Decodificare il presente, raccontare il futuro

RECENSIONE


gio 31 marzo 2022

UN ALTRO PRESENTE

Le aziende non hanno un capo, non esistono più banche, nessuno possiede terre e immobili, non si pagano tasse dirette. Questo è l’universo ucronico a cui accedono i personaggi di “Un altro presente”, l’ultimo libro di Yanis Varoufakis. E tuttavia, ben lungi dall’essere un’utopica e consolatoria theory fiction, l’opera del falco greco è l’ennesimo invito – ora più attuale che mai – a ripensare radicalmente la contemporaneità e rovesciarne le ingiustizie.

Sempre evocativo e mai scontato, con il suo ultimo libro Un altro presente (La nave di Teseo 2021) Yanis Varoufakis si è cimentato in una theory fiction – ossia dove la narrativa si fa veicolo di pensieri e teorie. E senza dubbio era la formula più adatta a trasporvi le sue visionarie ricette da economista eterodosso tentate nella sua travagliata ma intensa carriera politica di ministro delle finanze greco prima e di fondatore del movimento DiEM 25 poi. Ora più che mai del resto si può sancire che i movimenti di protesta a cavallo delle crisi e in generale alter-globalisti avevano ragione e che è cruciale alzare l’asticella dell’immaginazione per inventare presenti – e futuri – radicalmente diversi.

L’ambientazione di quest’opera ibrida – al crocevia tra romanzo, autofiction e saggio politico – è una realtà ucronica in cui si immagina un futuro alternativo (da quello che purtroppo sembra aspettarci) scandito da una serie di what if a partire dalla grande crisi finanziaria del 2008. I piani temporali sono quindi il passato più recente e il futuro, mentre il nostro presente pandemico rimane sullo sfondo come una sorta di side effect di tutte le scelte sbagliate dalla financial crisis a oggi.


2035, siamo a un funerale. Yango (l’io narrante e protagonista) riceve da Costa (un ingegnere e abile speculatore finanziario) un “diario segreto”. Il documento raccoglie una serie di scritti stilati in circa trent’anni di corrispondenze proprio dalla donna di cui si stanno celebrando le esequie. Lei si chiama Iris, è un’antropologa sociale, femminista, marxista, fervida oppositrice del thatcherismo e il suo diario in verità è un file elettronico protetto da un congegno e leggibile solo con un sistema di lenti per realtà ibrida progettate dall’ingegner Costa.

Così avviene l’ingaggio tra il lettore e l’io narrante – in tutta evidenza l’alter-ego dell’autore – in una cornice ucronica in cui il protagonista riavvolge il nastro degli eventi per raccontare come sarebbero potute andare le cose se durante il punto cieco del 2008 la crisi fosse stata affrontata con assunti teorici decisamente opposti al sistema dominante (e fallimentare).

Nel 2036, un anno dopo rispetto all’incipit della narrazione, Yango completa l’opera di rivisitazione e sistemazione del “diario” per darlo alle stampe, ma spinto dalla commozione decide di recarsi prima al sepolcro di Iris. Qui un cortocircuito spazio-temporale le mostra un’altra Iris intenta a deporre dei fiori sulla sua stessa tomba. Infine appare Costa accompagnato da Siris – il doppio di Iris nel multiverso – a svelare il passaggio di questa dall’Altro al Nostro Presente.

L’intricato impianto narrativo – ispirato da una raffinata selezione di opere ucroniche e fantascientifiche, da Ursula K. Le Guin a Philip K. Dick – ruota attorno a un esperimento di singularity, ossia una sorta di macchina del tempo che trasporta chiunque riesca a collegarvisi in un metaverso plasmato dalle idee più utopiche del soggetto-viaggiatore. E in questo idilliaco multiverso il lettore ritrova i doppi dei tre personaggi diversissimi tra loro: la femminista marxista, la liberista ex dipendente di Lehman Brothers e lo scienziato – ideatore stesso della macchina – ossessionato dall’incredibile rapacità delle grandi compagnie dell’high-tech. Di qui la paradossale anomalia (e provocazione politica): ovvero il fatto che tre menti diverse liberando desideri e potenziale immaginativo possano approdare nella stessa realtà altra.

Ma cosa succede e come si vive in questo altrove?

La visione politica di Varoufakis si spinge oltre il riformismo radicale proposto negli anni dieci del ventunesimo secolo. Nell’Altro Presente le borse dei titoli scompaiono così come le banche, i surplus e i deficit commerciali degli stati sono rigorosamente controllati da meccanismi di riequilibrio automatico – ecco riecheggiare la crisi greca con le sue terribili conseguenze – e il credito viene erogato direttamente dalle banche centrali senza l’intervento di nessun intermediario.

Ancora: scompaiono le lobby, la sanità è universale e gratuita e l’istruzione libera e aperta a tutti. I “feudi digitali” sono stati esautorati e i dati appartengono alla collettività che ne assume il controllo diretto. La tecnologia rientra quindi in un alveo pubblico e contribuisce a creare un senso civico digitale grazie a un utilizzo dei dati consapevole e non più piegato ai soli fini commerciali o propagandistici.

Le aziende non hanno un capo, non esistono più banche, nessuno possiede terre e immobili, non si pagano tasse dirette.

E come ci si è arrivati?

A partire dal basso. Una serie di agitazioni è riuscita a scardinare i gangli di potere capitalistico. Il movimento Occupy Wall Street è diventato prima Ossify Wall Street e infine Ossify Capitalism assestando il colpo definitivo alla “tecnostruttura” (come la definisce l’economista John Kenneth Galbraith) dopo che vari gruppi di attivisti ne avevano scardinato le diverse declinazioni: i bladerunners affossando i giganti digitali; gli environs abbattendo i grandi inquinatori e i crowdsourcers capitanati dalla leader Esmeralda sconfiggendo le corporation e il sistema finanziario.

Il risultato di questa rivoluzione è un mondo utopico nel quale le diseguaglianze sono ridotte ai minimi, ognuno può vivere in maniera libera e dignitosa e la sostenibilità è insieme sociale e ambientale.

E tuttavia anche l’Altro Presente ha le sue magagne: il sessismo, ad esempio, in forma subdola e strisciante persiste anche là. Lo sa bene Siris, il doppio di Iris che alla fine sceglierà di passare nel multiverso originario affermando di essere e restare «una dissidente e qui (nel Nostro Presente) c’è molto da cui dissentire e contestare, di là è rimasto solo il politicamente corretto ed il patriarcato». Un ultimo strale allegorico lanciato dall’autore come a ribadire che ovunque persistono contraddizioni e sempre bisogna battersi per il giusto.
#un altro presente#yanis varoufakis#ucronia#theory fiction#capitalismo#recensioni#la nave di teseo

NEWSLETTER


Autorizzo trattamento dati (D.Lgs.196/2003). Dichiaro di aver letto l’Informativa sulla privacy.



LEGGI ANCHE: