Decodificare il presente, raccontare il futuro

MONITOR


ven 12 marzo 2021

CANDIDO PEDALA

In un imminente futuro disuguaglianze e sfruttamento si sono moltiplicati, e la tecnologia esercita un controllo asfissiante sulle esistenze di tutti. Candido non è più il giovane ingenuo del capolavoro filosofico di Voltaire, ma un rider che pedala senza sosta al soldo dei colossi del delivery. Un misterioso algoritmo è il sovrano indiscusso, sostenuto da un novello Pangloss che appare come un ologramma in ogni angolo della città per ribadire l’ipnotico mantra: «Tutto va bene».

Su gentile concessione della casa editrice pubblichiamo di seguito un estratto da Candido, il nuovo libro di Guido Maria Brera & I Diavoli edito dalla Nave di Teseo.



1.1 Estate – Candido e la città
Un anno prima

Candido pedala, nello zaino ci sono otto pezzi di sashimi misto, due gamberoni in tempura con riso soffiato, tartare di salmone, salsa teriyaki e avocado, e quattro uramaki con tonno, maionese e sesamo. C’è l’ottimismo di un ragazzo che pedala entusiasta verso l’avvenire, i sogni e le speranze di una generazione che corre rapida, senza voltarsi mai indietro. Nello zaino ci sono un’insalata con cavolo viola, carote, ananas, fragole, surimi e peperoni scottati, ci sono sei involtini primavera, otto hosomaki misti con sgombro, seppia, capasanta, granchio, polpo, gambero, anguilla e uova di pesce. C’è un futuro da inventarsi giorno per giorno, un mare aperto all’orizzonte, senza porti cui approdare né fondali in cui gettare l’ancora. Si può solo pedalare, sempre più veloce.

Candido pedala. La potenza si sprigiona dalla coscia alla rotula, giù fino al piede che spinge sul pedale e la passa alla cinghia di trasmissione che la moltiplica. Candido pedala e sorride, è felice. Sono le ultime consegne della giornata, poi potrà tornare a casa e collegarsi con la sua amata Cunegonda. Sono mesi che pensa solo a lei, parla solo con lei. Sogna solo lei. La sua pelle bianca lattiginosa, le forme sinuose, le fossette da diva e le labbra irresistibili, con quel delizioso broncio che allo stesso tempo ti attrae e ti respinge. E ti lascia lì, prostrato, nella stanza, a chiederti come poterne essere degno. La sua voce ferma ma soave, che ti apre e chiude le porte del sogno e ti lascia lì, esausto, a chiederti come poterne avere ancora. Un altro sorso, che plachi la tua sete di amore, un altro pezzetto, che completi la tua collezione di rappresentazioni e di ricordi.

Perché questo è Cunegonda, l’immagine perfetta che Candido ama ogni sera in videochat, quando, terminate le consegne in giro per la città con la sua bicicletta, può finalmente tornare a casa, chiudersi nella sua stanza, collegarsi al social network Voltaire e desiderare la ragazza più bella di tutte. Perché così vanno le cose, così devono andare. In piena libertà, assoluta, generata da un perfetto equilibrio di cause ed effetti che tendono all’armonia universale, amministrata da un infallibile sistema che regola e disciplina la città per il bene dei suoi abitanti.

Si può solo pedalare, sempre più veloce.

Candido pedala, e la città che attraversa non gli è indifferente; è un ragazzo curioso e appassionato, pieno di gioia e di voglia di vivere, spinto sempre un passo avanti dall’amore totalizzante che prova per la sua adorata Cunegonda, la ragazza ideale, l’immagine perfetta. Si sofferma sulle insegne dei negozi, sui colori delle vetrine, respira a pieni polmoni l’aria frizzante dell’estate e osserva quel posto meraviglioso riflettersi sulle vetrate dei grattacieli che si tingono di rosa e azzurro. Tutto è giusto, tutto è completo, non ci sono fratture né contraddizioni.

