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mer 8 gennaio 2020

LE MASCHERE GLOBALI DELLA RIVOLTA: V PER VENDETTA

Le nuove generazioni urbane e iper-connesse stanno re-inventando la politica dei secoli a venire su una prospettiva globale, attingendo a un ampio repertorio di pratiche, immaginari e simboli comuni. Tra quest’ultimi i più ricorrenti sono alcune maschere della cultura pop, la cui apparizione ha contraddistinto tre cicli diversi di lotte, a ogni latitudine. Il primo è stato inaugurato nel segno di Guy Fawkes, o meglio: "V per Vendetta".

Gli anni Dieci del Ventunesimo secolo sono stati segnati da un’interminabile sequenza di sommosse e rivolte che hanno incamerato nel loro immaginario e nella loro estetica del conflitto una serie di maschere derivanti dalla cultura pop. A inaugurare questa simbologia è stata quella di V per Vendetta, mutuata dalla figura di Guy Fawkes, il celebre cospiratore britannico e artefice della "congiura delle polveri".

Lo scenario è quello di un incrocio in una metropoli qualsiasi. Le automobili rovesciate giacciono carbonizzate ai lati delle strade. Barricate di fortuna – cassonetti, transenne, materiali da cantiere o arredo urbano generico – crepitano tra le fiamme. Un gruppo di manifestanti si fronteggia con la polizia in assetto antisommossa. Da una parte si lanciano pietre e molotov; dall’altra grandinano lacrimogeni, flashball o granate stordenti.

Con l’intensificarsi degli scontri, la repressione si fa spietata: a volte qualche agente estrae la pistola e spara. Altre volte è l’esercito ad aprire il fuoco. Telecamere e telefoni registrano minuziosamente l’evento, i media lo trasmettono in diretta, i canali all-news lo ripropongono allo sfinimento, cittadini e utenti lo replicano infinite volte sui social network.

La scena potrebbe svolgersi indifferentemente ad Atene, Tunisi, Rio de Janiero, Madrid, Beirut, Barcellona, Amburgo, Hong Kong, Baghdad, Roma, Santiago, Londra, La Paz, Istanbul, San Juan, Ferguson, il Cairo, Parigi, o Teheran.

Anzi, ancora meglio: quella scena si è già svolta. L’abbiamo già vista.
Gli anni Dieci del Ventunesimo secolo sono stati segnati da un’interminabile sequenza di sommosse e rivolte, che per l’antropologo francese Alain Bertho (autore di diversi saggi sul tema e di un blog che traccia i riot in tutto il mondo) sono «una dimensione inevitabile di questo presente che ci scuote e ci acceca», nonché una «chiave di lettura necessaria della nostra epoca».

È quasi indifferente che la scintilla scatti con l’aumento dei prezzi dei biglietti della metro o del carburante, con una proposta di legge, uno scandalo, o ancora con l’annuncio di una tassa su qualcosa; l’importante è che scatti.

Ogni sommossa, per Bertho, di fatto «inventa la politica dei secoli a venire». E il compito di costruirla spetta soprattutto «alle nuove generazioni, urbane e iper-connesse», che lo stanno facendo in una prospettiva globale, attingendo a un ampio repertorio di pratiche, linguaggi, immaginari e simboli comuni.

Tra quest’ultimi, i più ricorrenti sono alcune maschere ricavate dalla cultura pop – la cui apparizione ha contraddistinto tre cicli diversi di lotte a ogni latitudine del globo, intrecciando continuamente realtà e finzione in un gioco di specchi molto indicativo del decennio che stiamo per lasciarci alle spalle.

1. «I see no reason why Gunpowder treason should ever be forgot!».

Il 21 gennaio 2008 su YouTube compare un video intitolato “Messaggio per Scientology”. La voce sintetica avverte i leader della setta: «Salve Scientology, siamo Anonymous. Negli anni vi abbiamo osservato da vicino. […] Per il bene dei vostri seguaci, per il bene dell’umanità, e anche per il lulz, vi cacceremo da internet e smantelleremo la Chiesa di Scientology nella sua forma attuale».

