Decodificare il presente, raccontare il futuro

RECENSIONE


ven 20 novembre 2020

ECONOMIA SENTIMENTALE

L’ultimo libro di Edoardo Nesi è una sorta di viaggio a riveder le stelle tra i meandri del proprio passato e gli spiragli di un futuro che non è mai stato così incerto. Ma ben oltre la dimensione intima, il discorso diviene corale e si staglia su un orizzonte di condivisione collettiva di dubbi, paure e urgenti alternative.

«Economia». Dal greco oikonomia, composto di oikos – “dimora” – e nomos – “legge”. Quindi: amministrazione della casa o, in senso più lato, insieme di regole condivise per la buona tenuta dell’ambiente in cui si vive.
«Sentimentale». Dal latino sentimentum, sentire. Quindi: ciò che riguarda i sentimenti, il percepire con i sensi e, per estensione, con abbandono malinconico, idealistico e poetico.

Economia sentimentale, l’ultimo libro di Edoardo Nesi uscito da poco per la Nave di Teseo, è una sorta di viaggio a riveder le stelle tra i meandri del proprio passato e gli spiragli di un futuro che non è mai stato così incerto, nel mezzo della pandemia che sta affliggendo il mondo intero.

Ma ben oltre la dimensione intima, il discorso diviene corale – perché l’autore attraversa luoghi e interagisce con voci altre – e si staglia su un orizzonte di condivisione collettiva di dubbi e paure che gravano su questo momento storico.

La voce narrante coincide con quella dell’autore, il cui vissuto è legato tanto alla scrittura letteraria quanto al suo passato d’imprenditore nel settore tessile che Nesi ha raccontato nel suo romanzo Storia della mia gente (Premio Strega 2011), e riavvolge il nastro sull’annus horribilis 2020, quello di cui purtroppo non si vede ancora la fine, intervallando un bilancio esistenziale – alimentato da vecchi ricordi – all’urgenza di trovare risposte da cui ripartire.

I primi contagi, il propagarsi del virus, poi il la quarantena, con i suoi ritmi tanto sospesi quanto accelerati da una crisi recessiva che comincia a irrompere fin da subito sul sistema, nella vita delle persone. Nesi dialoga con i suoi vecchi amici imprenditori, da cui si sente tanto lontano – ha ormai abbandonato da tempo quella strada – quanto legato a filo doppio, perché quella storia è anche la sua. E tuttavia questi incontri, ben lungi dal dargli risposte, lo bersagliano di domande.

Allora il dialogo più fitto è intrapreso con Enrico Giovannini, che per Nesi è ben più che un noto accademico ma un mentore a tutto campo, una sorta di Virgilio in questo cammino lastricato d’incognite infernali. E Giovannini risponde, orientando le riflessioni del suo interlocutore su un avvenire speranzoso, ma ribadendo anche che senza una netta inversione di marcia la società per come la conosciamo è destinata a collassare una volta per tutte. Perché la pandemia ha portato a galla contraddizioni enormi, già pronte a esplodere prima ancora che il virus accendesse la miccia.

Tre, dunque, sono le vie che si prospettano secondo Nesi e Giovannini:
- Un proseguo, fatale, del turbo-capitalismo, con i soliti noti che insistono sulla linea del laissez faire, non riuscendo ad accettare l’evidenza di un «un ciclo perfetto e concluso, autosufficiente, autoalimentante», ma «oggi fallito»;
- Un regressivo rinchiudersi a chioccia, sulla scia degli inquietanti revival sovranisti, che prevede ricette isolazioniste all’insegna di una folle retrotopia, con i presunti «buoni che stanno di qua dal muro e i cattivi che stanno al di là e vogliono dare l’assalto. La paura come strumento politico»;
- E infine il sentiero più auspicabile, quello di un’utopia sostenibile, che soltanto un genere umano in preda alla più totale miopia si asterrebbe ancora dall’imboccare: «accelerare la trasformazione, proteggendo i più deboli, accompagnando la transizione verso un nuovo modello di sviluppo, magari obbligando le imprese a rendere conto non solo dei profitti, ma anche dell’impatto sociale e ambientale delle proprie attività».

“Ambiente”, “socialità”. In una realtà dominata da dati e algoritmi, in cui le cifre hanno sostituito progressivamente empatia e componenti umane, e in un pianeta in cui il capitalismo ha estratto tutto ciò che poteva fino a devastarlo, queste due parole devono tornare al centro del discorso politico e del concreto agire.

Poi i fitti dialoghi sul da farsi si interrompono e, come in cerca di una tregua dagli affanni del presente, ritroviamo il narratore a passeggiare per Firenze insieme a sua moglie Carlotta, attraverso i luoghi della memoria che lo riportano all’innocenza di quand’era ragazzo, e più indietro al fanciullo che alberga ancora in lui, e di nuovo avanti alla pubblicazione del suo primo romanzo esposto nelle vetrine della storica libreria Seeber che adesso non esiste più. Dolce nostalgia e profonda tristezza si accavallano senza soluzione di continuità, stemperate soltanto dal vivace ottimismo della sua compagna.
Sono il figlio e l’erede di una rovina, io, non il padre. Vengo dal crollo fragoroso d’ogni certezza che m’era stata tramandata, prima tra tutte quella della ricompensa in fondo alla strada dell’impegno, e da vent’anni debbo guardare attonito lo svilupparsi tumorale d’un sistema economico e finanziario insensato e corrotto. […] Io son questo. Questa sconfitta, questa rabbia e questo destino.

La pandemia ha dunque accelerato la resa dei conti, individuale nella vita che viene a chiederti il saldo, collettiva nel percepire insieme le storture che ci circondano. E se il ricordo di un padre cristallizzato nel passato appartiene all’archetipo narrativo di un’epoca che volge al termine, le riflessioni su un presente convulso spingono per trovare una via d’uscita: «non so se è un futuro che posso abbracciare, o meglio imbracciare, come se invece d’un’idea fosse un fucile, perché per farlo prevalere ci sarà bisogno di combattere».

Il narratore Nesi conosce a menadito il concetto di “economia reale”, perché il suo vecchio lavoro consisteva nel parteciparvi attivamente, determinandola. Sa bene il significato di parole quali “investimento”, “manodopera”, “bilancio”, “costo”, “fatturato”. Eppure, adesso, nel raccontare e dire la sua compie una scelta ben precisa fin dal titolo del libro: quella di accostare alla scienza egemone l’attributo di “sentimentale”; quella di opporre al cinico realismo dei numeri l’idealismo di un’alternativa possibile che privilegi l’empatia umana e il benessere collettivo alla logica del profitto.

È un intento poetico, è un manifesto politico. Da spartire con il lettore, per sentirsi e farlo sentire meno solo.


Edoardo Nesi ha pubblicato Fughe da fermo (1995), Ride con gli angeli (1996), Rebecca (1999), Figli delle stelle (2001), L’età dell’oro (2004), Per sempre (2007), Gianna Nannini. Stati danima (2009), Storia della mia gente (2010, Premio Strega 2011), Miracolo inevitabile (2011), Le nostre vite senza ieri (2012), L’estate infinita (2015), La mia ombra è tua (2019). È il traduttore italiano del romanzo di David Foster Wallace Infinite Jest. Ha scritto e diretto il film Fughe da fermo (2001).
Economia sentimentale è il suo ultimo libro (La Nave di Teseo, 2020).
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