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RECENSIONE


mar 4 ottobre 2016

HELLO, FRIEND

Mr Robot fa le domande giuste per capire esattamente come cambieremo il mondo

Mr Robot è sostanzialmente un’allegoria politica che indicizza il fallimento dei movimenti progressisti volti a mettere in atto un cambiamento su larga scala. (…) Fino ad ora Mr Robot si è rifiutato di decidere se la rivoluzione di fsociety sia un bene o un male. Ma questo è un fatto positivo. Questa incessante rappresentazione popolare-culturale del capitalismo e della resistenza allo stesso, ci chiede di pensare alle nuove forme che potrebbero nascere da un radicale affronto al capitalismo. Di: Jen Hedler Phillis – Pubblicato su Jacobin Mag, che ha gentilmente concesso a “I Diavoli” di tradurlo.
“Hello, Friend”. È la prima riga di Mr. Robot, il suo protagonista, Elliot Alderson, ingegnere nel campo della sicurezza informatica nonché hacker, saluta lo spettatore prima di pronunciare il suo manifesto:
Attenzione questo post contiene spoiler.
Ciò che sto per dirvi è top secret. Un complotto più grande di noi. Parlo di uomini sconosciuti. Uomini invisibili. L’uno per cento dell’uno per cento. Uomini che giocano a fare Dio senza averne il permesso. E adesso, credo mi stiano seguendo.
Questi 30 secondi di apertura servono a stabilire i due centri di gravità di Mr Robot: l’1 per cento sta distruggendo il mondo, e il nostro narratore non sa distinguere la realtà dalla fantasia.

Il successo ottenuto l’anno scorso da Mr Robot di Sam Esmail è stato una sorpresa: non solo la serie si discosta dalla solita programmazione proposta da USA Network, con i soliti uomini affascinanti in abiti eleganti, impegnati a violare o a far rispettare la legge, ma chiede anche allo spettatore di simpatizzare per un protagonista anticapitalista e tossicodipendente, considerando che buona parte di ciò che accade nel suo tentativo di smantellare una tra le più grandi multinazionali e creare un grave danno al sistema potrebbe essere frutto della sua immaginazione

Mr Robot ha rubato la prima serata a Revolution e la sinistra dovrebbe prestare attenzione a ciò che ha da dire.

Se Tyler Durden fosse un hacker.

Mr Robot è sostanzialmente un’allegoria politica che indicizza il fallimento dei movimenti progressisti volti a mettere in atto un cambiamento su larga scala. La prima stagione esplora nei dettagli due metodi per trasformare la società proposti da Elliot (Rami Malek, che ha recentemente vinto un Emmy) e dalla sua amica d’infanzia Angela (Portia Doubleday) che lavorano in modo indipendente per vendicarsi della E Corp, una multinazionale troppo grande per fallire.
I protagonisti odiano l’azienda perché è responsabile di un disastro chimico che provocò la morte del padre di Elliot e della madre di Angela. L’azienda, ovviamente, non ha pagato per l’accaduto e i sopravvissuti soccombono sotto il peso delle spese mediche, incassate, convenientemente, anche dalla stessa E Corp.

Nel primo episodio, Mr. Robot (Christian Slater) chiede ad Elliot di entrare a far parte di un collettivo di hacker chiamato fsociety, che si prepara a violare i file della E Corp per cancellare tutte le voci di debito. Una particolarità contraddistingue Mr Robot: nessuno si rivolge direttamente a lui, tranne Elliot e quando Mr Robot parla, spesso i personaggi rispondono direttamente ad Elliot. Lo spettatore si accorge immediatamente di questo dettaglio, ma ad Elliot servirà quasi tutta la prima stagione per rendersi conto che Mr Robot è il suo Tyler Durden.