Candido pedala contento sulla sua bicicletta, volge lo sguardo al cielo e sul maxischermo che riempie l’intera facciata di un altissimo grattacielo a forma di fungo, o di chiodo, insomma di T, e da tempo immemore simbolo e vanto della città, osserva diligente il volto inconfondibile del filosofo Pangloss: la crapa pelata traslucida, il naso un po’ schiacciato, il pizzetto ben curato e quelle strane sopracciglia all’insù. Pangloss vede e provvede, è scritto in stampatello, a caratteri cubitali, lampeggianti. Candido è grato che Pangloss lo veda, e provveda. Quindi, si sistema lo zaino sulle spalle, si abbassa sui pedali e comincia a spingere con ancora maggiore potenza e decisione. Felice che tutto vada per il meglio in quello che è, senza dubbio alcuno, il migliore dei mondi possibili.

La consegne che deve fare, le ultime due della giornata, sono entrambe nello stesso quartiere. Vicino alla Stazione dei treni. Poco dopo la famosa piazza circolare sopraelevata, nata come distretto finanziario e poi trasformata in polo biotecnologico e biomeccanico. Il quadrante nordorientale della città, dove una volta dormivano gli operai che andavano a lavorare nelle fabbriche che punteggiavano la pianura circostante come escrescenze velenose piantate nel terreno, una Stonehenge tossica intitolata al culto della produzione industriale, si era pian piano riqualificato attraverso un inarrestabile processo di gentrificazione: i vecchi capannoni e gli stabilimenti abbandonati erano stati trasformati in studi e loft di tendenza; le officine in negozietti etnici e biologici, o in localini all’ultima moda pronti per l’aperitivo della meglio gioventù che rendeva la città un posto invidiato da tutti.

Dopo la pandemia, e un breve periodo di abbandono dato dal crollo del mercato immobiliare, e dell’economia in generale, il quadrante nordorientale era nuovamente risorto grazie agli investimenti nella rete mobile per le telecomunicazioni a onde millimetriche ed era diventato uno dei centri logistici più importanti per il comparto informatico. Per questo aveva ottenuto lo status di quartiere incluso.


“In realtà ti aspettavamo tra dieci minuti, sei arrivato troppo presto” lo accoglie il ragazzo indiano, baffetti curati, camicia azzurra e pantaloni grigi, quando apre il pesante portone di ferro di un magazzino convertito a laboratorio tecnologico.
“Le chiedo scusa!” esclama sereno Candido, consapevole di avere anticipato i tempi per la troppa fretta di correre a casa a collegarsi con Cunegonda.
“Dobbiamo ancora finire un progetto, se nel frattempo il sushi diventa gommoso saremo costretti a lamentarci” lo incalza l’indiano, impassibile.
“Senza dubbio, sarà mia premura accettare le vostre rimostranze e ammettere la mia negligenza all’azienda” sorride giulivo Candido, felice di soddisfare le esigenze del suo cliente.
“Ok, dammi qua” dice l’altro, prima di confermare sul suo smartphone l’avvenuta consegna e richiudergli in faccia il portone.
“Pangloss vede e provvede, è scritto in stampatello, a caratteri cubitali, lampeggianti.

Lieto di essersi comportato nel modo conforme a quanto prescritto dal regolamento dell’azienda per cui lavora, e quindi della città, avendo ammesso il proprio sbaglio come ogni piccolo imprenditore deve fare, Candido vorrebbe quasi gridare al cielo la sua gioia. Arrivato all’imbrunire e terminata anche l’ultima consegna della sua lunga e fruttuosa giornata lavorativa, cominciata prima dell’alba, ha guadagnato un bel po’ di crediti sociali ricreativi. Ora può tornare a casa e spenderli per collegarsi con Cunegonda; le racconterà di certo di come si è comportato nel migliore dei modi con il ragazzo indiano, ammettendo le proprie responsabilità e senza inventare scuse come fa di solito il suo amico Spillo, ed è sicuro che lei ne sarà fiera, e lo riempirà di complimenti. Che fortuna passare le giornate in giro in bicicletta, respirando aria buona, facendosi travolgere dai colori, dagli odori e dai rumori della città. Candido inspira a pieni polmoni l’aria igienizzata del quartiere e si rimette in posizione: zaino in spalla, mani sul manubrio, gomiti stretti, testa bassa, schiena parallela alla canna. E via a pedalare.

