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VISIONI


ven 23 marzo 2018

LA GUERRA DEI DATI

In pochi si erano accorti della questione dei dati. I dati erano stati la materia prima per sviluppare i grandi sistemi di intelligenza artificiale, divenuti indispensabili per la gestione amministrativa e strategica della cosa pubblica. E poiché lo spionaggio di stato era illegale, ogni dato raccolto dal pubblico finiva con l’essere regalato all’impresa privata, che di suo già ne raccoglieva un’infinità e aveva le capacità economiche per costruire gli immensi centri di raccolta e smistamento. Una vera e propria logistica dei dati personali…

Il treno ad alta velocità fluttuava leggero sospeso sui binari. La lievitazione magnetica passiva gli permetteva di raggiungere velocità inimmaginabili fino a pochi anni fa.
Stretto nel suo completo grigio di alta sartoria, il passeggero X alzò la testa dal tablet. Da quando erano partiti, nell’enorme scompartimento a quattro posti della Prima Classe Deluxe era presente solo un’altra persona: il passeggero Y. Omino altrettanto insignificante, anch’egli fasciato in un completo grigio di alta sartoria.
Il passeggero X istintivamente si passò una mano sul revers della giacca, sfiorando il microchip. Il passeggero X era un commesso viaggiatore, quel microchip era la sua valigetta. Il suo carico di trasporto.
Il passeggero X alzò la testa, guardò fuori dal finestrino: un immenso cantiere a cielo aperto che puntellava l’esoscheletro di ciò che un tempo era una rigogliosa valle alpina.
Il progresso esige i suoi tributi sacrificali sull’altare della velocità.
“Certo lo scavo è metafora notevole al giorno d’oggi …”, mormorò il passeggero X, sperando di farsi sentire dall’altro. “Anche lei minatore?”, chiese il passeggero Y. “Scusi?”. Colto di sorpresa, il passeggero X rimase interdetto.
Aveva cominciato la conversazione sperando di portare il passeggero Y a rivelarsi, se non a lui almeno alla Centrale di Ascolto e Protezione Dati. Voleva condurre la discussione, portare l’avversario – perché tale era, se il suo antico e infallibile fiuto non lo aveva improvvisamente tradito – a pronunciare quelle parole per cui l’algoritmo ti riconosce e ti porta sotto osservazione. E invece era stato fregato in partenza. L’altro aveva subito rilanciato.
“Chiedevo se anche lei si occupava dello sminamento, ovvero della creazione delle criptovalute”, proseguì con tono innocente il passeggero Y. Non devo cascarci assolutamente, pensò il passeggero X prima di rispondere. “Ah no, non ho di questi hobby. Credo siano pericolosi.”
“Nel momento in cui le criptovalute riuscissero a imporsi come mezzo reale di pagamento, potrebbero minare il potere residuo delle Banche Centrali. Non crede?”
“Certamente”, continuò affabile il passeggero Y. “Nello scenario da lei descritto ci sarebbero effetti imponderabili sull’ordine globale”.
Cazzo! Non solo il passeggero Y gli aveva bruciato l’apertura, ma gli aveva addirittura mangiato l’alfiere. In due mosse era riuscito a volgere la discussione a suo vantaggio. Se fossero stati intercettati adesso, era lui ad avere fatto Discorsi a Livello Allerta 3. Ad avere usato le parole sbagliate. Frasi male formulate. L’algoritmo della Centrale di Ascolto e Protezione Dati lo aveva già individuato, di sicuro.
Oltretutto, il treno si stava avvicinando alla frontiera. Il Secondo Accordo di Schengen, firmato pochi anni prima tra le Imprese Commerciali dell’Unione Europea, aveva definitivamente sostituito i vecchi confini politici degli stati con i  confini commerciali delle multinazionali.
Il vecchio sogno della globalizzazione liberista si era definitivamente sgretolato. Né il libero passaggio delle merci, né tantomeno quello delle persone, era più possibile.Nuove e imponenti frontiere economiche segnavano il corpo tumefatto della vecchia Europa.