La chiamata alle armi del gruppo di hacktivisti – spuntato fuori dal «buco di culo dell’Internet», ossia 4chan – ha una data: il 10 febbraio dello stesso anno. Quel giorno, migliaia di persone in tutto il mondo si presentano davanti alle sedi di Scientology per protestare.

Uno di loro, negli Stati Uniti, è fotografato mentre ha una telecamerina in mano e un cartello che recita: CHIEDIMI PERCHÉ INDOSSO UNA MASCHERA. Intorno a lui la indossano tutti: è la maschera del cospiratore inglese Guy Fawkes, così come l’ha disegnata David Lloyd in V per Vendetta.
Ogni 5 novembre in Inghilterra si fanno scoppiare petardi e fuochi d’artificio per celebrare la sventata “Congiura delle Polveri” del 1605 – l’attentato che avrebbe fatto saltare in aria la Camera dei Lord con dentro il re Giacomo I, protestante, e i deputati. Il congiurato cattolico e papista Guy Fawkes, grazie a una soffiata, fu beccato nei sotterranei mentre stava per detonare 2.500 chili di polvere da sparo e messo a morte.

La festa è accompagnata da una famosa filastrocca, che invita a non “dimenticare” la congiura. Come ha scritto Wu Ming 4 su Giap, la ricorrenza è strana e i versi contengono un’ambiguità di fondo:

Per quale ragione la congiura non dovrebbe mai essere dimenticata? Per ricordare il pericolo corso dalle più sacre istituzioni inglesi, certo. Ma paradossalmente questo ci dice anche che è sempre possibile minacciare tali istituzioni quando si “assolutizzano”. Il margine interpretativo rimane aperto.

Negli anni ‘80, Alan Moore ha ripescato la figura popolare di Guy Fawkes – e la sua congiura – in V per Vendetta, mantenendone comunque l’ambivalenza.

Il protagonista V, che per l’appunto indossa una maschera con le fattezze di Fawkes, è un anarchico che punta a rovesciare in solitaria il regime fascista che governa un'Inghilterra distopica. Ci riesce dopo svariati attentati, immolandosi nell’ultimo che polverizza Downing Street.

Sebbene V riesca a compiere la sua missione, il finale non è affatto confortante. Il crollo istituzionale si realizza, scrive WM4, eppure «non sappiamo se evolverà in anarchia consapevole, cioè in libertà organizzata, o se sfocerà semplicemente nella barbarie e nella sopraffazione indiscriminata». Le tavole conclusive, significativamente, ci mostrano soltanto «un mondo popolato da relitti umani».
Non è così nel film del 2005, diretto da James McTeigue e prodotto dalle sorelle Wachowski. Alla fine, infatti, una folla anonima vestita da V assiste all’esplosione del Parlamento; poi si tolgono le maschere all’unisono, e sotto c’è «ognuno di noi» perché – dice sempre WM4 – «V siamo tutti e l’unica cosa che dobbiamo fare è riprenderci lo spazio del comune che le istituzioni falsamente rappresentative ci hanno tolto».

La dipartita dal senso del fumetto non è indifferente, tant’è che Moore ha disconosciuto il film (come ha fatto con quasi tutti quelli tratti dai suoi lavori). Al di là di questo, la trasposizione cinematografica ha comunque due effetti immediati: contribuisce a popolarizzare enormemente V per Vendetta, e immette nel commercio le maschere di V.

All’inizio del 2008 Anonymous lancia il “Project Chanology”, una serie di attacchi coordinati contro Scientology che culmina nella manifestazione mondiale del 10 febbraio, e invita i manifestanti a «coprirsi la faccia per evitare di essere identificati dai nemici».