Mentre sfreccia tra le arterie cittadine, superando le macchine elettriche, slittando sulle rotaie e schivando i passeggeri che salgono e scendono dai tram a lievitazione magnetica, riconosce gente felice come lui, che guarda al futuro e s’impegna perché sia meraviglioso. Anche il barbone sdraiato sulla panchina sembra contento, tenendo in mano una lattina di birra calda agita forsennatamente l’altra mano verso di lui, come per dirsi d’accordo con il suo ottimismo. Più avanti, un imbianchino precipita dal ponteggio mentre decora di rosa pastello l’insegna di una pasticceria. E poco distante una bambina piange miserabile come solo i cuccioli sanno essere. Ora l’imbianchino, pensa Candido colmo di gioia, le regalerà di sicuro un dolce, di quelli profumati appena sfornati dalla pasticceria, e lei smetterà di singhiozzare. I due si abbracceranno e tutto tornerà a posto, com’è giusto che sia, nella perfetta armonia universale che regola i bisogni degli uomini.

Abbandonate le strade pulite e scintillanti di quei quartieri inclusi abitati da gente educata e felice, Candido imbocca la circonvallazione, al di là della quale, dal lato esterno, cominciano a intravedersi i vecchi palazzoni in cemento armato dei quartieri esclusi. Dopo la pandemia, quando nuovi virus avevano cominciato a diffondersi per il repentino scioglimento dei ghiacci, l’emergenza sanitaria combinata con l’innovazione tecnologica aveva accelerato la divisione: da una parte tutto è sotto controllo, chiunque entra è sottoposto a rigorosi accertamenti medici e burocratici, dall’altra c’è il medesimo sistema di sorveglianza, ma in fondo ognuno può fare come gli pare. Candido è arrivato nel quartiere in cui è nato e cresciuto, con gli enormi caseggiati sporchi e diroccati che si alternano a terreni incolti dove spesso gli abitanti educati e facoltosi delle aree più belle della città vengono a scaricare rifiuti e a gettar via quello che non usano più. Se i poveri sono i primi a non prendersi cura del posto in cui vivono, pensa amaramente, perché dovrebbero farlo gli altri?

Abbandonate le strade pulite e scintillanti di quei quartieri inclusi, Candido imbocca la circonvallazione, al di là della quale cominciano a intravedersi i vecchi palazzoni dei quartieri esclusi.

