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MONITOR


gio 2 settembre 2021

ACQUA

Benvenuti nell’antropocene, dove gli esseri umani, dopo centinaia di milioni di anni di cosiddetta evoluzione, sono arrivati qui: hanno una sola borraccia per attraversare il deserto e la stanno svuotando consapevolmente mentre ridono, in preda a una cupio dissolvi senza ritorno.

Materia [matèria]. Dalla definizione on-line dell’enciclopedia Treccani: «nell’accezione più generica, ciò che costituisce tutti i corpi, la sostanza fisica che, assumendo forme diverse nello spazio, può essere oggetto di esperienza sensibile, ed è in generale concepita come esistente indipendentemente dalla coscienza individuale».

Oggi, il tempo per concepire le materie al di là della coscienza individuale e collettiva volge al termine.

acqua

Io vado a vedere i confini della terra feconda,
a Ōkeanós, origine degli dèi, e a madre Tēthýs,
che nelle loro case mi nutrirono e crebbero. (Omero, Iliade, XIV, 200-201)

Quando, nel paleozoico, centinaia di milioni di anni fa, i primi anfibi svilupparono polmoni che gli permisero di respirare l’aria atmosferica e uscirono dall’acqua, erano ignari di quello che sarebbero diventati attraverso mille fasi, tentativi e inciampi evolutivi.

Avessero saputo che si sarebbero un giorno trasformati in esseri umani, sarebbero rimasti per sempre in quel liquido denso e trasparente, capace di accogliere e riflettere ogni tipo di luce, la cui sostanza è di tutti e nessuno. E che l’essere umano oggi invece sta sottraendo a chiunque.

Secondo la Banca Mondiale sono attualmente in corso oltre cinquecento conflitti nel mondo a causa dell’acqua, e molti altri ne esploderanno in futuro. Perché se l’acqua è l’elemento più importante della vita sulla terra, ne stiamo accelerando in ogni modo la sua scomparsa.

L’acqua dolce, potabile, rappresenta solo il 2,5% del volume totale presente sul nostro pianeta e per la sua quasi totalità si trova nei ghiacciai artici. Anzi, si trovava. Perché il loro scioglimento, a causa dell’effetto serra, del cambiamento climatico e del vertiginoso aumento delle temperature, sta rendendo inutilizzabile l’unica riserva d’acqua possibile per il nostro futuro.

I poli, dove si trovano la maggior parte di questi ghiacciai, proprio a causa del loro scioglimento sono diventati i nuovi territori di conquista o le nuove rotte commerciali da attraversare e per cui combattere, causando ulteriori aumenti della temperatura e nuove liquefazioni di acqua dolce che finisce col perdersi nel mare salato senza poter essere più recuperabile.

I primi anfibi dalle remote pareti della storia ci guardano esterrefatti, si arrestano sull’increspare delle onde.

Benvenuti nell’antropocene, dove gli esseri umani, dopo centinaia di milioni di anni di cosiddetta evoluzione, sono arrivati qui: hanno una sola borraccia per attraversare il deserto e la stanno svuotando consapevolmente mentre ridono, in preda a una cupio dissolvi senza ritorno.

Eppure lo sapevamo che l’acqua era importante, fin da subito. Nella Bibbia la parola acqua appare all’inizio, ancora prima della luce. Le civiltà più antiche, oltre a dedicare all’acqua divinità maggiori e minori e poteri creatrici e distruttivi in egual misura, ne fanno subito uno dei quattro o cinque elementi cardine delle loro filosofie. Il segno che la indica si fa matrice di molteplici altri segni più complessi e il nome che la invoca si fa radice di suoni condivisi.

Tanto deve l’essere umano all’acqua potabile che la stessa struttura sociale della modernità da essa è plasmata. Nelle ultime decine di migliaia di anni l’uomo stanziale si è aggregato introno allo Huang Fe o al Gange, al Tigri o all’Eufrate, al Nilo o al Tevere, e questi mitologici corsi d’acqua hanno stabilito la divisione sociale del lavoro alla base della divisione in classi e motore di ogni conflitto e dialettica del progresso.