“No, mi riferivo agli scavi del capitale estrattivo”, pronunciò con poca convinzione il passeggero X. “Si ricorda quella teoria del geografo americano David Harvey? L’accumulazione per espropriazione da parte del capitale, l’estrazione dei beni comuni come acqua e terra, e poi del lavoro vivo del general intellect. Oggi la vecchia talpa che scava è il capitale”.
Poi s’interruppe. Aveva commesso un altro grave errore, l’ennesimo: citare teorici marxisti quando la Centrale di Ascolto e Protezione Dati era oramai di sicuro in ascolto. Il discorso aveva senso, però.
L’Intelligenza artificiale a lungo aveva aumentato la produttività. Troppo a lungo. Con la sovrapproduzione di merci e la riduzione dei redditi, il lavoro vivo non solo diventava sempre più subalterno al capitale fisso, ma di fatto era accaduto un effetto sostitutivo tra capitale e lavoro: il capitale fisso, tramite l’utilizzo e l’elaborazione dei dati, incorporava sempre più l’intelligenza collettiva.
I proventi dell’intelligenza artificiale erano rimasti incagliati esclusivamente nello stesso circuito di circolazione del capitale, e nella sua remunerazione. Tecnologia e finanza avevano rafforzato la loro posizione egemonica grazie ad un’alleanza sempre più salda. La finanza veicolava dividendi tecnologici in uno spazio sempre più ristretto e inaccessibile, mentre la tecnologia offriva alla finanza bacini di estrazione sempre nuovi.
Per questo erano tornate le frontiere.
La globalizzazione era diventata strumentale al dominio del diritto privato sul diritto pubblico, l’enorme liquidità immessa dalle banche centrali aveva finanziato la crescita esponenziale del potere dell’impresa privata rispetto al pubblico interesse. Gli stati erano diventati sempre più deboli rispetto al potere congiunto della tecnofinanza. Le barriere all’entrata sempre più insormontabili. Per questo erano tornati i commessi viaggiatori.
Il passeggero X si rivolse con aria innocente al compagno di scompartimento. Gli chiese un commento sull’improvviso crollo delle azioni di uno dei colossi hi-tec quotati a Wall Street. Il passeggero Y esitò un attimo di troppo, prima di rispondere che stava seguendo i titoli azionari della Borsa di Francoforte. Poi si morse le labbra. Con una mossa disperata, il passeggero X aveva sacrificato la Torre per ritrovarsi d’improvviso a poter dichiarare Scacco al Re.
Il passeggero X sorrise soddisfatto.
Il cambio di paradigma dovuto alla crescita esponenziale dei colossi hi-tec durante la tremenda crisi degli anni Dieci non era stato immediatamente compreso. Se alcuni tecno utopisti ancora le portavano a esempio di un capitalismo compassionevole, capace di calmierare le profonde diseguaglianze del globo, e arcigni conservatori le criticavano in quanto estraevano e rimettevano in circolo plusvalore immateriale, in pochi si erano accorti della questione dei dati.
Eppure Andrew Yan-Tak Ng, professore d’informatica a Stanford, verso la fine degli anni Dieci lo aveva detto chiaramente: “Spesso lanciamo applicazioni che non ci porteranno nessun profitto tangibile, ma ci porteranno milioni di dati che utilizzeremo e metteremo a reddito in futuro”.
Era un’epoca in cui Andrew Ng poteva ancora passare a lavorare da Google (Stati Uniti) a Baidu (Cina). Fu forse l’ultimo a farlo. Poi cominciò il conflitto.
Tutto ebbe inizio con un fatto all’apparenza insignificante. Un governo dell’est pretese da un colosso hi-tec occidentale che i giganteschi depositi per immagazzinare i dati e le chiavi criptografiche per accedervi, invece di essere trasportate al di là dell’Oceano, rimanessero a oriente.
Quel gesto non era una contesa tra pubblico e privato, come ce la raccontarono. Fu l’inizio di una conflagrazione tra i due emisferi.
Il business su cui puntavano i grandi colossi tecnologici non era, infatti, né il commercio a bassissimi margini, né i servizi apparentemente gratuiti.
