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MONITOR


gio 30 aprile 2020

CRYPTO: L’ANTITESI DEL CONTROLLO

Ogni dispositivo di sorveglianza, anche il modello H-460 di Crypto Ag e la sua versione ottimizzata, conserva sempre un punto debole, un glitch congenito e inevitabile: il fattore umano. Per questo, anche lo stato e la multinazionale con i dispositivi più potenti del pianeta possono essere fregati. L’agente Smith non è imbattibile, il Leviatano si può sconfiggere.

Prologo [Hong Kong, giugno 2013]

Edward Snowden, l’ex tecnico della Cia e collaboratore del Nsa in procinto di svelare al mondo il più grande programma di controllo di massa del governo americano, è già da tempo ricercato dalle polizie e dai servizi segreti di tutto il mondo.

Sono mesi che manda email crittografate ad alcuni giornalisti, noti per le loro inchieste e a loro volta sotto controllo. Prism, Tempora, e tutti gli altri programmi di sorveglianza che lo stesso Snowden si sta apprestando a denunciare, devono avere per forza avere raccolto una miriade di dati su quello che è già il nemico pubblico numero uno.

Sulla mole di sterco che inevitabilmente sta per rovesciarsi sulla presunta maggiore democrazia del mondo, che da decenni spia ogni movimento dei suoi cittadini. Eppure, non serve a nulla.
Dopo un carteggio mail durato mesi, Snowden riesce a combinare un appuntamento per incontrare in un albergo di Hong Kong, dove è arrivato con un volo di linea, i giornalisti Glenn Greenwald, Laura Poitras e Ewen MacAskill, cui consegnerà migliaia di documenti, poi pubblicati online da «The Guardian» e altre testate internazionali. Una drammatica corsa contro il tempo, e contro i dispositivi di controllo.

Come raccontato dalla stessa Poitras nel suo egregio documentario Citizen Four: un thriller in presa diretta su quattro persone che, pur con delle riconosciute abilità informatiche, riescono per quattro lunghissimi giorni a tenere in scacco i servizi segreti delle più importanti potenze del pianeta. Il controllo non ha funzionato. Il Leviatano è stato eluso, sabotato, sconfitto.


Crypto [l’antitesi del controllo]

La Simulmatics Corporation riesce forse a prevedere ma non riesce di certo a fermare l’esplosione dei movimenti per i diritti civili. All’interno l’America è attraversata da proteste e insurrezioni, alcuni riescono addirittura a “portare la guerra” in casa.

Nonostante si disponga di tutti i dati possibili e immaginabili – nomi, date, connessioni, spostamenti –, nonostante si cerchi disperatamente di influenzare attraverso operazioni di marketing mirate – mezzo secolo prima di Cambridge Analytica – lo svolgimento delle elezioni e le mobilitazioni di strada, la marea non si può arrestare. Kennedy, Martin Luther King Jr., Malcolm X e molti altri devono essere fatti fuori con i vecchi metodi.

Spartan, Thesaurus, Rubicon, i nomi in codice delle operazioni di decrittazione che la Cia mette in piedi negli anni grazie alla vendita delle macchine elettroniche e in seguito dei software di Crypto Ag non riescono, all’esterno, a far vincere agli americani nemmeno una guerra. Certo, hanno avuto il loro ruolo nelle decine di colpi di stato e di dittature organizzati dagli Stati Uniti in giro per il mondo, ma la mole inimmaginabile di dati non è servita a nulla.

Nonostante si stima che potessero intercettare oltre l’85% delle comunicazione segrete in Iran, gli Usa, che avevano appena perso in Vietnam, sono cacciati dall’ambasciata di Teheran. Un’umiliazione in mondovisione che avrà ripercussioni pesantissime. Nonostante abbiano la possibilità di conoscere le sue mosse con largo anticipo, Gheddafi fa il bello e il cattivo tempo: abbatte aerei e prende ostaggi a suo piacimento. Gli Usa non controllano il Pakistan, la Somalia, il Medioriente, il Mediterraneo. Sanno tutto, ma non controllano nulla.

Certo, aiutano l’Inghilterra nella Guerra delle Malvinas, ma bisogna considerare che il principale cliente di Crypto Ag nel dopoguerra è l’Arabia Saudita. Gli americani dovrebbero sapere tutto delle mosse di quello strano alleato, e lo sanno. Eppure il 9/11 arriva lo stesso, imprevisto. Anzi, annunciato dall’attentato al cacciatorpediniere USS Cole. Controllare non basta, raccogliere dati non è sufficiente. Il guadagno economico del capitalismo della sorveglianza è immenso, ma sapere non è potere.

