, non si tratta solo di capire se la ragazza in galera è una mitomane o l’eccentrica e sofisticata figlia di un’oligarca senza scrupoli. L’esclusiva della Sorokin le consente di operare la feroce disanima di quell’alta borghesia di Manhattan basata sull’apparenza e sul dollaro.

Grazie a lei può vivisezionarne i comportamenti e può finalmente sbattere in faccia al mondo che l’ha voluta relegare ai margini le regole non scritte che l’hanno resa inoffensiva. Può raccontare la partita a scacchi con il capitalismo che una venticinquenne dalle dubbie origini russo-tedesche è quasi riuscita a vincere.

Perché Anna Sorokin (Julia Garner) non sbaglia una mossa e arriva a un soffio dal realizzare il suo sogno. Ma nel momento in cui sta per fare scacco matto, la scacchiera le viene sequestrata e la partita la vince il sistema. Game over? Forse no, il processo deve ancora cominciare e le due donne si sono appena incontrate.

Reset
L’articolo che Vivian sta scrivendo mentre ignora dolori e contrazioni premature non racconta la storia di un fallimento, e nemmeno la storia di una ladra che si è arricchita a discapito di annoiati e privilegiati bilionari, perché Anna Delvey non può fallire, ha troppo talento. La sua unica bugia non riguarda la capacità di gestire ciò che la sua mente ha desiderato e costruito, riguarda piuttosto le garanzie che non le hanno consentito di farcela.

Qual è allora il crimine di cui si macchia la giovane Anna?

In sostanza nessuno, a parte quello di aver scoperto come funziona il meccanismo con il quale si imbastisce la propria credibilità finanziaria e averlo utilizzato a proprio vantaggio. Se ci si concentra sul contesto, la parola chiave attorno a cui gravita tutta la finanza mondiale è «collaterale». Tutti i prestiti sono garantiti da collaterali, le bolle finanziarie si fondano su questa parola. E il collaterale millantato da Anna è finto né più né meno della maggioranza dei collaterali messi a garanzia dei debiti. È la finanza, bellezza. E Anna lo ha intuito.

Molte banche sono saltate a causa di collaterali tossici che hanno garantito crediti per progetti che non sarebbero mai stati in piedi, mentre la fondazione pensata da Anna (una sorta di comunità-residenza per gli artisti emergenti) senza dubbio avrebbe avuto più chance. E quindi perché il collaterale le viene negato? Forse Inventing Anna non racconta la storia di una frode ma piuttosto il modo con cui si fanno i soldi oggi.
E forse i 12 anni di detenzione che le vengono affibbiati sono direttamente proporzionali all’idea di punizione esemplare che la Manhattan delle banche deve dare a un’immigrata russa con un visto in scadenza che si è permessa di fingersi ricca.

Perché a ben vedere Anna Delvey è riuscita da sola e senza l’aiuto di nessuno a diventare un’icona. Non solo è stata capace di desiderarlo, traghettando le ossessioni della sua adolescenza in un’iperbolica e meticolosa ricostruzione di sé stessa, ma nell’ingegno del suo rappresentarsi si è trasformata nell’essenza stessa dell’eleganza.

Il delitto che compie e per cui dovrà pagare è averci sbattuto in faccia la sua camaleontica capacità di essere perfetta in tutto, tanto da rendere popolare chiunque la avvicini – e che poi la denuncerà – e da negoziare e ottenere un prestito di 40 milioni di dollari per affittare uno dei Palazzi più prestigiosi dell’Upper east side come sede della sua visionaria fondazione d’arte contemporanea.


La storia di Anna narra del talento, dell’energia di una visione che si autoalimenta e che è così chiara e potente da trascinarsi dietro e piegare le millenarie leggi dell’universo finanziario a stelle e strisce, un universo che soccombe di fronte a una mente geniale in cui l’unico vero scarto si gioca tra ciò che si è e ciò che si è destinati a essere.

Anna deve dunque essere punita perché ha vinto secondo le regole che per lei non possono valere. E allora chi è Anna? Un’artista contemporanea, delle più talentuose, la cui vita stessa può essere definita un’opera d’arte al pari delle performance di Marina Abramovich. È una prestigiatrice, la nemesi, la beffa del capitalismo newyorkese.

È una donna d’affari che riesce ad avere in pugno l’America che conta, quell’America in cui gli affari migrano di generazione in generazione saldamente stretti tra le mani di una manciata di potenti di quella City che ha immolato il talento di Vivian per salvare la scrivania del ricco omuncolo oggi vicedirettore.

Anna Delvey è anche Anna Sorokin: un personaggio dostoevskiano, che sceglie d’identificarsi in Svidrigajlov, l’anti-eroe di Delitto e castigo, la cattiva Anna pronta persino al suicidio, che ha stipulato un ultimo contratto con l’umanità attraverso la giornalista solo per avere i riflettori su di sé. Deve essere famosa per esistere, deve affrontare il processo per esistere, perché questo è l’unico modo per risistemare i pezzi sulla scacchiera e ricominciare la partita. L’unico modo di tentare un secondo scacco.
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