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MONITOR


mer 31 maggio 2017

NELLE G-SECCHE DI TAORMINA, DOVE SI ARENA LA POLITICA

Una liturgia stanca quella del G7, arenato nelle secche di una politica che trasferisce il passato remoto in una cornice apparentemente nuova. Ma niente cambia e questa Europa a trazione germanica non è mai stata in discussione. Herr Schaeuble continuerà a gestire le finanze Ue con le stesse modalità: austerità sugli investimenti pubblici e rat race sulle esportazioni. Taormina, il trionfo dell'apatia politica: nessun accordo sull'ambiente, dove un accordo sarebbe stato fondamentale; solo qualche finto ammiccamento sul commercio globale, perché ogni governante è rimasto inchiodato ai diktat domestici. Dove saremo l'anno prossimo? Rinchiusi in un castello a chiacchierare in pace per l'ennesimo vertice del nulla.

Il G7-G8-G20 è il cinepanettone del governo mondiale. Viene sceneggiato e interpretato come il congresso di un generico partito centrista d’Occidente.
Il G7 di Taormina, arenato nelle secche della politica di leader dagli orizzonti corti.
Una stanca liturgia, un contenitore totalmente vuoto che solo qualche emittente televisiva statale e qualche quotidiano mainstream  riesce a spacciare come un “passaggio fondamentale”. Taormina, il G7, i titoloni. Show e sorrisi, esibizione e potere. È un passaggio così trascurabile che non attrae più neanche i contestatori, i quali per troppe volte negli anni Novanta, fino al tragico luglio 2001, hanno vissuto l’assalto a questa kermesse come una sorta di presa della Bastiglia.
Neanche i menestrelli Bono Vox e Bob Geldof vogliono più salire sul palco di questa noiosa messa in scena.
Il G7 di Taormina, arenato nelle secche della politica affannata e inconcludente.
Il grande spettacolo ci consegna sette “leader”così assorbiti dalle beghe interne e dalle prossime scadenze elettorali, talmente assenti e a disagio, da non suscitare neanche rabbia.
Taormina, il G7, accelerazioni mancate, conquiste negate.
Per capire cosa rimane della due giorni sullo Ionio basterebbe guardare ai risultati concreti. Determinazioni economiche vaghe, moltiplicazioni di dichiarazioni fumose.
È stato il trionfo dell’apatia politica: nessun accordo sull’ambiente, dove un accordo sarebbe stato fondamentale; qualche finto ammiccamento sul commercio globale, perché ogni governante è rimasto inchiodato ai diktat domestici. A riscuotere applausi e consensi è stata la lotta al terrorismo. Gli incubi che sembravano lontani adesso si fanno prossimi nei fatti, ma soprattutto nelle narrazioni.
Il G7 di Taormina, arenato nelle secche della politica che trasferisce il passato remoto in una cornice apparentemente nuova.
Così la lotta al terrorismo viene declinata nel più vendibile (e prevedibile) format: lotta all’immigrazione clandestina. Fa niente se gli Una Bombers dell’Isis sono prodotti a Km zero, nati e cresciuti al di qua della “civiltà occidentale”.
Taormina, il G7, passerelle e sorrisi, dove la politica è public relation.
Trump è già tornato in un America che non lo riesce a digerire e dove aleggia l’ombra dell’impeachment – una palla di neve che rotolando diventa sempre più grossa.
Litania e inganno, ma Trump non è così debole come appare. In realtà, i pezzi grossi del deep state americano stanno dalla sua parte. Condividono nell’ombra le posizioni pubbliche dell’avventuriero che odia le regole. La road map è la seguente: ridurre lo strapotere commerciale tedesco; fare accordi bilaterali e non multilaterali; mani libere dai protocolli sul clima e – sopratutto – sovranità totale sulla gestione di rifugiati e migranti.
Il G7 di Taormina, arenato nelle secche della politica che si accomoda sulle macerie di un mondo frammentato.
È questo il contesto dove alcuni Paesi comunitari si indignano. Ma è un un abbaglio. Questa Europa a trazione germanica non è mai stata in discussione. La vittoria di Emmanuel Macron all’Eliseo l’ha solo rafforzata.
Potete dormire sonni tranquilli: herr Schaeuble continuerà a gestire le finanze europee con le stesse modalità: austerità per gli investimenti pubblici; rat race sulle esportazioni e – come unica contropartita – minimi passi di integrazione bancaria di concerto con la Bce a riequalizzare gli squilibri più evidenti.
La britannica Theresa May, invece, è un capitolo a parte. Anzi non ha voce in capitolo, così invischiata nella Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’euro degenerata in una assurda conta domestica nella quale i poveri cittadini britannici sono chiamati a votare per l’ennesima volta su una questione talmente confusa da certificare ancora una volta di più l’inconsistenza del ceto politico d’Oltremanica.
Taormina, il G7, strette di mano e flemmatici discorsi d’ordinanza.
E poi c’è il Canada, che appare lontano dalla deflagrazione delle contraddizioni d’Europa, con il suo premier, Justin Trudeau, dal physique du rôle che evoca un mix tra Obama e Kennedy. Resta il Giappone, che non conta più nulla dagli anni Ottanta.
Ciao Taormina, ci vediamo a La Malbaie in Québec. L’appuntamento è già fissato per l’anno prossimo.
Il G7 arenato nelle secche di una politica gattopardesca. Cambiare tutto per non cambiare niente. Cambiare le facce, cambiare i leader, per cristallizzare tutto.
Saremo gli stessi, o forse qualche maschera cambierà. Saremo rinchiusi in un castello a chiacchierare in pace per l’ennesimo vertice del nulla.

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