La tensione generata dai sospetti dello spettatore sull’esistenza di Mr Robot e dall’incapacità di accettazione da parte di Elliot fa sembrare il piano della fsociety di sbarazzarsi del debito un’allucinazione: non possiamo mai fidarci di ciò che vediamo sullo schermo. Il fatto che Elliot faccia uso di sostanze stupefacenti, alimenta il senso di inaffidabilità. Smette di usare droghe da un giorno all’altro prima di irrompere nella server farm della E Corp per installare un Raspberry Pi che avrebbe danneggiato il termostato dello stabilimento e distrutto i dati. La sequenza di allucinazioni dovute all’astinenza è disorientante per lo spettatore, che non riesce a capire se il colpo è un fatto realmente accaduto o se è solo un’altra fantasia del narratore. Angela intanto tenta di convincere un avvocato a richiedere l’apertura del giudizio contro la multinazionale. Convince un manager uscente a testimoniare per chiarire le responsabilità del disastro chimico; quest’ultimo, impressionato dalle sue capacità di negoziazione e dal suo coraggio, la assume. Convinta di poter far leva sulla sua posizione nella E Corp per ottenere giustizia per le vittime del disastro chimico, Angela accetta ed entra a far parte dell’ufficio relazioni pubbliche proprio quando la fsociety sta portando a termine la sua missione, che manda in crisi l’azienda.

La seconda stagione vede i protagonisti combattere in posizione difensiva: la fsociety non si occupa tanto di intensificare gli attacchi alla E Corp quanto di violare i sistemi dell’FBI per tenere lontane le indagini. Angela ha iniziato a lavorare alla E Corp nell’ufficio per la gestione del rischio ma il suo responsabile sa che è coinvolta nel processo e non si fida di lei quando si tratta di informazioni che potrebbero danneggiare l’azienda. Alla fine ruberà le informazioni che le servono solo per scoprire che le autorità di controllo non sono altro pedine dalla stessa E Corp. Mentre seguiamo le imprese di Elliot e Angela siamo sempre più portati a collegare le vicende di Mr Robot a quelle del mondo reale. Fsociety è Anonymous e Occupy; il logo di E Corp è identico a quello di Enron, così i computer che produce, le assicurazioni che vende e le banche che gestisce la rendono interscambiabile con Apple, Lehman Brothers, e Wells Fargo.

Nella seconda stagione, la produzione ri-taglia, compone e doppia i filmati del telegiornale per aggiornarci sulla situazione del mondo dopo l’attacco informatico. Vediamo Barack Obama dire: “Oggi l’FBI ha annunciato che Tyrell Wellick e fsociety sono coinvolti in questo attacco.” (No, il presidente, nonostante la sua vicinanza ai media, non ha registrato la scena di persona). Immagini di rivolte e scioperi popolano i servizi dei telegiornali sulla crisi in corso. Edward Snowden commenta le indagini dell’FBI. La presenza, nell’intreccio di Mr Robot, di figure della scena politica contemporanea aumenta la sensazione di prendere parte ad un’allucinazione. Il mondo di Mr Robot è quello in cui viviamo, con alcune piccole differenze. Questo permette ad Esmail la drammatizzazione delle due linee di attacco scelte dalla sinistra americana negli ultimi anni, la protesta e il cambiamento dall’interno, e di come siano state deviate o inglobate dall’unione del potere del capitale e del potere dello stato. Sia la fsociety che Angela si trovano a dover combattere più direttamente con gli elementi del potere di stato piuttosto che con il loro vero obiettivo, il capitale finanziario, rispecchiando le vicende del movimento Occupy e della campagna Sanders. Dopotutto, Occupy non fu sgomberata da Goldman Sachs ma dalla polizia, con la scusa della pubblica sicurezza. I nuovi tentativi di occupare il parco e di costruire altri campi permanenti sono stati bloccati dalla polizia e non dal capitale.

Allo stesso modo, nulla è cambiato alla DNC. Ascoltando i discorsi di Hillary Clinton durante la campagna elettorale o guardando il suo insulso candidato alla vice presidenza non vi accorgereste mai che un’insorgenza socialdemocratica gli ha rovinato la festa quest’anno. E sebbene la speranza sia ancora viva per i candidati del “down-ticket” il problema del lancio di Our Revolution sottolinea la difficoltà di mettere in atto il cambiamento partendo dall’interno di un partito capitalista.