Mentre è assorto in questi retti e probi pensieri, Candido quasi non si accorge che, seduto su una poltrona sfasciata di velluto rosso, posizionata sul marciapiede in modo da avere l’ombra nelle giornate più calde dell’estate, Spillo lo sta chiamando.
“Ehi scemo, vieni qui!” grida l’amico di una vita. “Sei andato a vedere quanto è bello il mondo anche oggi?”
Candido guarda quel ragazzo alto e allampanato, le pupille strettissime, con cui è cresciuto fin da bambino, frequentando le stesse classi anche se Spillo è ben più grande, e sa che non deve aprire bocca. Qualsiasi cosa dirà sarà usata contro di lui da quel borbottone lamentoso. Poi però non resiste e comincia tutto contento a raccontare all’amico delle sue magnifiche avventure durante la giornata appena trascorsa.
“Immagino che l’indiano ti avrà dato un rating bassissimo sulla app. E che l’imbianchino caduto dal ponteggio come minimo sia dovuto scappare senza poter andare in ospedale, tenendosi la gamba o il braccio rotto, perché se qualcuno chiamava l’ambulanza scoprivano che era un immigrato con i codici falsificati per lavorare e lo espellevano dalla città. E poi chi dà da mangiare ai suoi figli?” lo arringa sfottendolo Spillo.
“Non combinare nulla tutto il giorno e restare seduto su questa poltrona ti fa vedere il mondo nero” risponde Candido con tenerezza. “Se venissi in giro con me scopriresti che è tutto molto meglio di come lo immagini.”
“Lascia perdere, che tra un po’ mi tocca ricominciare a lavorare anche a me” si rabbuia Spillo. “La chemioterapia di mio padre è più lunga del previsto e abbiamo prosciugato i crediti sanitari.”
Candido vorrebbe rispondergli che è magnifico, che da una brutta cosa come la malattia di suo padre ne possono nascere di meravigliose, come il fatto che Spillo riprenda finalmente a lavorare e possa tornare godere delle bellezze della città. Ma temendo che il compagno lo prenda a calci nel culo tace. E dopo averlo salutato con un gesto della mano s’incammina.
“Stasera vedo Sara, vuoi che le dica di portare un’amica?” grida Spillo mentre Candido si allontana. Poi, senza nemmeno aspettare la risposta dell’amico, si mette a ridere e fa: “Ah, no, è vero! Tu hai già Cunegonda!” e sprofonda di nuovo nella poltrona rossa, allargando le braccia sconsolato.

Certo che ho Cunegonda, pensa Candido mentre si carica la bici in spalla e tra deliziosi odori di aglio fritto e cavoli bolliti comincia a salire a piedi i sei piani di scale per raggiungere il suo pianerottolo. Se ce l’avessi anche tu, invece di spendere tutti i tuoi crediti in scommesse, capiresti. Nel palazzo di Candido in realtà l’ascensore c’è, ma dacché il nostro protagonista ne ha ricordo, ovvero da sempre, sulla maniglia è appeso un arrugginito cartello che reca la divertente scritta a caratteri rossi grazie alla quale ha imparato a leggere: Guasto. “Gi, ghi, gi, uuu, aaasc, t-t, o.” Il libro di testo di una vita.

“Ti ho preparato il tuo piatto preferito” lo accoglie sull’uscio la madre, avvolta nella sua vestaglia rattoppata di cotone pesante, dopo avergli teneramente baciato la fronte. Candido, tutto contento, corre a lavarsi le mani nel piccolo bagno in fondo al corridoio, abbonda con il disinfettante, e si siede al tavolo della cucina, dalla cui finestra si vede la piazzetta del quartiere, pronto a gustarsi il suo piatto preferito. Peperonata con capperi e pangrattato.
“Oggi sono stato in una casa bellissima, da una famiglia che possiede un intero palazzo antico del centro, magnifico, poco dietro il Teatro e la Chiesa gotica” racconta Candido entusiasta, mentre la madre annuisce amorevolmente.
“Mi hanno fatto addirittura entrare nel portone, attraversare un maestoso cortile delimitato da imponenti colonne e con una splendida fontana nel centro, circondata da piante tropicali, dove un piccolo angelo faceva uscire dalla bocca acqua limpida color verde smeraldo, e poi salire per una delle enormi scalinate di marmo che portano ai piani superiori, in cui si trovano gli appartamenti di questa famiglia, uno per ognuno. E qui, attraverso la porta socchiusa dal domestico, ho visto pavimenti di marmo intarsiati di rose, sedie d’argento e un lunghissimo tavolo di cristallo al cui centro troneggiava un enorme cesto di frutta fresca e profumata, e dietro finestre grandi e pulite, grandi più di questa parete!” continua Candido agitando le braccia e descrivendo un arco che trascende la misera cucina in cui si trova.
“Oh, bravo Candido!” esclama la madre, resettandosi in modalità euforica dopo una giornata infernale passata a pulire i pavimenti di altrettanto meravigliosi appartamenti di altrettanto ricche e stupende persone. D’altronde, con un figlio così c’è poco da fare.
“E dimmi, ti hanno trattato bene, amore mio?”
“Certo mamma, pensa che dietro il domestico ho visto anche la signora, la padrona di casa, bellissima, con una grande collana color zaffiro e morbidissimi boccoli d’oro. Sono sicuro che è stata lei ad aggiungere un credito di mancia ai due pattuiti per la consegna” risponde lui.
“Che gentile questa signora, è stata davvero generosa.”
“Davvero, mamma, è stato fantastico. Non va forse tutto per il meglio?”

