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sab 27 maggio 2017

ATENE: STORIA DI UNA GENTRIFICATION

Negli anni Cinquanta e Sessanta l'impoverimento del centro storico spinge i ceti medi a spostarsi altrove. Con il picco degli anni Settanta, progressivamente il centro si svuota e gli appartamenti restano sfitti. A riempirli saranno gli immigrati. A partire dagli anni Novanta, dall'Est europeo. Poi con l'ondata migratoria degli anni Zero. Ma negli ultimi cinque anni, l'amministrazione ha deciso di imprimere uno scarto. Prima con un piano sistematico di securizzazione: perquisizioni e controlli a tappeto, sgombero di spazi occupati, per uso abitativo o associativo. L'obiettivo finale è riportare i ceti medi nel cuore della città. Un centro addomesticato, rassicurante per i turisti.

In greco il termine “gentrification” viene reso con εξευγενισμός, parola composta che mette insieme la gentilezza e l’esser nobile. Un approccio bizzarro nei confronti del processo, considerando quanto poco ha agito in punta di fioretto nella capitale del Paese.

La storia: l’onda lunga delle trasformazioni urbane 

L’urbanizzazione di Atene nel Novecento è violenta e priva di una pianificazione all’altezza. I suoi effetti principali si vedono dagli anni Cinquanta, con la forte speculazione sul centro della città, la demolizione delle case basse e la ricostruzione di palazzine alte e popolose. Ma è solo l’onda lunga di passaggi storici che hanno concentrato gli abitanti nella capitale e fuso il centro storico con la zona portuale: la Seconda guerra mondiale e la Guerra civile (1946/49), e soprattutto il precedente afflusso per il conflitto greco-turco (1919/22).
Dalla metà del secolo comunque, man mano che scorre il tempo, l’impoverimento del centro storico spinge i ceti medi a spostarsi altrove. Un meccanismo a elastico, in realtà: allontanarsi oggi, tornare domani. Progressivamente quindi, con il picco degli anni Settanta, il centro si svuota e gli appartamenti restano sfitti.
A riempirli saranno gli immigrati. A partire dagli anni Novanta, con l’arrivo degli albanesi e di altre minoranze Est europee. Poi africani e mediorientali, perlopiù in transito, con l’ondata migratoria degli anni Zero. La loro presenza acuisce la famigeratezza di un’area che l’amministrazione continua a trascurare. Lo stigma cade sul centro di Atene.
La reazione è graduale, ma il richiamo all’ordine si intensifica nella fase più dura della crisi economica. Negli ultimi cinque anni, l’amministrazione mette a valore la paura e organizza un piano sistematico di securizzazione: perquisizioni e controlli a tappeto, sgombero di spazi occupati, per uso abitativo o associativo.
L’obiettivo chiaro è riportare i ceti medi nel cuore della città, nei quartieri intorno al grande asse della strada del Pireo (Οδός Πειραιώς). Un centro addomesticato, rassicurante per i turisti.

Gli anni Zero ad Atene: la svolta a Psiri e Gazi

Se guardiamo i quartieri centrali di Psiri e Gazi da una prospettiva novecentesca, ci troviamo a che fare con due zone idealmente marginali, considerate pericolose, dove vivono gli indesiderati. All’inizio degli anni Zero, le ritroviamo gremite di giovani benestanti, zone specializzate nel soddisfare il bisogno d’intrattenimento degli ateniesi.
Psiri è stato trattato a lungo come il covo della delinquenza comune della città. Oggi si vanta di essere di tendenza ma mantenere uno spirito off, di star fuori dai percorsi più strettamente turistici, e allungare uno dopo l’altro: locali alternativi, gallerie d’arte, espressioni di street art. Le strade sono illuminate da vecchie lampade, proprietà personali dei cittadini che le hanno regalate alla collettività, nella cornice di un progetto di design.
Tra gli sgomberi avvenuti con la stretta degli ultimi anni c’è quello che ha riguardato il teatro Embros, che qui ha sede, occupato nel 2012 (era stato chiuso per anni dopo la morte del proprietario) e diventato simbolo del teatro indipendente.
Se oggi Psiri è definita la “Soho di Atene”, Gazi è il simbolo della deindustrializzazione degli anni Ottanta e Novanta a favore dell’orientamento al turismo. Cool, aperto, gay friendly, il quartiere è il cuore della vita notturna ateniese. Il suo nome nasce dalla fabbrica di gas, costruita a metà Ottocento, intorno alla quale il quartiere si è sviluppato. E continua a svilupparsi: perché i vecchi stabilimenti sono stati convertiti in spazi culturali e ospitano concerti, mostre, proiezioni cinematografiche.
Su tutti svetta il gigantesco Technopolis, centro culturale aperto nel 1999 e frequentato da oltre seicentomila persone all’anno.

Gentrification, speculazione e Olimpiadi

A voler individuare un passaggio che ha impresso l’accelerazione decisiva di questi processi speculativi e della trasformazione urbana tout court, bisogna forse puntare il dito sui Giochi Olimpici del 2004. Sulla preparazione alla manifestazione, cioè, e sulla gestione dei finanziamenti europei che scesero a pioggia.
Una corsa alle grandi opere fatta appunto con finanziamenti pubblici e in parte con capitale privato. Una corsa che modificò le destinazioni d’uso del suolo, fece costruire alberghi di lusso, stravolse gli equilibri di una città già cresciuta disordinatamente. Una corsa che avrebbe avuto un ruolo addirittura decisivo, secondo alcuni, nell’approdo alla crisi del debito greco degli ultimi anni.

Le trasformazione di Metaxourgio

La gentrification non riguarda però solo l’immediato cuore geografico di Atene. Per esempio il quartiere Metaxourgio, subito a nord del centro, sembra piuttosto avanti su quella strada. Su micro-scala anzi si direbbe già compiuto, com’è stato osservato.
Quartiere popolare di tradizione operaia, luogo di marginalità, dove per esempio andava a vivere la comunità rom dietro incentivi statali, tra gli anni Novanta e gli anni Zero è diventato un quartiere multietnico, con forte presenza cinese. In parallelo, la pedonalizzazione di certe strade e una serie di progetti per “riqualificare” il quartiere, creavano aspettative di cosiddetta “rigenerazione” e inducevano i ceti medi a comprare qui.
I prezzi di Metaxourgio sono saliti, il ricambio della composizione degli abitanti ha avuto inizio, e il displacement ha riguardato soprattutto gli immigrati e la comunità rom. Ma la trasformazione non è completata, gentrifiers e vecchi abitanti convivono ancora, benché separati.
Nel 2010 la fabbrica di seta che dà il nome al quartiere è stata riconvertita in pinacoteca. Un’infilata di sgravi fiscali e incentivi per il riutilizzo degli immobili, nel 2011, ha fatto seguito alla designazione di “zona di rigenerazione speciale”. Nello stesso anno, un comitato di abitanti ha scritto ufficialmente all’amministrazione chiedendo più sicurezza e più decoro.

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