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MONITOR


mar 14 novembre 2017

L’EUROPA HA UN PROBLEMA CHE NON PUÒ IGNORARE

L’ascesa dell’ultradestra populista e del discorso sovranista, xenofobo ed euroscettico è il refrain che le cronache scandiscono ogni giorno. L'ultimo segnale è arrivato dalla marcia nazionalista in Polonia. Ma, al di là della spettacolarizzazione mediatica dei neofascismi che a tratti rischia di “normalizzarli”, manca una riflessione strutturata e democratica sulla questione. La risposta a questo attacco non può essere composta solo di chiusura, securizzazione e austerity.

“L’estrema destra d’Europa può essere fermata?”, si chiedeva The Nation qualche giorno fa. “L’analisi mainstream del fenomeno presenta dei difetti e le sue risposte non fanno altro che esasperare il problema”, continuava il ragionamento dell’autore dell’articolo, Paul Hockenos.
L’Europa ha un problema e non può né ignorarlo né sminuirlo. L’ascesa dell’ultradestra populista e del discorso sovranista, xenofobo ed euroscettico è il refrain che le cronache scandiscono ogni giorno. Ma, al di là della spettacolarizzazione mediatica dei neofascismi che a tratti rischia di “normalizzarli”, manca una riflessione strutturata sulla questione.
L’ultimo esempio arriva da Varsavia, in Polonia. Più di 60 mila persone hanno marciato per le strade della città nel giorno dell’indipendenza, inneggiando alla supremazia bianca. A guidare i patrioti che hanno di fatto messo in ombra le celebrazioni ufficiali per l’anniversario della fine della Prima Guerra Mondiale, c’era il National Radical Camp, un’organizzazione già nota per le sue manifestazioni contro “l’immigrazione musulmana, i diritti dei gay, l’Ue e qualsiasi cosa che indebolisca i valori cattolici della Polonia”.

La tv di Stato, TVP, secondo quando riportato da The Telegraph, ha definito l’evento “una grande marcia di patrioti”, di “amanti della patria” e non di estremisti. Commentando le immagini di quelle migliaia di persone che sfilavano in piazza urlando “Vogliamo Dio”, il ministro dell’Interno Mariusz Blaszczak ha dichiarato: “Una bella visione. Siamo orgogliosi che tanti polacchi abbiano partecipato alle celebrazioni”.

Una selva di bandiere bianche e rosse ha colorato le strade, interrotta da stoffe verdi con una “falanga” bianca disegnata (un simbolo di estrema destra degli anni Trenta). Accanto ai manifestanti polacchi c’erano anche l’italiano Roberto Fiore di Forza Nuova e Tommy Robison, ex leader della England Defence League.
I neosovranismi minacciano l’Europa e diktat come “ripristinare l’ordine”, “controllo, identificazione e rimpatrio”, “stop all’immigrazione”, “l’Islam non c’entra nulla con noi” non sono confinati alla Polonia. Arrivano dall’Ungheria, dall’Austria, dall’Olanda, dalla Francia, dalla Germania.
A Budapest, Viktor Orbán, leader della destra populista di Fidesz, è al secondo mandato da premier. A Vienna ha vinto il giovanissimo leader dei popolari Sebastian Kurz che ha “rubato” la retorica contro l’immigrazione al Partito della Libertà d’Austria, Fpö, guidato da Heinz-Christian Strache, l’ultranazionalista dal cuore nero che vuole “l’Austria prima di tutto” e inneggia a “un’Europa delle patrie”.

All’Aja resiste ancora Geert Wilders e il suo programma che propone una tassa sul velo e la messa al bando delle moschee, perché – argomenta l’interessato – “lo scontro di civiltà è un tema urgente (…) la motivazione di queste persone è l’odio: stanno contro di noi in ogni senso (…) Chi sono queste persone? L’islam radicale: la maggioranza dei musulmani non è così, ma c’è una crescente minoranza che è vicina al terrorismo”.

A Parigi, Marine Le Pen non è riuscita a portare le istanze del suo Front National all’Eliseo, ma ha comunque ottenuto il 21,53 per cento dei voti, un risultato che deve fare riflettere. Perché l’idea della Frexit non è mai stata abbandonata: “Se sarò eletta organizzeremo un referendum per uscire dall’Ue”, aveva detto in campagna elettorale. A Berlino, l’AfD, l’Alternativa per la Germania di Alice Weidel e Alexander Gauland, è nel Bundestag con 94 seggi dopo le elezioni del 24 settembre. Si batte contro il mito della Germania uguale “porto sicuro per i criminali stranieri”(le parole sono di Weidel) e punta alla Dexit, ovvero all’uscita della Germania dall’euro.
L’Europa ha un problema ed è strutturale. Riguarda i suoi valori fondanti, è strettamente connesso alla sua identità e alla retorica del territorio invaso e delle patrie violate dall’immigrazione. Il rischio è che la risposta a questo attacco che viene dai nazionalismi si componga solo di chiusura e securizzazione.
L’anno scorso, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, chiedeva unione, ma anche sorveglianza e difesa: “Dobbiamo sapere chi attraversa i nostri confini. Per questo li difenderemo con la nuova guardia costiera e di frontiera europea, che al momento, a soli nove mesi dalla proposta della Commissione, è in fase di formalizzazione da parte del Parlamento e del Consiglio. Frontex dispone già di 600 agenti sul terreno in Grecia, al confine con la Turchia, e di oltre 100 in Bulgaria (…) Adesso è necessaria una stretta collaborazione fra le istituzioni europee e gli Stati membri per istituire rapidamente la nuova agenzia. Voglio che a partire da ottobre ai confini esterni della Bulgaria siano stanziati 200 guardie di frontiera e 50 veicoli extra”. Parlava di “forza” e “coraggio” contro le minacce. “Le nazioni europee devono difendere le ragioni dell’unità. Nessuno può farlo per loro. Solo loro possono farlo. Possiamo essere uniti anche se siamo diversi. Le grandi nazioni democratiche dell’Europa non devono piegarsi ai venti del populismo. L’Europa non deve chinare la testa di fronte al terrorismo”.

Quest’anno ha usato parole simili, riferendosi a “un’Europa che protegge, un’Europa che dà forza, un’Europa che difende”, ma non ha pronunciato la parola populismo né ha fatto esplicito riferimento ai movimenti neofascisti che attraversano il Vecchio Continente.
Ma per “costruire un’Europa democratica” è fondamentale affrontare concretamente e con una contro-narrazione sistematica un problema che mina la democrazia alle fondamenta: l’intolleranza xenofoba, le spinte euroscettiche, ma anche la scivolosa retorica anti-immigrazione che si sta “normalizzando” all’interno del discorso politico (e non solo all’estrema destra).

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