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MONITOR


gio 4 maggio 2017

FRANCIA, L’ESERCITO DI MARINE LE PEN AL VOTO

I flussi elettorali, come si è spaccato il Paese, chi sono gli elettori del Front National, qual è la distribuzione dei voti per reddito e istruzione.

«Miei cari compatrioti, vi propongo di scegliere la Francia». È «Choisir la France», «Scegliere la Francia», il nuovo motto  di Marine Le Pen.
Suona come un «America first» in versione tricolore. Rottamato il suo «Rimettere la Francia in ordine» il 26 aprile, appena tre giorni dopo i risultati del primo turno delle presidenziali, la leader del Front National aspetta ora il 7 maggio, il fatidico momento della verità, quello del ballottaggio che la vedrà sfidare l’outsidereuropeista Emmanuel Macron e il suo movimento En Marche.
Punta ad allargare l’esercito degli elettori del Front National, che finora – colpa della crisi strutturale ed economica della République – ha visto ingrossare le proprie file di: giovani, lavoratori in difficoltà economica e con un livello di istruzione medio-basso.
Gioca sulla retorica della “paladina del popolo” control’uomo che lei stessa ha accusato — durante il duello tv pre-elettorale del 3 maggio — di avere la «freddezza del banchiere d’affari», di essere «il candidato della mondializzazione selvaggia», con un «sorriso da passaporto» e argomenti «vergognosi», ovvero «colui che vuole distruggere il diritto del lavoro, vuole la precarizzazione generalizzata».
Nell’ultimo dibattito — «brutale» secondo Le Monde — Marine si definisce «la candidata del potere d’acquisto» contro «il candidato del potere di acquistare la Francia». Macron, dal canto suo, la accusa di mentire ripetutamente e di non avere un programma economico: «È indegna, la Francia non merita questo».
Slogan più diretto, immagine meno aggressiva, anche se resta battagliera nell’indole (quasi rissosa durante il faccia a faccia tv con l’avversario): d’ultradestra nell’animo e nel programma, di padre antisemita e di rimostranze anti-europeiste e anti-immigrazione, Marine (come la chiamano ormai tutti) punta ad attrarre i voti anche dei repubblicani. Si rivolge al popolo di Francia, ai suoi «compatrioti», con un sorriso appena accennato, seduta su una scrivania, in giacca blu.

La Francia spaccata al primo turno

Una linea immaginaria sembra ridisegnare la mappa politica della Francia, stando a guardare i risultati della prima tornata elettorale della République. Macron ha conquistato il 24,01 % delle preferenze, Le Pen il 21, 3% (tutti i dati del Ministero dell’Interno qui, ndr).
A separarli è un milione di voti: il candidato di En Marche ha ottenuto più di 8 milioni e 656 mila voti, contro i 7 milioni 678 mila di Marine. Per la prima volta nella storia repubblicana, sono rimasti fuori dai giochi i due grandi partiti di Francia: Les Républicains hanno portato a casa un modesto 20, 01% con François Fillon, mentre il Parti Socialiste, con Benoît Hamon, ha pagato anni di politiche orientate al centro e la scelta di un candidato poco convincente, non arrivando neanche al 10%.
«Sono io la vera alternativa», scandisce da mesi Marine Le Pen. Si pone come elemento di rottura. Anti-establishment, sovranista, punta alla rinazionalizzazione delle masse e a combattere quello che vende come il nemico numero uno: l’euro e l’Europa («l’euro è morto», ha ribadito a Le Parisien qualche giorno fa). La ricetta è populista: retorica incendiaria, linguaggio semplice, messaggi ridotti all’osso e focus sulla nazione. Il discorso politico del Front evoca chiusura: sigillare i confini contro l’immigrazione, difendersi dai terroristi, proteggere l’economia (tutto il programma qui, ndr).
Tracciando una direttrice che spacca la Francia tra l’est e l’ovest, sulla rotta che va da Le Mans fino a Montpellier, c’è una Francia orientale che segue Le Pen e ce n’è un’altra che sposa Macron. Lo raccontano i colori di questa mappa di Youtrend (arancione per Macron, grigio scuro per Le Pen, blu per Fillon, rosso per Mèlenchon).
Parigi, come Lione e le grandi città, fa storia a sé: Le Pen ha portato a casa solo il 4.99%.
Questa lettura dei dati segnala una trasformazione profonda della Francia, con i due grandi partiti storici che hanno perso la fiducia dell’elettorato e con due candidati al ballottaggio (non troppo) fuori dal sistema che si ergono a trascinatori del cambiamento.
1) à la Macron: c’è colui che viene dipinto come un outsider, perché non ha mai affrontato una campagna elettorale ma è già stato ministro dell’Economia (secondo governo Valls, 2014-2016), e rappresenta il centrismo europeista e liberal. Macron (39 anni, il più giovane candidato all’Eliseo) è trasversale: raccoglie consensi dall’ex presidente socialista Hollande in patria alla cancelliera Angela Merkel oltre il Reno.
2) à la Le Pen: c’è l’ultradestra dei duri e puri, oltranzista e reazionaria, ma non solo: c’è anche la frustrazione delle classi che negli ultimi decenni si sono impoverite e hanno trovato da un lato sfogo nel voto anti-sistema, contro l’Europa e gli immigrati, e dall’altro conforto nell’economia populista “acchiappa-tutto”, come l’ha definita Le Monde.