Ma considerare Mr Robot come una serie che riprende fedemente la vita contemporanea non rende l’idea. La tetra immagine della rivoluzione contemporanea dipinta da Esmail non è pensata per deprimerci bensì per costringerci a prendere coscienza del nostro modo di vivere la politica, il capitale e i nostri migliori (e peggiori) impulsi utopici.

Il messaggio è la mediazione

Mr Robot è figlio della cultura popolare. Se Fight Club e American Psycho sono i suoi predecessori, troviamo anche citazioni di Lolita, Ritorno al futuro II, V per Vendetta, Taxi Driver, Raising Arizona, Breaking Bad, Fringe, Alf, e centinaia di altre.

I critici lo chiamano pastiche, un tipo di rappresentazione descritta da Frederic Jameson con l’espressione “parodia vuota”. Jameson sostiene che il pastiche decontestualizza i riferimenti culturali dal loro periodo storico, cancellando la storia, e quindi la politica. La superficie riciclata del pastiche blocca la capacità dello spettatore di schierarsi politicamente con l’opera.

Le persone ragionevoli possono non essere d’accordo con l’affermazione di Jameson. Mr. Robot ci dimostra il contrario in modo sicuramente convincente: usa il pastiche senza mascherare le relazioni tra lo spettatore e la politica; in effetti, gli ricorda che il capitalismo è presente nella sua vita quotidiana.

I momenti finali della prima stagione spiegano bene il punto. Scopriamo che Whiterose, capo del gruppo di hacker cinese Dark Army, lavora con l’amministratore delegato della E Corp, Philip Price. Mentre discutono il successo della fsociety, Price ammette che la E Corp “ovviamente” sa chi ha organizzato l’attacco informatico e che l’azienda avrebbe “trattato il colpevole come da prassi”.

La scena stabilisce due cose: rivela che Whiterose opera ai livelli più alti sia del movimento hacker anticapitalista che del mondo degli affari. Ci mostra anche quanto potente sia la E Corp: sanno chi è il responsabile dell’attacco, e forse sapevano anche che sarebbe avvenuto. Questa onniscienza apparente ci ricorda che “gli invisibili”, citati da Elliot all’inizio della stagione, sono rimasti tali: c’è un altro strato di potere e cospirazione oltre a quello che è appena stato abbattuto dalla fsociety.

Questa scena mette comodamente fine alla seconda stagione, nuovi nemici, nuovi complotti, una prospettiva più ampia, globale. Gioca anche con la nostra ossessione culturale per le teorie complottiste. All’interno dello spettro politico, la gente frustrata si inventa spiegazioni improbabili per i problemi del mondo. Dal New World Order di Alex Jones, agli illuminati, o ai 9/11 Truthers, tutti, destre, centro e sinistre, vogliono un nemico senza volto da accusare.

Ma non abbiamo bisogno di un complotto. Nella vita, come in Mr Robot, qualcosa ci impedisce di raggiungere i veri protagonisti, proteggendo le persone come Whiterose e Price dalla gente comune.

Con la finanziarizzazione dell’economia, siamo costretti a confrontarci sempre più con ricchezza e prosperità virtuali, quali denaro, azioni, bond, ipoteche, piuttosto che materiali. Questo non significa che sia esistito un tempo in cui il capitalismo non era mediato, la forma del denaro come equivalente generale, nelle parole di Marx, è con noi da sempre.

Ma questi strumenti rappresentativi sono esplosi negli ultimi anni. Ad esempio, la crisi del 2008 fu causata da prodotti finanziari che non avevano più alcuna connessione con la cosa in sé: la casa diventa ipoteca, che viene fatta a pezzi, ri-assemblata con altri pezzi di casa e rivenduta. Questi beni vengono poi divisi in pezzi ancora più piccoli, mentre altri investitori entrano in gioco vendendo e acquistando assicurazioni.

La spirale della mediazione continua a salire fino a quando non avremo più a che fare con l’oggetto ma, come nel pastiche, con materiale riciclato completamente disconnesso dall’oggetto che è stato creato per rappresentare. Una rappresentazione quasi impossibile; molto più facile allora far vedere che siano Whiterose e Pirce a tenere le redini. La seconda stagione di Mr Robot usa sempre più questi due ambigui intermediari di potere per portare avanti la storia, presentandoli come i veri nemici di Elliot, quando il vero nemico è la struttura dell’economia. Questo offusca ogni possibile tentativo di intervento politico per Mr Robot.