Per comprendere il motivo del fallimento del “colpo del secolo dello spionaggio”, delle procedure di raccolta dei dati e in generale del capitalismo della sorveglianza, non bisogna rivolgersi alle sfere militari. E nemmeno a scienziati o a ingegneri. Ma alla letteratura. Ai libri di Thomas Pynchon, James Ellroy e Don DeLillo, esegeti sublimi della paranoia e del complotto. Al racconto di come qualsiasi tipo di cospirazione sia destinata a fallire perché è organizzata da esseri umani che credono alla cospirazione.

Come dice Alan Moore:
Se fai parte di una lista di obiettivi da eliminare subito stilata dalla Cia, non hai nulla di cui preoccuparti, se invece il tuo nome somiglia a quello di un tizio inserito nella stessa lista della Cia, sei un uomo morto.
È il fattore umano, l’errore inevitabile che impedisce al dispositivo di controllo di funzionare. È la struttura burocratica che processa i dati e che impedisce agli stessi di avere un significato.

È la teoria egregiamente espressa in Libra da Don DeLillo per cui un uomo, quando finalmente arriva nel cuore del panottico, il centro del dispositivo di analisi e raccolta dei dati che permetterebbe di controllare tutto, si rende conto che in fondo deve solo occuparsi di altri uomini.

La vera backdoor del modello H-460 di Crypto Ag e delle versioni successive, il problema, l’errore, non è quindi quello che ha permesso alla Cia per oltre mezzo secolo di decrittare le conversazioni segrete di mezzo mondo. No, il vero glitch, il virus congenito a ogni dispositivo, per quanto possa essere perfetto, è il fattore umano. Che tu sia un esperto informatico, come Edward Snowden, o un uomo qualsiasi, anche lo stato e la multinazionale con il dispositivo di sorveglianza più potente del pianeta possono essere fottuti. L’agente Smith non è imbattibile. Il Leviatano si può sconfiggere.


Epilogo [Roma, Aprile 2020]

È ormai chiaro che nel capitalismo della sorveglianza le big tech – in associazione con, o alla guida degli, stati nazione – non si occupino di comunicazione ma di governance globale. Le multinazionali, pubbliche o private che siano, si occupano della gestione sociale, economica e giuridica dell’intero genere umano.

Non c’è bisogno di concedere a loro ancora più potere, non è necessario consegnare loro ulteriori strumenti per il dominio. Non esiste alcuna emergenza, sanitaria o politica, che possa consentire la fine della libertà, intesa come diritto collettivo all’autodeterminazione dei nostri bisogni, delle nostre affettività e dei nostri desideri.

I nostri dati personali, l’oro nero del capitalismo della sorveglianza, non devono essere ceduti né alle multinazionali né agli stati, le cui linee guida sono le medesime del privato: controllo e profitto, in una dialettica malefica e inestricabile. Il totalitarismo tecnologico, sia in salsa cinese sia in salsa occidentale, è la morte della libertà.

Se nessun potere è buono, nessun server potrà mai esserlo. Contro la sovranità digitale, dobbiamo agire invece per la dispersione. I nostri dati personali, germogli della conoscenza collettiva fin dagli albori dell’umanità, devono inseminare i campi del progresso inteso come diritto alla soddisfazione dei nostri bisogni.

Bisogna riprendere in mano i nostri dati, le nostre vite, i nostri affetti e condividerli con i gruppi di affini e uguali: la libera condivisione della conoscenza è da sempre il motore delle relazioni umane. Della vita degna di essere vissuta, per il benessere dei molti e non per il profitto dei pochi.

E per farlo bisogna sempre tenere a mente la prima regola dell’arte del conflitto. Mai temere il nemico, mai avere paura del potere, neppure se si presenta sotto la forma immanente e totalizzante del Leviatano, pubblico e privato che sia. Il potere è per sua stessa definizione inetto, incapace. Perché il potere è agito da e per conto di esseri umani privi di affetto, desideri e bisogni. Noi, invece, saremo tutto. Le monde est à nous.

The End?
[Qui, la parte prima]
#crypto#coronavirus#controllo#capitalismo di sorveglianza#surveillance capitalism

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