Come sono cambiati i flussi elettorali: i bastioni di Marine e i due Fronti

Al di là di una narrazione che vuole consegnare in blocco al Front National il voto operaio e dei disoccupati, le roccaforti di Marine Le Pen sono di certo nelle regioni del nord post-industriale, ma anche nelle zone più benestanti, come Provence-Alpes-Côte d’Azur, dove «Choisir la France» viene tradotto con politiche securitarie anti-immigrazione e protezione per commercianti e pensionati.
Si conferma, comunque, un trend – già verificatosi alle presidenziali del 2012 e alle Regionali del 2015, come analizzato qui– che associa le aree dove il tasso di disoccupazione è più alto, e quindi i redditi più bassi, a un voto massiccio per il Front National. Nelle seguenti regioni del nord-est, per esempio, Le Pen al primo turno ha sfondato quota 30% (dati del Ministero dell’Interno, ndr): Ardennes (32,41%), Pas-de-Calais (34,35%), Aisne (35,67%), Oise (30,88%).
Il Fronte del Nord, ovvero quello che ha segnato l’ascesa di Marine – come ha scritto Marco Revelli in Populismo 2.0 (Einaudi 2017), citando Jérôme Fourquet e il suo Front du Nord, Front du Sudè:
«Non solo geograficamente, ma anche socialmente connotato, espressione di una regione a maggior presenza operaia e tradizione travailliste, di più tardivo radicamento e a maggior vocazione protezionista e “anticapitalista”, (un Front in qualche misura più “sociale”)».
Il Fronte del Sud, invece, è quello che raccoglie le storiche istanze tradizionaliste e reazionarie della destra nella Francia profonda – «a vocazione padronale» nelle parole di Revelli –, fatto in maggioranza di pensionati, commercianti, lavoratori autonomi.

Istruzione, lavoro, reddito: la distribuzione del voto. Chi sono gli elettori del FN

Secondo le analisi del voto al primo turno (elaborazioni Youtrend-Agi qui, ndr), Marine Le Pen ha raccolto maggiori consensi tra operai e impiegati (rispettivamente il 37% e il 32%). Il Front va forte tra chi guadagna meno di 1250 al mese (32%), contro Macron che ottiene maggiori consensi tra i ceti più abbienti:
Il rapporto tra i voti per la candidata dell’estrema destra e il tasso di disoccupazione è direttamente proporzionale in diverse regioni:
Anche il livello di istruzione è un fattore interessante da osservare:
Attenzione, però, a trarre conclusioni semplicistiche. Secondo uno studio, citato dal manifesto e condotto dal ricercatore Antonio Martino rispetto alle precedenti tornate elettorali in Francia (presidenziali 2012, Europee 2014, Regionali 2015), infatti:
«La preponderante maggioranza di consensi tra la popolazione con un grado di formazione non elevato non giustifica alcun generico e semplicistico rinvio all’ignoranza, bensì dimostra nei fatti come il FN risulti ormai l’ultimo attore credibile nell’agone politico per larghe fasce di individui sfiduciati e marginali, letteralmente abbandonati al degrado e alla miseria. Di converso, la presa che i tradizionali partiti sistemici conservano sugli elettori dotati di istruzione universitaria completa il quadro di una nuova dicotomia di classe che è insieme scontro anagrafico, economico e sociale, nella cornice della storica e inevitabile differenziazione tra centro e periferia, ville e campagna».

Il piano del Front National in tre tappe

Riconfermata la fiducia nei suoi bastioni, già conquistati due anni fa, la strategia di Le Pen in vista del ballottaggio del 7 maggio è triplice:
In primis, scardinare definitivamente quel «vecchio fronte repubblicano, completamente marcio, che nessuno vuole più, che i francesi hanno scalzato con rara violenza, e che ora cerca di coalizzarsi con Macron».
Secondo, conquistare i voti di Fillon, attraverso un ritratto in cui Macron è dipinto come – le parole sono del dirigente FNFlorian Philippot – «una creatura di Hollande».
Terzo, portare al Front gli elettori di Jean-Luc Mélenchon, euroscettico leader della France Insoumise, esponente della gauchestorica e operaista, sconfitto al primo turno con il 19%. «Appello agli Insoumis: facciamo sbarramento a Macron #DangerMacron», ha twittato Marine.
«Mai con Le Pen», ha risposto Mélenchon, «tutti lo sanno, in nessun caso voterei per il Front National». Si è risparmiato, però, di dare indicazioni di voto ai suoi elettori, come si sarebbero invece aspettati molti astensionisti della gauche alternativa che su twitter hanno unito il loro sfogo sotto l’hashtag “SansMoiLe7mai”, “senza di me il 7 maggio”.
Nelle piazze di Francia piene di studenti a fine aprile, invece, risuonava uno slogan: «Né Marine, né Macron, né patria, né padroni».
Presto sapremo se la Dédiabolisation di Marine, ovvero l’operazione che punta al ri-maquillage politico per rendere il Front National presentabile anche a chi non l’avrebbe mai votato, ha funzionato o meno.
La Francia vista da i Diavoli
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