Ma fino a quando Mr Robot evidenzierà che c’è sempre qualcosa che media la nostra relazione con il potere varrà la pena riflettere sulle politiche della serie, e seguirla.

Osservatore silenzioso

Dal momento in cui Mr Robot si rivolge allo spettatore come “amico”, quest’ultimo viene coinvolto nell’azione sullo schermo. La seconda stagione porta ad un livello ancora superiore il coinvolgimento dello spettatore: quando Elliot viene costretto ad ascoltare il lungo discorso di un terzo personaggio, la sua voce fuoricampo implora lo spettatore di lasciar perdere il discorso e cercare nel proprio appartamento gli indizi per i piani di Mr Robot. Elliot ci chiede di intervenire per comprendere che cosa sta tramando il suo alter ego. Dovremmo fare ciò che ci chiede e applicare le nostre risposte al nostro mondo.

Certo, tali risposte non sono semplici. La morale della serie non sempre è chiara e non viene chiaramente mostrato il costo umano dell’attacco informatico. Sentiamo dal telegiornale che l’attacco ha devastato l’economia, ma Esmail non dice molto di più allo spettatore. Elliot si chiede se la rivoluzione ha avuto effetti positivi, ci vengono mostrate lunghe code ai bancomat ed un enorme mercato delle pulci che sembrerebbe essere l’alternativa economica.

Nulla di tutto ciò sembra toccare i protagonisti, tutti lavorano nel settore dei servizi ad alto livello o come creativi, ad esempio nel campo della sicurezza informatica, delle vendite o delle relazioni pubbliche. Il peggio che gli possa capitare è di dovere attraversare una protesta prima di potersi godere una cena costosa.

La posizione economica dei personaggi, da un lato gli consente l’accesso ad alcuni dei nodi più importanti del capitalismo contemporaneo: Elliot può piantare un virus direttamente sui server aziendali; Angela può accedere ai file della E Corp per documentare i loro errori.

Ma la loro incapacità di mettere in atto un cambiamento positivo e sensato solleva una serie di domande circa i limiti dell’impegno politico e sociale della classe creativa. Un collettivo in rivolta è davvero in grado di ambiare il mondo?

Esmail pone la domanda quando Angela incontra un vecchio amico del padre. La critica per aver accettato la posizione alla E Corp sottintendendo che ha ottenuto le promozioni in cambio di sesso. Lei risponde con rabbia, gettandogli in faccia il fatto che proviene dalla classe operaia: “Tu sei un idraulico. Vero Steve? Quanto tempo hai avuto, sessant’anni? Ed è la cosa migliore a cui sei riuscito ad arrivare?” Nessuno dei due personaggi lascia una buona immagine dopo questa scena, lui è un misogino ripugnante, lei una snob compiaciuta.

Fino ad ora Mr Robot si è rifiutato di decidere se la rivoluzione di fsociety sia un bene o un male. Ma questo è un fatto positivo. Questa incessante rappresentazione popolare-culturale del capitalismo e della resistenza allo stesso, ci chiede di pensare alle nuove forme che potrebbero nascere da un radicale affronto al capitalismo.

Dovremmo organizzare solo quelli che hanno un rapporto “diretto” con la produzione? Dovremmo seguire Kim Moody e concentrarci sulla logistica? C’è speranza per una ribellione che parte dall’interno di un partito politico capitalista? Un’organizzazione frontale come Occupy può creare qualcosa di più di un semplice fastidio temporaneo alle banche? Dovremmo tutti indossare una maschera ed imparare a codificare?

Mr Robot non ha le risposte. Ma considerando che stiamo parlando di una rete televisiva che offriva come miglior scelta la serie giudiziaria Suits, dovremmo accogliere qualsiasi prodotto culturale che sollevi simili questioni, affrontando disuguaglianza economica e illeciti aziendali, e che porti sotto i riflettori la confortevole relazione tra affari e politica. Anche se Esmail non è interessato alla politica dei suoi personaggi, i suoi spettatori lo sono.

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