Decodificare il presente, raccontare il futuro

RECENSIONE


gio 17 settembre 2020

NELLA FANTASCIENZA CINESE LA SOCIETÀ È “PIEGHEVOLE” E I SENTIMENTI SONO EQUAZIONI

Il mondo si prepara a fare i conti con un’invasione aliena: c’è chi vorrebbe imbracciare le armi e chi invece si auspica la fine dell’umanità, in favore di una specie tecnologicamente superiore. La stessa società, nelle pagine di un altro libro, è un gigantesco ingranaggio pieghevole in cui i settori che ospitano le classi subalterne vengono aperti solo per “produrre” e soddisfare il fabbisogno delle élite. Due opere di fantascienza cinese, di recente tradotte in Italia, ci raccontano il futuro che verrà. O forse, il presente che già è.

Una catena di morti sospette tra le menti più brillanti della fisica mentre incombe un’invasione aliena. La vita quotidiana organizzata in turni di lavoro e sonno coatto imposti alle classi subalterne per salvaguardare le risorse naturali e il benessere di cui gode l’élite pechinese. Sono gli scenari in cui si muovono due opere simbolo della fantascienza cinese degli ultimi anni, di recente tradotte anche in Italia.

Il problema dei tre corpi di Liu Cixin (romanzo, tradotto dall’inglese da Benedetta Tavani, Mondadori 2017) e Pechino pieghevole di Hao Jingfang (racconti, tradotti dal cinese mandarino da Silvia Pozzi, Add Editore 2020) offrono uno sguardo su angosce e ambizioni provenienti dal Paese che più di ogni altro sta trainando il mondo verso una nuova epoca.

Se la fantascienza è analisi critica del presente e immaginazione del futuro applicate all’intero genere umano, i mondi fittizi prodotti all’interno della Repubblica popolare cinese meritano un’attenzione particolare.

Dalla Cina non arrivano solo supporti hi-tech, sistemi di scambio dati sempre più veloci e database integrati capillari per il controllo di massa. Sono cinesi anche teorie e metodi applicati alla società e alla politica per gestire le conseguenze del progresso tecnologico dentro e fuori i propri confini.

Seguendo questa tendenza, forte di una produzione letteraria in crescita esponenziale e riconoscimenti importanti riscossi anche fuori dalla Cina – Liu e Hao hanno entrambi vint8o il premio Hugo che la World Science Fiction Convention assegna dal 1953 –, il “pensiero fantastico cinese” è destinato a imporre le proprie contaminazioni in un genere a oggi presidiato dai filoni anglosassone e sovietico.
Nel primo romanzo della sua “Triologia dei tre corpi”, Liu anima un mondo a trazione cinese alle prese con l’arrivo annunciato di una civiltà extraterrestre. La prospettiva dell’incontro alieno porta a una frattura tra chi propone una resistenza armata all’invasione e chi invece auspica un azzeramento della specie umana, così da far largo a creature tecnologicamente superiori.

Alla vicenda che si dipana nel mondo reale del romanzo, totalmente ambientata in Cina e che vede l’élite scientifica cinese tenere le sorti dell’intera umanità, Liu affianca un mondo virtuale in cui personaggi storici arcinoti del pensiero scientifico occidentale si alternano a filosofi e sovrani della Storia cinese.

Non solo siamo introdotti a saggi e imperatori della Cina imperiale senza quella deformazione macchiettistica cui sono costretti da una certa letteratura occidentale, ma iniziamo anche a fare la conoscenza del principio di pragmaticità che ispira da millenni la gestione del potere cinese.

È questo il filo rosso che collega l’angosciante realtà dell’iper-controllo al mondo fantastico creato da Liu. Un mondo dove uomini e donne agiscono con freddezza e calcolo, incapaci di empatia, guidati esclusivamente dal raziocinio scientifico e da un pensiero lungo in cui non c’è spazio per protagonismi e vanità sentimentali. Ci sono i problemi e ci sono le soluzioni da trovare nella matematica, teoremi formulati in anni di lavoro, solitudine e rinunce.