Il bersaglio era diventare indispensabili per governi e amministrazioni pubbliche, che in breve tempo sarebbero state obbligate a pagare miliardi di dollari per avere accesso al nuovo oro: i dati estratti dalle migliaia di applicazioni gratuite create dai colossi hi-tec.
Ecco a cosa servivano i commessi viaggiatori come il passeggero X. A trasportare dati durante il conflitto. Da quando le imprese private, sfruttando la circolazione dei saperi prodotta dal general intellect, cominciarono a scavare, si appropriarono di tutti i dati e cominciarono a controllare le macchine statali, la polarizzazione tra emisfero occidentale ed emisfero orientale fu inevitabile.
L’Europa rimase strangolata tra i colossi hi-tec cinesi e americani.
Ecco perché il passeggero Y doveva assolutamente sapere le quotazioni di Wall Street. Rispondere, piuttosto, con la borsa di Hong Kong. Ma non rifugiarsi a Francoforte. Così, si era rivelato al servizio dell’emisfero orientale. Era spacciato.
Alla frontiera un gruppo di guardie private della multinazionale A***** salì sul treno. Entrò nello scomparto e prelevò il passeggero Y.
Il treno abbandonò la valle scarnificata dal progresso e si infilò nel lungo tunnel che l’avrebbe portato oltre la frontiera. Il passeggero X sorrise soddisfatto, e istintivamente si passò una mano sul revers della giacca, sfiorando il microchip.
Il passeggero X era un commesso viaggiatore. Quel microchip, contenente diversi tetrabyte di dati personali da rivendere all’Organizzazione Francofona per la Sanità, era la sua valigetta. Il suo carico di trasporto.
Arrivato all’altra estremità del tunnel, il treno si fermò. Il passeggero X scese, e consegnò il microchip a degli uomini in giacca e cravatta, con occhiali da sole e borsalino.
L’antico paradigma secondo il quale i dati servivano prevalentemente per fini pubblicitari era oramai rintracciabile solo in qualche vecchio articolo per riviste specializzate vergato all’epoca da un tecno entusiasta.
I dati erano stati la materia prima per sviluppare i grandi sistemi di intelligenza artificiale, divenuti indispensabili per la gestione amministrativa e strategica della cosa pubblica.
Ma siccome lo spionaggio di stato era illegale, ogni dato raccolto dal pubblico finiva con l’essere regalato all’impresa privata, che di suo già ne raccoglieva un’infinità e aveva le capacità economiche per costruire gli immensi centri di raccolta e smistamento.
La logistica dei dati personali.
Nessuno aveva prestato ascolto a David Harvey. O a Evgenij Morozov. Nessuno aveva provato a nazionalizzare i dati finché era in tempo.
E neppure a imporre una socializzazione dei proventi ricavati dall’utilizzazione dei dati, tramite imposizione fiscale. Gli stati erano già troppo deboli. Il pubblico aveva ceduto il passo al privato.
E così, l’estrattivismo digitale fece l’ultimo e decisivo salto quantico. Tecnologia e finanza si fusero. La prima offriva i nuovi bacini di estrazione, la seconda ne veicolava dividendi in uno spazio inarrivabile. Il diritto privato aveva avuto la meglio, e regolava oramai la vita quotidiana.
Questo pensava il passeggero X, quando vide gli uomini in giacca, cravatta, occhiali da sole e borsalino consegnare il suo microchip a un ometto insignificante che non ebbe difficoltà a riconoscere. Era il passeggero Y.
Lo avevano fottuto. Il passeggero X sentì un improvviso calore al petto e si accasciò al suolo.
Il treno ad alta velocità fluttuava leggero sospeso sui binari.
Stretto nel suo completo grigio chiaro di alta sartoria, il passeggero Y alzò la testa da tablet e sorrise. Da quando erano ripartiti all’uscita dal tunnel, nell’enorme scompartimento a quattro posti della Prima Classe Deluxe era salita solo un’altra persona: il passeggero Z. Aveva tutta l’aria di essere anche lui un commesso viaggiatore.
Il passeggero Y pensò a quale discorso cominciare per fare in modo che l’algoritmo della Centrale di Ascolto e Protezione Dati si mettesse in funzione. Doveva fottere il passeggero Z.

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