La scelta ricade naturalmente sulla maschera di Guy Fawkes: c’entrano sia un meme nato nel 2006 su 4chan – l’Epic Fail Guy, un omino stilizzato che fallisce in tutto e ha il volto di V – sia il film. Un Anon, ad esempio, ha raccontato al «Boston Globe» che «l’immagine di una folla che marcia verso il Parlamento con uno spirito di protesta, quel muro di maschere, ha certamente riscosso la simpatia tra chi è contrario a organizzazioni come Scientology e anche al governo».

Con l’esplosione della Grande Recessione del 2009 e l’acuirsi della crisi, la maschera si radica ancora di più nel mondo reale. Negli Stati Uniti la si vede nelle proteste contro l’austerity in Wisconsin nel febbraio del 2011, poi a Occupy Wall Street nel settembre dello stesso anno. Un mese dopo, Julian Assange – il fondatore di WikiLeaks, allora all’apice della popolarità – si presenta alla mobilitazione di Occupy London Stock Exchange coprendosi il volto con la maschera di V.

Ovviamente il fenomeno non è limitato al mondo anglossassone, anzi; il volto stilizzato di Guy Fawkes si diffonde ovunque, in contesti molto diversi tra loro.

In Italia compare nelle piazze del popolo viola, della sinistra radicale, del M5S, dello Zoo di 105 e persino nelle immagini della “controinformazione” complottista. In Spagna nelle acampadas del 15-M. In Grecia a piazza Syntagma, mentre Atene è scossa dai riot contro la Troika. In Tunisia, Egitto, Bahrein (solo per citarne alcuni) nel corso della primavera araba. In Turchia a Gezi Park, nel 2013. In Brasile durante le proteste alla vigilia dei mondiali di calcio del 2014. E la lista potrebbe andare avanti ancora a lungo.
Dopo aver attraversato un lungo e laborioso processo culturale – che parte dalle leggende popolari inglesi, passa per il fumetto e il cinema e finisce nella memetica – Guy Fawkes è diventato un sinonimo concreto di ribellione generalizzata. Nessuno poteva prevederlo, certo, tanto meno i due creatori originari di V per Vendetta.

In un’intervista alla BBC il disegnatore David Lloyd l’ha paragonata al ritratto di Che Guevara fatto dal fotografo Alberto Korda, dicendo che «la maschera di Guy Fawkes è ormai un marchio, un simbolo da usare contro la tirannia, e sono molto felice che le persone la usino. È decisamente unico che un’icona della cultura popolare sia usata in questo modo».

Alan Moore, in un dialogo con il «Guardian», ha provato a spiegare come il suo personaggio sia riuscito a connettersi con i cicli di lotta dei primi anni Dieci – influenzandoli soprattutto sul piano estetico.

La maschera, per lui, «trasforma le proteste in performance; crea un’atmosfera di romanticismo e dramma. Voglio dire: l’atto di protestare, il partecipare a una manifestazione, può essere molto impegnativo ed estenuante, e a volte pure lugubre. È una cosa che va fatta, ma questo non vuol dire che sia una cosa piacevole – e invece dovrebbe esserlo».

Il merito dei manifestanti che hanno indossato la maschera, continua Moore, è quello di «aver reso la loro ribellione un qualcosa con cui il grande pubblico può rapportarsi con più facilità rispetto alle solite noiose forme di protesta. Questa gente sembra che si stia divertendo, e ciò lancia un messaggio di una potenza incredibile».

Il fumettista rileva infine un aspetto “peculiare” di questo fenomeno: è come se «un personaggio che ho creato trent’anni fa sia in qualche modo scappato dal regno della finzione». Quello che è ancora più particolare, tuttavia, è che nel corso degli anni Dieci V non sarà l’unico personaggio immaginario ad avere un impatto sul mondo fisico.

Nel solco tracciato da V si inseriranno con pari prorompenza i volti di Dalì e Joker.
[to be continued...]
#maschere#rivolta#guy fawkes#v per vendetta#riot#alan moore

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