In realtà Candido non aspetta nemmeno la risposta della madre, e non coglie l’ombra di stanchezza che solca il suo viso, ingurgitato l’ultimo boccone di peperonata, scatta come un razzo verso la sua cameretta per accendere il vecchio computer e connettersi a Voltaire, il social network della città, indispensabile per fare qualsiasi cosa. Prima ancora di riuscire a collegarsi, però, e di passare per tutta la trafila obbligatoria dei motti e degli aforismi di Pangloss, la schermata azzurra del monitor lo accoglie con una brutta notizia: nonostante tutte le ore di lavoro, di giorno come di notte, con la pioggia e con il sole, e nonostante tutta la passione che ci mette quando spinge come un forsennato sui pedali, i suoi crediti ricreativi sono molto bassi.

Nella città vige un sistema economico e disciplinare basato sul controllo della spesa: lo stipendio, le pensioni e le assicurazioni sanitarie sono corrisposte in crediti, la cui contabilità è gestita sempre da Voltaire. Questi crediti sociali interessano però solo le classi meno abbienti, gli abitanti dei quartieri esclusi. Agli altri, agli abitanti dei quartieri inclusi che muovono l’economia, è permesso ancora maneggiare moneta elettronica e fare transazioni finanziarie, altrimenti il mercato sarebbe saturo. I crediti sono un eccezionale mezzo di semplificazione per l’economia, intesa nella sua etimologia di gestione della casa. O un formidabile mezzo di controllo disciplinare, direbbe Spillo, ma lui ha sempre qualcosa che non gli va giù.

Ci sono i crediti alimentari, sanitari e ricreativi, e variano non solo in base alla quantità di lavoro prodotto ma anche ai comportamenti tenuti. Ogni infrazione della legge o della pubblica morale comporta una riduzione degli stessi: quelli ricreativi in primis, poi quelli alimentari e infine, nei casi più di gravi di condotta antisociale, è prevista anche la diminuzione o la cancellazione di quelli sanitari. In questo modo Voltaire premia la rettitudine e contribuisce a creare un forte amalgama sociale. E pazienza se la sola minaccia della perdita del potere d’acquisto fa sì che nei cittadini svanisca ogni desiderio di protestare. In fondo, che senso ha ribellarsi se tutto funziona a meraviglia?

Nella città vige un sistema economico e disciplinare la cui contabilità è gestita sempre da Voltaire.

Candido è sano come un pesce. Giovane e forte, si dedica con passione al lavoro, ed è anche capace di fare di conto e di risparmiare sul cibo e sulle bevande. Quindi, a parte la razione di crediti alimentari e sanitari che gira sul conto dell’anziana madre, che man mano che invecchia guadagna sempre di meno, nonostante lavori ogni giorno, come e più di Candido, non ha speso molti crediti. Ha dilapidato quasi tutto quel che aveva in crediti ricreativi e la spiegazione è molto semplice, ha un nome e un volto magnifici: è Cunegonda, la ragazza virtuale che Voltaire gli ha assegnato. L’immagine perfetta. Una bocca carnosa dalle labbra ondulate, che ogni volta che si apre in un sorriso gli fa mancare il fiato. Due occhi color miele e nocciola che gli trasmettono allegria e gioia di vivere. E quelle fossette, ah, più del broncio, se deve essere sincero, sono quelle fossette che lo fanno impazzire. E poi, a dirla tutta, anche se la madre non lo sa, e non lo deve sapere, ultimamente Cunegonda gli si mostra a figura intera. E ha delle forme così sinuose e perfette, che si allargano e si restringono proprio nei punti giusti, che Candido da qualche tempo la notte non riesce più a dormire per quanto ci pensa.