È un mondo senza eroi, senza relazioni, senza slanci di individualismo romantico. Tutto è regolato da leggi fisiche inflessibili e sovrumane, dove il grado di conoscenza scientifica è l’unico metro di valutazione del valore di individui, società e specie.

Se da un lato si può interpretare il “fantastico” di Liu come una trasposizione – estremizzata e acritica – della gestione del potere in Cina, dall’altro è da rilevare la scelta di campo di un autore che, cimentandosi in un genere per definizione tendente all’infinito, decide di non curarsi dell’umanità in quanto insieme di individui governati dall’irrazionale.

Amore, invidia, solidarietà, ambizione sono pulsioni sistematicamente represse per meglio agire in uno scenario di sopravvivenza ridotto a calcolo matematico: la vita come un’equazione da risolvere attraverso la progressiva semplificazione di tutte le espressioni dell’animo umano.

A Liu non interessa l’uomo, ma l’insieme numerico che compone l’umanità.

Di segno opposto la raccolta Pechino pieghevole di Han Jingfang, decisamente più sensibile alle fragilità dell’animo umano e alle esistenze rassegnate di uomini e donne che interagiscono in diversi futuri distopici.

Così, nel racconto che dà il titolo alla raccolta, uno studente dello Spazio Due – la borghesia “aspirazionale” – innamorato di una ragazza dello Spazio Uno – l’élite capitalista – chiede a un disperato dello Spazio Tre – il sottoproletariato – di recapitarle una lettera d’amore.

I tre spazi in cui è suddivisa Pechino non coesistono mai, si ripiegano a turno nel sottosuolo grazie a un mastodontico sistema di ingranaggi, così da garantire all’élite una vita in armonia col ciclo della luce solare. Lusso che a Spazio Due e Spazio Tre non viene accordato.

I racconti di Han compongono un mosaico eterogeneo di un’umanità alle prese con le costrizioni distopiche di un futuro che è già presente. Temi come la solitudine, l’amore e la morte sono il motore di vicende molto attuali a livello globale, declinate in scenari iperrealistici alla Black Mirror.

La narrativa di Han, anche per gli spazi ridotti della forma del racconto breve, pur dipanandosi in contesti e scenari squisitamente cinesi, proprio per l’attenzione serbata alle caratteristiche emotive che accomunano l’intero genere umano risulta molto più “vicina” alle piccole e grandi angosce della modernità globalizzata.

A fare eccezione è il racconto “Palazzo Epang”, costruito attorno al grottesco incontro tra A Da, squattrinato uomo comune pechinese, e la statua immobile ma senziente di Qin Shi Huang, il primo imperatore cinese. Nelle frasi stringate e conclusive che l’imperatore oppone alla bonarietà inetta di A Da ritroviamo in controluce l’esaltazione della pragmaticità senza scrupoli cara a Liu.

I due autori, con approcci e soluzioni diametralmente opposte, ci mostrano due evidenze che faremmo bene a tenere a mente negli anni a venire.

La prima: non è possibile catalogare la produzione di immaginari cinese in schemi omnicomprensivi da “scontro di civiltà”. Non esiste «la fantascienza cinese», esistono autori cinesi di fantascienza che scrivono di Cina, ma parlano anche al resto del mondo.

La seconda: tra i molteplici mondi immaginati nella produzione sci-fi proveniente dalla Cina si possono già scorgere i contorni sfocati del mondo che verrà. Un mondo pensato, dai cinesi, anche per noi.



Liu Cixin
Il problema dei tre corpi, Mondadori 2017











Hao Jingfang
Pechino pieghevole, Add Editore 2020
#fantascienza#cina#controllo#società#black mirror

NEWSLETTER


Autorizzo trattamento dati (D.Lgs.196/2003). Dichiaro di aver letto l’Informativa sulla privacy.



LEGGI ANCHE: