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MONITOR


ven 25 marzo 2016

CLASSE MEDIA ADDIO

Anche il Fondo monetario lancia l’allarme: il fenomeno colpisce soprattutto i Paesi più sviluppati. In Italia 4 milioni di poveri assoluti

25 MARZO 2016 – L’ultimo in ordine di tempo a lanciare l’allarme è stato Carlo Cottarelli, direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale ed ex responsabile della spending review, sia durante il governo Letta che Renzi. «La classe media sta scomparendo» ha affermato durante un convegno tenutosi a inizio febbraio all’ambasciata italiana a Washington in presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in visita negli Stati Uniti. Le implicazioni economiche di questa débâcle sono notevoli, quelle sociali e politiche potenzialmente dirompenti soprattutto nelle economie avanzate in cui la classe media ha sempre avuto il ruolo di spina dorsale dei consumi e della crescita nonché della stabilità e della pace sociale. E sono proprio i Paesi più sviluppati ad aver maggiormente subito la crisi del 2007 che ha lasciato cicatrici profonde sul debito pubblico globale (dal 72% del PIL nel 2007 al 105% nel 2015 e una crescita inferiore per gli emergenti dal 38% al 45%) e sulla ricchezza complessiva della classe media mondiale. Il Credit Suisse Research Institute nella sesta edizione del suo Global Wealth Report ha quantificato che la ricchezza globale della classe media (definita con un nuovo approccio basato sulla ricchezza – rispetto a quello tradizionale basato sul reddito – che permette di effettuare aggiustamenti  per riflettere l’andamento dell’inflazione) è raddoppiata dal 2000, raggiungendo gli 80,7 trilioni di dollari: nelle mani di 664  milioni di adulti in totale che appartengono alla middle class si trova dunque il 32% della ricchezza di tutto il mondo. Ma questa spirale virtuosa si è bloccata nel 2007 e la quantità di ricchezza della classe media si è ridotta in ogni regione. «Dal 2008 in avanti – si legge nel report – la crescita della ricchezza non ha permesso alla classe media di tenere il passo con la crescita della popolazione nel mondo sviluppato. Inoltre, la distribuzione dei guadagni si è spostata verso coloro che si trovano ai più alti livelli di ricchezza. Questi due fattori insieme hanno prodotto la diminuzione della percentuale di ricchezza della classe media».
La classe media più numerosa risiede oggi in Cina, che scalza gli Stati Uniti dove era nato il mito della “middle class”: 109 milioni di individui contro i 92 milioni degli Usa. In Europa, spiccano l’Italia, la Francia, la Germania, la Spagna e il Regno Unito con una classe media tra i 20 e i 30 milioni di persone. L’Italia in particolare, con 29 milioni di individui, ha una delle classi medie più numerose: essa rappresenta, infatti, il 55% della popolazione nazionale e detiene il 47,3% della ricchezza del Paese (4,7 miliardi di dollari). Il report riferisce anche che le diseguaglianze riguardo la ricchezza sono progressivamente aumentate dal 2008, con gli individui più ricchi – circa l’1% della popolazione – che sono arrivati a possedere 50,4% di tutta la ricchezza delle famiglie. Percentuali confermate anche da altri istituti di ricerca. Oxfam International, ad esempio, ha messo nero su bianco che accanto ad un numero sempre più piccolo di ultra – ricchi cresce la popolazione deprivata di tutto. La dinamica a cui si è assistito negli ultimi 5 anni mostra, secondo Oxfam, che il patrimonio della metà meno abbiente della popolazione mondiale – circa 3,6 miliardi di persone – è sceso del 41% (pari a mille miliardi di dollari). Allo stesso tempo, la ricchezza dei 62 super miliardari che capeggiano la classifica dei Paperoni del mondo stilata ogni anno da Forbes (sulla cui edizione del 2015 è stato condotto lo studio Oxfam) ha accumulato oltre 500 miliardi di dollari, fino a 1760 miliardi complessivi. Questo divario di ricchezza sempre più ampio riguarda anche l’Italia dove l’1% dei cittadini controlla quasi un quarto (il 23,4%) della ricchezza nazionale netta. Mentre fra il 2000 e il 2015 metà dell’incremento del benessere è finito in tasca ad appena un 10% di fortunati. Secondo le più recenti analisi Istat e Bankitalia, però, il reddito medio delle famiglie ha fermato la sua discesa dopo due anni. Nel 2014 il reddito medio è stato di 30.500 euro, circa 2.500 al mese anche se la cosiddetta mediana del reddito familiare (cioè la cifra che si trova esattamente a metà tra il reddito più alto e quello più basso) è inferiore alla media: si attesta a 25.700 euro, circa 2.100 al mese.
Sempre nello stesso anno il 22,3 per cento degli italiani, secondo lo studio di Bankitalia, era a basso reddito (sotto la soglia di 9.600 euro). Nel 2006 e 2012 il dato era rispettivamente del 19,6% e del 20,6 per cento. Al contrario il 5% delle famiglie italiane più ricche, con un patrimonio di 1,3 milioni a nucleo, deteneva nel 2014 oltre il 30% della ricchezza complessiva. Nella tradizionale indagine sulle famiglie di Banca d’ Italia emerge che per la grande maggioranza delle famiglie il patrimonio è costituito in prevalenza dalla casa di abitazione. Tra il 1977, primo anno per cui sono disponibili i dati elementari dell’indagine, e il 2014, il reddito familiare medio è cresciuto del 35%, ma il calo registrato a partire dal 2006 lo ha riportato ai livelli registrati tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, in seguito al forte calo registratosi dal 2006 e, in misura ancora maggiore, dal 2010. Nel periodo 2006-2012 hanno contribuito alla sua riduzione i redditi da lavoro dipendente e autonomo, diminuiti rispettivamente del 17% e del 39%, e, in misura minore, i redditi da capitale, scesi dell’11%. Nel biennio 2012-2014, invece, le due tipologie di reddito da lavoro hanno invertito il trend negativo, crescendo del 2% e 4%, rispettivamente, mentre i redditi da capitale sono diminuiti di un ulteriore 4%. Stabile, ma sempre drammatica l’incidenza della povertà assoluta in Italia. Nel 2014, secondo l’Istat sono più di 7 milioni gli italiani poveri di cui oltre 4 milioni vivono in condizioni di povertà assoluta: ultimi tra gli ultimi non possono permettersi neanche il minimo indispensabile per sopravvivere. La quota di individui a basso reddito è maggiore nel Mezzogiorno, tra gli stranieri e tra i giovani.

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