Decodificare il presente, raccontare il futuro

MONITOR


mer 25 marzo 2020

OLTRE IL CORONAVIRUS, SULLE ORME DEL FUTURO

Il virus ha vinto, ci ha colonizzato mente e corpo, produce il nostro immaginario: frattali infiniti di grafici e tabelle. Si è preso tutto il nostro presente, blindato nelle mura domestiche. E tuttavia sta anche spalancando le porte sulle orme del futuro. Ci attende una voragine di incognite, guardarci dentro significherà cambiare rotta, una volta per tutte.

Diario minimo dalla quarantena: il virus ha vinto, siamo suoi ostaggi. Ci ha colonizzato mente e corpo. Costruisce per noi le immagini con cui ci orientiamo nel mondo, produce il nostro immaginario: frattali infiniti di grafici e tabelle.

Passiamo il tempo a contare il numero di contagiati, dei morti, a paragonare i numeri nelle diverse nazioni, a sognare appiattimenti di curve che giorno dopo giorno sono sempre più ripide e preoccupanti. Il virus si è preso tutto il nostro presente, blindato nelle mura domestiche.

E tuttavia, lo stesso virus, sta anche spalancando le porte del futuro. Una voragine di incognite ci attende: nulla sarà come prima, continuiamo a ripeterci come un mantra di speranza misto a preoccupazione. Stanno venendo a galla tutte le contraddizioni che abbiamo provato a seppellire negli ultimi decenni. E ora queste vengono a galla, ineluttabili, e dovranno essere affrontate.

Il migliore sistema sanitario del mondo è quello che ha gli strumenti e il personale sufficiente a fronteggiare le emergenze, di questo dovremmo tenere conto domani. Indipendentemente da come e quando arriverà, il domani. I tagli alla sanità pubblica e la conseguente crescita del settore privato hanno indebolito la sanità occidentale, e la sanità è uno dei capisaldi sul quale si fonda lo Stato moderno. Senza servizio sanitario garantito, si ritorna al Medioevo.

Le eccellenze esistono solo dove sono supportate dai mezzi e dalle risorse. Il defunto welfare state finanziato dalla spesa pubblica aveva creato delle eccellenze che sono state demolite nel corso degli ultimi trent’anni: equiparare la sanità a un mezzo di produzione qualsiasi è stato disastroso, essere ridotti ad aspettare la carità dei milionari fa male al cuore.

La carità arriva solo quando mancano giustizia e bontà, per parafrasare le parole dei Quaderni di José Saramago.

E allora: guardare al futuro, sì, dentro quella voragine d’incognite. Ma farlo con la convinzione di dover cambiare rotta. Di dover ripartire dalla salute pubblica, dalle disuguaglianze da abbattere, da beni e servizi per la collettività.


Ripartire da valori finiti nel dimenticatoio e procedere verso un progresso orizzontale e per tutti. La banda larga, ad esempio, dovrà diventare un bene comune, e gratuito: il digital divide disintegra le comunità da ormai troppo tempo. L’istruzione “da remoto” e lo smart working possono essere garantiti solo se c’è omogeneità nell’accesso alla Rete. La banda larga è oggi come l’acqua, è diventata imprescindibile: la disparità di accesso a un simile bene rischia di creare enormi asimmetrie di informazioni e opportunità di accedere a servizi essenziali.

La sorveglianza digitale dovrà essere riconvertita a uso pubblico, non più lasciata ai fini speculativi dei pochi. Le informazioni dovranno essere monetizzate e sfruttate dalla collettività e non più soltanto dai privati. Inoltre, bisognerà indirizzarle ad un uso civico e di emancipazione, non autoritario e repressivo: mappare le malattie, rendere più efficiente il servizio sanitario a domicilio, creare delle applicazioni che mettano in rapido e virtuoso contatto cittadini e operatori in modo da soppiantare le vecchie linee telefoniche intasate. Bisognerà condividere saperi e poteri in tempo reale. Rendere la Rete e i dati un bene comune, come proclamava Aaron Swartz.

Si dovrà poi gestire la finanza pubblica in modo omogeneo. La spesa sanitaria pro capite a livello europeo dovrà essere uguale ovunque, e non far parte del debito strutturale. Nell’emergenza ci stiamo rendendo conto che diversi Paesi dispongono di un numero diverso di macchine per salvare vite, di un numero diverso di posti in terapia intensiva, e questo è inaccettabile per un continente il cui nome vuole cominciare per “Unione”.

Si dovrà procedere con un’emissione immediata di bond europei per rifinanziare il post catastrofe. L’Unione Europea si fonda purtroppo ancora su una base prettamente economico-finanziaria, a cui dovrà subentrare un’armonizzazione delle politiche fiscali, non solo quelle monetarie, dimostratesi inefficaci e fallimentari.

Quella che ci troviamo ad affrontare adesso non è una crisi finanziaria: è una crisi dell’economia reale. È dunque arrivato il momento di creare degli strumenti di trasmissione monetaria che possano scavalcare le banche e arrivare direttamente ai cittadini. A cominciare da un reddito di quarantena per tutti.

Il virus, inoltre, sembra giungere come il culmine di ciò che succede a un pianeta dopo aver subito un’insostenibile spoliazione: sembra giungere in seguito all’inquinamento, al disboscamento, ai cambiamenti climatici.

È ora di affrontare le grida d’allarme della nostra Terra, l’unica che abbiamo, ora o mai più. La produzione e la circolazione schizofrenica delle merci porta a un effimero e falso benessere, a un aumento costante delle diseguaglianze tra classi: perché spreco e inquinamento sono le conseguenze di una sovrapproduzione che ricade principalmente sui meno abbienti.

Le emergenze nelle quali siamo immersi hanno origine naturale. Come il virus, figlio dell’azione di spoliazione dell’uomo sul pianeta.

Questo maledetto virus ha colonizzato il nostro corpo e la nostra mente. Quando lo avremo sconfitto, dovremo essere in grado di riprendere in mano la nostra intelligenza collettiva e intervenire per cambiare le cose. Altri virus arriveranno, tutti gli esperti sono concordi su questo.

Dovremo farci trovare pronti. E solo ripartendo dalla condivisione dei saperi e dei poteri potremo affrontare al meglio le prove cui ci sottoporranno le pandemie a venire.
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