Decodificare il presente, raccontare il futuro

MONITOR


mar 24 maggio 2016

«SMASH» TENNIS E FINANZA

23 MAGGIO 2016 – È appena uscito per La Nave di Teseo Smash, antologia di quindici racconti dedicati al tennis e redatti da importanti scrittori del panorama letterario italiano (tra gli altri, Sandro Veronesi, Edoardo Nesi, Elena Stancanelli ed Edoardo Albinati). Nella short story «Vecchie glorie», lo sport di McEnroe, Agassi, Lendl e Chang, incontra il mondo dell’alta finanza e delle reti degli scambi globali componendo un intreccio tanto insolito quanto spiazzante. I protagonisti sono due vecchie conoscenze per i lettori del romanzo I diavoli (Rizzoli, 2014) di Guido Brera: Derek Morgan, il grande “Manovratore”, banker spietato e intellettuale finissimo, e Massimo De Ruggero, ex-finanziere passato dall’altra parte del campo e adesso alle prese con un blog di controinformazione.
La finanza come grande inquisitore, organismo invisibile di controllo biopolitico… Quell’1% che alcuni chiamano con scherno “il partito di Wall Street” in realtà è riuscito a «trovare la rotta nella tempesta perfetta, alcuni anni fa». Parola di uno dei più controversi personaggi usciti dalla penna di Guido Brera: Derek Morgan, “il Generale” delle borse intercontinentali. Morgan direbbe che «i Diavoli della finanza hanno evitato la barbarie». Massimo, il suo alter ego, l’altra faccia della medaglia, cosa risponderebbe?
Il personaggio di Derek Morgan rimanda all’archetipo narrativo dell’enigmatico titolare di un piano di controllo. E allude anche alla figura del Grande Inquisitore presente nell’omonimo capitolo de I fratelli Karamazov di Dostoevskij, colui che sostiene il principio di autorità e la sottomissione del popolo ritenendoli gli unici strumenti da impiegare per il conseguimento della felicità collettiva. L’Inquisitore è devoto al Diavolo e incarcera Cristo ritornato sulla Terra per annunciare un messaggio di libertà. Ecco, la dialettica tra autorità, controllo, manipolazione, condizionamento, ed esercizio della libertà rappresenta il tema principale che ho affrontato ne I diavoli in rapporto alla finanza. Derek non agisce in nome del profitto o per la brama di potere. In qualche modo è una figura tragica, perché sceglie di colmare un vuoto, di rispondere all’assenza della politica, supplendo alla “sede vacante” in una congiuntura cruciale. Lo fa in nome della difesa dell’ordine dell’Occidente, che se per alcuni è un grande, iniquo disordine, per lui è il solo equilibrio possibile al fine di scongiurare il crollo definitivo. Il suo piano prevede il controllo dei popoli, considerati al pari d’un gregge inconsapevole, e per Derek potrebbero valere le parole di Ivan Karamazov «Se Dio e l’immortalità dell’anima non esistono, tutto è possibile», sintesi di una volontà che si eleva al di là d’ogni limite, anche delle leggi della natura. Il dispositivo di condizionamento planetario informa la realtà e finisce per sostituirsi ad essa come nella distopia di Matrix. Al centro di questo apparato invisibile c’è la finanza che – attraverso le politiche monetarie, i debiti pubblici, i titoli di Stato e il sistema del credito –disciplina milioni di donne e uomini. Da invisibile generatore di denaro per mezzo del denaro, la finanza è diventata il più raffinato tra gli strumenti di controllo biopolitico. In questo passaggio la sola costante è l’invisibilità come condizione di imperscrutabile separatezza. Ma a Derek si oppone Massimo, che reclama la libertà dei popoli di poter determinare il proprio futuro. Mi piace condensare questa rivendicazione citando il celebre passaggio dall’Amleto che recita «The interim is mine» e restituisce magistralmente la consapevolezza della brevità del tempo umano invitando a disporne appieno. Così, se il Derek vuole congelare il tempo in un presente eterno inteso come il minore dei mali possibili, l’altro vuole accelerare i processi, portarli alle estreme conseguenze per poter ricominciare da lì. Dove uno vede il rischio della rovina, l’altro scorge – oltre le macerie – la possibilità di una stagione nuova. Nel mondo di Derek Morgan non esiste entropia né freccia del tempo, tutto è immobile e imperituro nella difesa dello status quo. Nella visione di Massimo, al contrario, è nel tempo che agiscono coloro che possono cambiare le cose, e il tempo contiene le promesse di mutamento.
