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MONITOR


ven 17 giugno 2016

BREXIT E IL TRILEMMA DELLA GLOBALIZZAZIONE

Dani Rodrik’s weblog – Non ho scritto molto sulla Brexit perché non ero particolarmente informato. La mia speranza è che la Gran Bretagna scelga di rimanere in Europa e anche se l’uscita pone un significativo rischio economico per la Gran Bretagna (ed eventualmente per l’economia mondiale) credo ci siano ampi margini di incertezza intorno ai pronostici quantitativi presentati dal Tesoro inglese e da molti economisti britannici. Ma esistono anche serie questioni che riguardano la natura della democrazia europea così come attualmente costituita.
Ambrose Evans-Pritchard (AEP) ha scritto un pezzo notevole che rende la Brexit un caso principalmente politico. Le menzogne promosse dai Brexiteers riguardo il referendum, sollevano una domanda su come verrà governata la Gran Bretagna: “Si tratta di una scelta elementare: scegliere se ripristinare il pieno autogoverno di questa nazione, o se continuare a vivere in un regime sovranazionale, governati da un Consiglio europeo che non abbiamo eletto e che i cittadini britannici non possono destituire, neanche se commette degli errori”. Il problema è che l’Unione europea più che una democrazia è una tecnocrazia (AEP la chiama “nomenklatura”). Una ovvia alternativa alla Brexit sarebbe quindi quella di costruire una democrazia europea a tutti gli effetti. A questo proposito AEP cita Yanis Varoufakis, avversario della Brexit, che sostiene la nascita degli Stati Uniti d’Europa con un parlamento vero e un presidente eletto cui rendere conto. Ma, come dice AEP, “non penso che questo sia lontanamente possibile: sei anni di crisi della zona euro non hanno portato all’unione fiscale. Niente eurobond, nessuna condivisione del debito. L’unione bancaria è smentita dai fatti”. Tutto questo è quello che ho cercato di evidenziare con il mio “trilemma politico dell’economia globale”, di seguito riprodotto.
Il trilemma suggerisce che la democrazia è compatibile con una profonda integrazione economica solo se la democrazia è opportunamente transnazionalizzata – soluzione che anche Varoufakis appoggia. AEP, al contrario, ritiene che un super Stato europeo democratico non è fattibile, né desiderabile. Occorre notare che la tensione che nasce tra democrazia e globalizzazione non è semplicemente una conseguenza del fatto che quest’ultima vincola la sovranità nazionale. Ci sono modi in cui i vincoli esterni possono migliorare la democrazia invece di limitarla. Ma ci sono anche molte circostanze nelle quali regole esterne non soddisfano le condizioni della delega democratica. AEP ad esempio ritiene che le norme europee si trovano chiaramente all’interno di quest’ultima categoria. Oltre che dalla burocrazia europea (e dal modo in cui ha trattato la crisi dell’euro), è particolarmente infastidito dall’autorità ampia della Corte di giustizia europea (CGE) che non prevede diritto di appello.
Non ho una visione chiara sulla sostanza del ragionamento di AEP ma è chiaro che le norme UE necessarie per sostenere un mercato unico europeo si sono estese in modo significativo al di là di ciò che può essere supportato da una legittimità democratica. Ho pensato al trilemma della globalizzazione quando mi è stato chiesto un contributo per un numero speciale del Journal of Economic Perspectives (nel 2000). A quel tempo vedevo l’Unione Europea come la sola forza dell’economia mondiale che avrebbe potuto combinare con successo hyperglobalization (“il mercato unico”) e democrazia attraverso la creazione di una politica europea. Ho espresso la stessa opinione, un po’ più cauto, in un libro pubblicato nel 2011. Ma ora devo ammettere che mi sono sbagliato. Il modo in cui la Germania e Angela Merkel, in particolare, hanno reagito alla crisi in Grecia e in altri paesi indebitati ha sepolto ogni possibilità di un’Europa democratica. La crisi sarebbe potuta diventare una possibilità di interdipendenza ( “abbiamo tutti contribuito a crearla, e siamo tutti sulla stessa barca”), ed essere usata come un’opportunità per fare un salto verso una maggiore unione politica. Invece la Merkel si è comportata da moralista, contrapponendo i settentrionali responsabili ai terroni pigri e dissoluti, e trattando con i tecnocrati europei rimedi economici disastrosi.
Come gli avversari del Brexit continuano a ricordarci, i costi economici di partenza per la Gran Bretagna potrebbero essere davvero considerevoli. Le persone ragionevoli devono fare i conti con questi costi. EAP è pienamente consapevole che la sua scelta comporta di assumersi un “rischio calcolato”. I turchi della mia generazione guardavano all’Unione Europea come un esempio da emulare e un faro di democrazia. Mi rattrista molto vedere come ora il progetto europeo stia in piedi grazie ad uno stile di regolamentazione e di governance che si pone in antitesi rispetto ai principi democratici e che anche osservatori informati come AEP vedano in un abbandono di questo modello l’unica opzione per restaurare la democrazia nel Vecchio Continente.
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