Una volta collegato al social network Voltaire, come sempre la prima immagine ad apparire sullo schermo è la crapa pelata e traslucida di Pangloss. Il passaggio obbligatorio per i collegamenti alla rete.
“Libertà è partecipazione. E partecipazione è collegarsi a Voltaire” afferma il volto severo e inflessibile che imperversa in ogni angolo della città.
Sui maxischermi incastrati nei palazzi e sui monitor appositamente installati nelle vetrine dei negozi, negli angoli dei parchi e delle piazze, sugli alberi e sui semafori, nelle sale d’attesa e nei corridoi di uffici, scuole e ospedali. “Tutto è bene, tutto va bene. Tutto va nel miglior modo possibile” continua Pangloss, in quei video che non si possono interrompere, come la pubblicità agli albori della rete. Ora che gli annunci e le promozioni sono talmente calibrati e personalizzati, e fatti così bene che sono gli stessi utenti a cercarli e volerli vedere, gli unici jingle imposti da Voltaire per collegarsi sono quelli del sommo filosofo. Ma a Candido tutto questo non disturba. Anzi, non potrebbe essere più d’accordo con quel che ascolta; per lui Pangloss è un vero e proprio maestro di vita, oltre che la persona più saggia e intelligente che conosca, ed è felice che tutta la città la pensi come lui.

Ascoltati altri motti di buonsenso e illustre giudizio, Candido può finalmente proseguire nella navigazione e subito, nonostante i molti messaggi ancora da leggere nelle chat degli amici virtuali, cerca di collegarsi con Cunegonda, che prontamente fa capolino sullo schermo in tutto il suo splendore e la sua magnificenza.

“Mio dolce Candido, mio amato. Ascolta il tuo cuore, esso conosce tutte le cose” esordisce la ragazza, appena la connessione video è stabilita. Gli occhi color miele e nocciola bucano lo schermo e si posano a pochi centimetri da quelli di Candido, che trasognato fatica a respirare, la pelle che sembra uscita da un bagno nel latte si fa eterea e riempie la stanza di profumi deliziosi. Finalmente Cunegonda è lì, a un passo da lui, lontanissima da lui, bellissima come sempre. O forse di più. L’emozione di Candido è palpabile, i battiti del cuore accelerati mentre con lo sguardo cerca di rubare ogni istante e imprimerlo per sempre nella sua memoria.
“Mia adorata Cunegonda, luce dei miei occhi e fonte da cui sgorgano i miei pensieri” sospira, ammaliato da tanta leggiadra bellezza, indeciso se preferire il broncio o le fossette, per cosa impazzire. “Ho atteso fino a ora per poterti vedere. Per tutto il giorno mentre ero in bicicletta, su e giù per la città a consegnare cibi e bevande, non facevo altro che pedalare sempre più forte perché questo momento arrivasse il prima possibile.”
“Lo so, mio tenero e delicato amore. Anche io aspettavo con ansia il tuo ritorno” risponde lei, sbattendo civettuola le ciglia. Cunegonda parla da una stanza molto più bella e grande della sua, molto più colorata e luminosa. Candido è sicuro che abiti in uno dei quartieri inclusi, perché altrimenti tanta bellezza non si potrebbe spiegare. È sicuro ma non può saperlo, perché le regole di Voltaire impediscono che nelle videochat tra innamorati ci si scambino indirizzi, crediti sociali e codici della vita reale. La privacy serve a tutelare e a proteggere.
“Sono qui, sono qui per te. Sono qui grazie a te!” grida quasi Candido, che ha già dimenticato tutto quello che esiste prima e dopo di lei, fuori da lei, e si è fatto imprigionare dall’eterno presente dell’amore. Gli occhi spalancati, le dita tremanti che non sanno se provare a toccare quell’immagine perfetta o torcersi per l’emozione, come finiscono sempre col fare.
“Guarda, l’ho indossato per te, sei contento?” dice la ragazza con estrema sincerità, molta timidezza, quasi vergognandosene, mentre mostra il grosso anello che tiene al dito. In realtà quell’orrendo cerchio di latta, giallo paglierino più che dorato, non si potrebbe nemmeno definire un gioiello: è un brutto oggetto di bigiotteria, ma è comunque tutto quello che Candido ha potuto permettersi, spendendo ben cento crediti, più di un’intera giornata di lavoro, per poterlo ordinare online e farlo spedire a Cunegonda.