A distanza di qualche anno dalla pubblicazione del suo romanzo, I diavoli, pensi che il libro abbia esaurito la sua forza o c’è ancora vita per i Diavoli oltre I diavoli?
Il libro non si concludeva nell’orizzonte storico a cui rimandavano certi fatti narrati (ad esempio, il grande attacco all’euro), bensì finiva con uno sfondamento in avanti, tuffandosi in un futuro prossimo, allorché l’incendio divampato in Europa, a partire dalla guerra ai debiti sovrani della periferia continentale, arrivava a mettere a rischio gli assetti e la tenuta stessa dell’Unione. Oggi questo scenario è più attuale di due anni fa. E forse non ha nemmeno più senso chiamarlo “scenario” o proiezione, trattandosi del contesto stesso in cui ci muoviamo. In questo senso, l’aspetto predittivo de I diavoli è di stringente attualità: basta considerare le molteplici spinte che, dalla Londra del Brexit al confine turco, dal Brennero all’affermazione delle forze sovraniste, dalla fibrillazione del sistema bancario in Italia agli effetti lunghi della Crisi, stanno terremotando gli equilibri europei. Al di là di queste considerazioni nel merito, c’è poi un aspetto che riguarda le narrazioni e che non considero formale, essendo la forma sempre e comunque sostanza. Oggi è cruciale che le storie si sviluppino su più piani e che i romanzi continuino oltre l’ultima pagina. Per questo si è pensato di far vivere alcuni personaggi de I diavoli al di là del romanzo in un’espansione dell’universo narrativo su più livelli espressivi cominciando dal web. Ecco perché sul sito www.idiavoli.com, sulla frontiera sfuggente che separa la fiction dalla realtà, all’incrocio tra letteratura e giornalismo, è possibile ritrovare alcune figure del libro mentre interpretano i grandi eventi di questo tempo o addirittura concorrono a determinarli.
E in questo quadro di espansione dell’universo narrativo si può collocare anche il racconto pubblicato nell’antologiaSmash, dove il gioco del tennis diventa la metafora della streetfinanziaria. Qual è il rapporto tra la pallina gialla e l’algoritmo di Sarao, il 37enne trader britannico, in parte responsabile del «flash crash» del 6 maggio 2010?
Abbiamo cominciato a raccontare la storia di Navinder Sarao sul sito e presto diventerà una fiction a puntate, una specie di feuilletonsul web che affronterà il tema del rapporto tra “macchine” e finanza. Sarao è un personaggio leggendario, quasi epico. Non c’è altro modo per definire lo street trader che dal garage di un sobborgo di Londra ha causato il “flash crash” del 6 maggio 2010, oscurando gli schermi dei floor e fermando – o contribuendo a fermare – i mercati mondiali per cinque interminabili secondi prossimi all’eternità. Ma ciò che più mi interessa dell’algoritmo impiegato dal trader inglese è, ancora una volta, l’aspetto legato alla manipolazione e l’effetto – simile a un’onda d’urto – che produsse sui mercati. Considero le stringhe di codice elaborate da Sarao come il tassello di un puzzle più ampio, di là da venire, che potremmo chiamare “algoritmo della paura”, uno strumento che sfrutta le tecnologie informatiche non solo per rilevare il panico sui mercati ma addirittura per crearlo. È un’immagine impiegata nel racconto di Smash, e potrebbe essere la pietra filosofale dell’Arcidiavolo Derek Morgan, il più raffinato strumento di condizionamento dell’ultimo grande inquisitore.
Uno dei tuoi personaggi, Massimo, utilizza il web per destrutturare i frame comunicativi del suo avversario e ostacolarne così il progetto di controllo. Derek, infatti, è intenzionato a impiegare la paura, generata sui mercati e attraverso i mercati, come architrave della propria egemonia. Questo aspetto del racconto si ispira al sito nato intorno al tuo romanzo?
In parte, sì. Ma il sito non è una semplice appendice web del romanzo. Idiavoli.com ha funzionato come catalizzatore di una realtà collettiva capace d’incrociare competenze di diversa natura: dalla finanza allo storytelling, dalla letteratura all’economia, dalla teoria politica alla filosofia. Questo soggetto plurale costruisce discorso pubblico a partire dal sito, incrociando la capacità d’informare all’abilità di narrare, mischiando materiali documentari e “giochi” di finzione. “Informare raccontando” è una buona sintesi di quest’approccio. Inoltre, mi piace immaginare il sito come un primo elemento di una macchina “crossmediale” a tutto tondo, in grado di coinvolgere col tempo altri media e nuovi ambiti: dalla televisione all’editoria, dal teatro al disegno animato.