Putridi e inquinati, in nemmeno duemila anni di dominio occidentale, questi fiumi che già all’epoca valevano nemmeno l’un per cento delle riserve totali d’acqua dolce oggi sono lo specchio del fallimento di un modello di sviluppo: non sono potabili né percorribili.

Sono l’ennesima prova di un possibile errore evolutivo degli anfibi, che centinaia di milioni di anni fa, attoniti, si fanno pensosi.


Oggi un cittadino americano consuma milletrecento metri cubi di acqua ogni anno, un cittadino europeo ne consuma la metà. Un africano in un anno può consumare in media poco più di centoottanta metri cubi di acqua, dieci volte di meno di un abitante di Chattanooga, Tennessee. Alla faccia di dove la vita è nata e si è sviluppata, prima di diventare una pubblicità trasmessa via tubo catodico.

Una bistecca da un chilo sulla nostra tavola ha richiesto sedicimila litri di acqua. Mentre ogni nostra email, ogni nostro messaggio in chat, richiede un ulteriore spreco inaudito necessario a raffreddare i server che ci mantengono connessi, con il duplice effetto di aumentare la temperatura, sciogliere le acque dolci, farle confluire in quelle salate, sporcarle e inquinarle definitivamente con i detriti e i rifiuti energetici.

È sempre bene ricordare che sono oltre due miliardi le persone che non hanno accesso all’acqua potabile. E lo saranno sempre di più, ogni giorno. E lo saremo anche noi, presto. Con l’aumento dei consumi la disponibilità pro capite di acqua potabile a livello globale è passata da novemila metri cubi a disposizione alla fine dello scorso secolo, a ottomila nella prima decade del nuovo e non arriva a cinquemila adesso. E del domani non c’è certezza. Anzi sì, sarà sempre peggio.

Subito arriva la prima risposta, frutto di anni di investimento nelle università e nell’istruzione. Manca l’acqua? E allora privatizziamola, e quotiamola in borsa. Marie Antoinette non avrebbe saputo fare di meglio. E il liquido dalla forma impercettibile e avvolgente, dai colori molteplici e riflettenti, la sorgente della vita sul nostro pianeta, l’elemento che mantiene la vita sul nostro pianeta, diventa un future a Wall Street.

Un aggeggio finanziario, una scommessa speculativa, un valore tossico, come l’inquinamento che la pervade e la prosciuga. Gli anfibi si guardano tra loro, perplessi, e cominciano a confabulare.

Sono almeno venticinque milioni le persone che ogni anno sono costrette a migrare a causa dei conflitti scoppiati in seguito ai disastri naturali, ai cambiamenti climatici, alla scomparsa delle acque. Sono venticinque milioni di persone senza acqua destinate a non trovarla più e ad aggiungersi all’immensa popolazione degli assetati, pronti a invadere o a evacuare l’impero.

La stessa guerra più importante che si combatte oggi, il conflitto siriano, responsabile di un enorme disastro umanitario, dietro le beghe imperialiste della geopolitica a fasi alterne e transizioni alternate, dietro il paravento delle guerre di religioni, nasce da un problema ben preciso: la fine dell’acqua. Tra il 2006 e il 2010 la Siria ha vissuto la peggiore siccità mai registrata nella sua storia, provocando un’enorme diaspora dalla campagna ai centri urbani.

I milioni di siriani che hanno affollato le grandi città come Aleppo e Damasco si sono però trovati senza quelle tutele e quel welfare che s’immaginavano di avere. Il regime neoliberale di Assad, le sue riforme in salsa occidentale, avevano infatti azzerato ogni tipo di stato sociale. La miccia era accesa, l’esplosione imminente poteva solo deflagrare.

Gli anfibi annuiscono, hanno preso una decisione: girano le chiappe, tornano in acqua. Fanculo all’evoluzione, all’uomo, all’antropocene. È così bella l’acqua, così buona, così dolce. Perché privarsene per colpa di quel bipede deficiente e della sua cupio dissolvi?
#materia#acqua#spoliazione#ambiente#antropocene

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