Finalmente Cunegonda è lì, a un passo da lui, lontanissima da lui.

“Oh, mia adorata” sospira Candido, grato all’universo e a tutte le meraviglie del creato che alla sua ragazza sia piaciuto il regalo. Sono proprio quell’ingenuità, quella ritrosia a mostrarsi, nonostante sia così bella, che hanno fatto innamorare Candido. Lo ha scritto anche nel questionario che compila ogni mese per Voltaire. E nonostante questo, lei è ancora vera e genuina come la prima volta.
“Oggi purtroppo ho poco tempo, e pochi crediti” ammette Candido colmo di vergogna, sapendo che la promessa di aumentare il ritmo di lavoro e guadagnarne di più è una cosa che un uomo come lui deve solo mantenere, e non certo sbandierare, se vuole essere degno di una ragazza eccezionale come Cunegonda.
“Non preoccuparti, amore mio, ti mostrerò qualcosa che non ti farà scordare di me, almeno fino a domani.” E così dicendo la sua proiezione olografica appare nella piccola stanza di Candido, tra il vecchio lettino di legno in cui dorme fin da bambino e la scrivania di plastica bianca che ha recuperato grazie all’aiuto di Spillo da un appartamento che stava per essere sgomberato.

Il volto di Cunegonda, le sue labbra carnose e imbronciate, sono lì a un passo da Candido, quasi lo sfiorano, lui arretra al cospetto di tanta bellezza, incapace di gestire l’emozione. Ma è soprattutto il corpo di lei a lasciarlo incantato e stupefatto, come un bambino davanti a un bombolone con la crema e la ciliegia appena sfornato da una pasticceria. Vorrebbe prenderla, toccarla, afferrarla, ma ha paura di rovinarla. Come il bombolone, che una volta morso non è più bello come prima. E quindi si ritrae. L’immagine del corpo della ragazza intanto volteggia per la stanza leggiadra come una dea. Indossa una sottoveste così stretta e affusolata che a Candido pare di sentire con il tatto, e non solo fantasticare, le forme della sua amata.

Emozionato, quasi paralizzato, il nostro non riesce a muoversi dalla sedia, le gambe rigide, il cuore in gola, mentre Cunegonda, con una serie di aggraziate piroette, alza il vestito fin quasi all’inguine, trasportandolo nell’iperuranio della felicità.
“Ah, l’amore, lo si può immaginare soltanto amando” sospira Candido prima di cadere stravolto sul letto per concedersi il giusto, seppur breve, riposo dell’uomo che ha espletato ogni suo dovere.
“Ti mando un bacio, amore mio” lo saluta l’immagine olografica di Cunegonda, soffiando sul palmo della mano prima di dissolversi lentamente nel nulla e lasciare Candido, immobile, nel buio della sua stanza per un tempo indefinito che dura quasi fino al sorgere del sole.

E tutto va bene, va proprio tutto bene.



Candido è il nuovo libro di Guido Maria Brera e il primo scritto insieme al collettivo de I Diavoli.

Puoi recarti nella tua libreria di fiducia o acquistarne una copia presso gli store on-line: qui o qui.
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