Quali sono gli obiettivi di questa rete di intelligenze e saperi che si è formata intorno a idiavoli.com?
Mostrare ciò che non si vede, illuminare ambiti e dispositivi che agiscono in una condizione di separatezza e d’invisibilità, ma che producono conseguenze concretissime sulla vita di milioni di donne e uomini. Un po’ come quando si mette una banconota in controluce e appare la filigrana. Ecco, l’idea è svolgere la stessa funzione rispetto alla realtà così da svelare le forme di controllo, condizionamento e manipolazione che sono la trama segreta di questo tempo. In altre parole, su idiavoli.com si vuole rendere comprensibili saperi sofisticati e condividerli, aumentare il valore sociale dell’informazione, diminuire la distanza tra “potere” e “cittadino”.
Torniamo a Smash. La formula di Black e Scholes fu scoperta proprio dopo una partita di tennis. Per i non addetti si tratta di una formula matematica, ampiamente applicata ai mercati finanziari, che in estrema sintesi rappresenta il primo modello di calcolo dei rischi. Misurare le variabili, e prevederle, è la grande passione di Massimo, anche la tua? 
Quella formula è anche legata alla storia d’irresistibili ascese e rovinose cadute, di fortune stratosferiche e perdite devastanti. L’economista Myron Scholes, premio Nobel insieme con Robert Merton, lega il suo nome alla vicenda di Long Term Capital Management, il fondo nato a metà degli euforici anni Novanta, basato su modelli e formule matematici, capace di operare con leve finanziere incredibili, e destinato a registrare rendimenti impressionanti prima del tragico collasso avvenuto nel 1998. Continuo a pensare che LTCM non sbagliò i modelli e nemmeno la lettura della tendenza, bensì peccò per eccesso di fiducia, andando esageratamente a leva, senza cogliere la tempistica giusta. Comunque, tornando alla formula legata alla determinazione del prezzo di certi strumenti derivati (opzioni) su titoli azionari, si dice che fu elaborata, partendo dalla termodinamica, dai due compagni di doppio e che fu scritta dopo una partita di tennis. Ancora oggi, si paragona il problema della produzione di opzioni legate a un titolo azionario al calcolo integrale per stabilire la traiettoria di una pallina da tennis. Solo che i prezzi delle azioni non solo lineari, e quindi serviva un particolare tipo di calcolo integrale. Insomma, si deve proprio al tennis l’elaborazione di una delle formule ancora oggi usate più usate in finanza. Prevedere è una sfida complessa, a tratti terribile. Il confronto con le variabili è una vera e propria guerra, e può diventare un’ossessione. Anche un’ossessione di controllo, come nel caso di Derek Morgan. Nel racconto per Smashuso proprio la formula The interim is mine per indicare quel momento in cui la pallina è ancora libera di andare, prima di cedere alla traiettoria e alla sua calcolabilità. È una metafora del libero arbitrio, e della ribellione al Grande Inquisitore che tutto controlla perché tutto è in grado di prevedere. La frase The Interim is minecompare anche in un racconto di Carlo Bucci ed è legata a un ricordo molto personale, perché l’ho avuto in regalo da mio padre. Peraltro, è strano come nei racconti di Smash, ci sia un ricorrere della figura paterna, una corrispondenza naturale tra autori molto diversi tra loro. Comunque, considero quelle parole un grande insegnamento. Sono un’esortazione a vivere momenti davvero nostri, sfuggendo ai condizionamenti e al già scritto. Ed è allora che si gioca sul serio la partita, in quegli attimi in cui è possibile scegliere, esercitare pienamente il libero arbitrio, quando le possibilità sono ancora tutte lì, e la pallina è libera di andare e tu con lei. Ricordo ancora quando mio padre mi regalò quel racconto, con alcuni passaggi sottolineati da lui per rinforzare i concetti. È tra le cose più care che conservo.
Guarda anche BRERA E LO SMASH: STORIA DI UN NOBEL RACCOLTO SU UN CAMPO DA TENNIS La Stampa videointervista Guido Maria Brera al Salone Internazionale del Libro di Torino

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