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lun 2 gennaio 2017

MPS, FATE PRESTO

I tempi stringono per Monte dei Paschi. La mole di sofferenze in pancia preme. E sull’asse Roma-Francoforte si alza la tensione. Bisogna trovare una strada e ritornare ai livelli di liquidità di fine 2015. “Fate presto”, titolò il Mattino di Napoli nel 1980 dopo il terremoto che scosse l’Irpinia. “Fate presto” campeggiò a tutta pagina in apertura sul Sole 24 Ore nel 2011, nei giorni del «terremoto finanziario globale». Oggi, a 2017 appena iniziato, il refrain è identico: bisogna fare presto

«Lo spread riesci ancora a manipolarlo, allora il problema è un altro. Il tuo problema è il panico. La paura potete controllarla, ma il terrore no, quello no. Immagina la coda agli sportelli…» Da I diavoli (Rizzoli 2014)
L’emissione di bond, i crediti deteriorati di cui liberarsi, il confronto con il Tesoro, le richieste della Banca centrale europea: Monte dei Paschi di Siena inizia il 2017 già in affanno.

L’antica banca deve rafforzare le casse e soprattutto presentare un piano industriale. I tempi sono stretti, in ballo c’è l’apertura dell’ombrello pubblico e la cosiddetta «ricapitalizzazione precauzionale» e «temporanea». Entro fine gennaio Rocca Salimbeni dovrebbe aver messo nero su bianco la sua road map, poi toccherà al Ministero dell’Economia.

Sarà la volta del negoziato con le autorità europee, i giorni di Bruxelles e delle discussioni con la Commissione Ue.

Dal governo sperano che la trattativa «duri meno di due mesi». Le parole sono del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta: «Confidiamo che il negoziato porti a una riduzione sensibile» della cifra chiesta dalla BCE per la ricapitalizzazione di Mps: ovvero 8,8 miliardi. Se così fosse, entro marzo dovrebbe esserci un progetto definitivo.

Il Tesoro sarà azionista numero uno, ma la partita si gioca sui margini. Ed è stata una fine dell’anno parecchio turbolenta. Le cose si muovevano sotto traccia da mesi.
La chiave è l’innalzamento da parte della Vigilanza BCE del livello di attenzione nei confronti di alcune banche. In altre parole, da Francoforte arriva un’imposizione: si inaspriscono i regolamenti per gli istituti di credito italiani, e vengono elevati i requisiti discrezionali richiesti. Questo si chiama “Pillar 2”: ovvero un forzoso adeguamento degli indici che genera conseguenti aumenti di capitale. Contestualmente, calano i requisiti minimi per i rischi operativi e di mercato che interessano Germania, Francia e Paesi del Nord Europa. Da Rischio (s)take over sul risparmio degli italiani – il Tredicesimo piano (17 Ottobre 2016)
Prima che fallisse il salvataggio sul mercato, prima ancora che l’opzione del paracadute pubblico si materializzasse, prima che il governo mettesse a disposizione uno scudo da 20 miliardi per le banche in difficoltà (sostegno straordinario per Mps in primis), si parlava di una ricapitalizzazione da 5 miliardi per l’antica banca.

Poi, dal 30 novembre al 21 dicembre, è stata una repentina discesa per Mps: la liquidità si è deteriorata, l’aumento di capitale sul mercato è stato un flop. È stata una storia sbagliata, una storia da dimenticare.

Allora il Tesoro si è messo in moto, nel frattempo ha incassato anche l’ok europeo per il prolungamento dello scudo per le banche fino al 30 giugno 2017. Tutto questo succedeva mentre da Berlino guardavano a Roma storcendo il naso, chiedendo il rispetto delle regole.

A cavallo di Natale, però, è arrivata la batosta da Francoforte. Ufficialmente la BCE ha redatto due lettere, indirizzate al Ministero dell’Economia. Oggetto: Mps.

L’indiscrezione approda sulle colonne del Sole 24 Ore. È il 26 dicembre. Poi viene battuto il comunicato della banca senese: la Vigilanza alza l’asticella e la necessità di capitale passa da 5 a 8,8 miliardi di euro. A prospettare questo scenario, secondo Francoforte, sarebbero i risultati dello stress test del 2016 e dello shortfall registrato da Mps.
C’è una specifica responsabilità delle banche italiane che non hanno chiesto aiuti all’Europa, e adesso si ritrovano più fragili e sottocapitalizzate di altre. Per le banche elleniche sono stati erogati aiuti pari al 40% del prodotto interno lordo della Grecia. Un discorso analogo è valso per gli istituti di credito spagnoli o irlandesi. L’Italia, invece, non l’ha fatto e adesso ne paga le conseguenze. Da Rischio (s)take over sul risparmio degli italiani – il Tredicesimo piano (17 Ottobre 2016)
Cosa è successo? Perché questo aumento? I tempi stringono. La mole di sofferenze in pancia preme. E sull’asse Roma-Francoforte si alza la tensione. Sarebbe stato utile, dichiara al Sole 24 Ore il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, «avere dalla Bce qualche informazione in più sui criteri con i quali si è arrivati a questa valutazione».

E ancora: «La mancanza di informazione si traduce in opacità e le cose opache inducono a interpretazioni quasi sempre sbagliate». Perché, prosegue il ministro, «le richieste di capitale della Bce porteranno il Monte dei Paschi a essere una banca iper-capitalizzata».

Tradotto: bisogna trovare una strada e ritornare ai livelli di liquidità di fine 2015. “Fate presto”, titolò il Mattino di Napoli nel 1980 dopo il terremoto che scosse l’Irpinia. “Fate presto” campeggiò a tutta pagina in apertura sul Sole 24 Ore nel 2011, nei giorni del «terremoto finanziario globale». Oggi, a 2017 appena iniziato, il refrain è identico: bisogna fare presto.
La finanza è il prolungamento della guerra con altri mezzi e, come in guerra, al mutare del contesto deve mutare anche la tattica. Perché passare dagli NPL quando possiamo sfruttare l’opportunità della nuova regolamentazione BCE? Da Rischio (s)take over sul risparmio degli italiani – il Tredicesimo piano (17 Ottobre 2016)
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