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RECENSIONE


ven 15 aprile 2016

ATTRAVERSO LO SCHERMO

Mr. Robot, come Alice, oltrepassa lo specchio alla ricerca di risposte

18 APRILE 2016 – Cosa accadrebbe se un conglomerato che possiede il 70% del mercato globale del credito al consumo, una di quelle compagnie “troppo grandi per fallire”, venisse distrutto da un attacco informatico? Ogni traccia di ogni carta di credito, prestito o mutuo per sempre eliminata. Una crisi finanziaria peggiore di quella che abbiamo appena vissuto, il più grande incidente di redistribuzione della ricchezza nella storia. La più grande rivoluzione che il mondo abbia mai conosciuto. Perchè Mr. Robot sia diventato in così breve tempo un fenomeno televisivo, e a suo modo culturale, è da rintracciare soprattutto nella sua capacità di essere nell’attualità più di quanto riescano a farlo le altre produzioni televisive attualmente in onda. Il primo episodio, diretto dal regista di Uomini che odiano le donne Niels Arden Oplev, è stato trasmesso da USA Network lo scorso 24 giugno, pur avendolo reso disponibile su diverse piattaforme online già dal 27 maggio. Una semplice mossa di mercato per testare il polso della situazione prima ancora dell’ufficialità della messa in onda o una presa di posizione in linea con la tematica e il mood della serie?

Dietro Mr. Robot troviamo Sam Esmail, giovane sceneggiatore che per ben due volte si è meritato un posto nella Black List, il sondaggio delle più interessanti sceneggiature cinematografiche non ancora prodotte pubblicato ogni anno a partire dal 2005 dal film executive Franklin Leonard. Protagonista della serie è Elliot Alderson, un giovane ingegnere informatico che lavora come esperto della sicurezza alla Allsafe, compagnia di cybersecurity che vanta tra i suoi clienti la E Corp, una grande corporazione le cui attività di business sono ramificate in molti settori di produzione, a partire dai servizi bancari per arrivare alla produzione di apparati tecnologici. In sintesi, un grande mostro a più teste figlio della società moderna. Elliot è l’antieroe dei nostri tempi: affetto da diversi disturbi psichiatrici, tossicodipendente e sociopatico, il ragazzo qualifica se stesso come un “ingegnere di giorno” e un “vigilante hacker di notte”. Si presenta ai telespettatori invocandoli direttamente, in un dialogo che prosegue per tutti i dieci episodi senza che a noi sia ovviamente data la possibilità di replicare, ma soprattutto di comprendere appieno se quello che vediamo sia effettivamente quello che accade. Il punto di vista di Elliot assorbe noi come la storia, tanto che anche quella che in realtà sarebbe la E Corp diventa per noi e per il resto dei personaggi la Evil Corp. Filo conduttore di questa prima stagione è la realizzazione da parte della fsociety, collettivo di hacker a cui Elliot aderisce non senza iniziali tentennamenti, di un attacco ai danni della E Corp in grado di cancellare tutti i dati dei suoi clienti ed annullare così ogni possibile debito nei confronti della corporazione.

Uno dei primi pregi attribuiti allo show è quello di aver ben rappresentato una comunità, quella comunità informatica finora vista sullo schermo in una maniera distorta rispetto a quella reale, tanto da ricevere l’appoggio e il plauso dei membri stessi per l’accuratezza nella terminologia e nella descrizione dei processi. Oltre ad aver seguito  insieme al resto del cast dei corsi di programmazione, Esmail e gli sceneggiatori si sono infatti avvalsi della consulenza di Michael Bazzell, per 18 anni a servizio del governo statunitense come investigatore di crimini informatici. Tra distopia ed utopia, tra fantapolitica e fantaeconomia, la serie si ispira per la costruzione delle due organizzazioni che si fronteggiano in questi primi episodi, il grande squalo e il piccolo pesce, a fonti facilmente individuabili anche dal meno informato degli spettatori.

Partendo dal logo, la Evil Corp è, per diretta ammissione di Esmail, l’alter ego televisivo della Enron Corporation, multinazionale statunitense del settore energetico protagonista di quello che è stato definito come la “madre” di tutti gli scandali. Tra i gruppi industriali americani più floridi negli anni ’90, nel 2001 la società fu investita da un improvviso ed inaspettato fallimento. Vennero alla luce trucchi contabili, bilanci falsati e società partner, con sede in paradisi fiscali, costituite con lo scopo di evadere le tasse e gonfiare i profitti. A pagare per primi le conseguenze di questo fallimento furono i dipendenti della Enron, licenziati in massa. Molti avevano inoltre convertito i loro stipendi in azioni della società, il cui crollo portò all’annullamento quasi totale dell’intero capitale sociale. Ma la Evil Corp è anche Apple, Microsoft, Google, Dell, Facebook, Instagram, Twitter, tutte quelle società che hanno trasformato, ridotto, semplificato la vita dei consumatori/cittadini, tutte quelle aziende a cui quotidianamente regaliamo una piccola parte di noi, una parola, una foto, un’emozione (o magari dovremmo dire una reazione) che si aggiunge al puzzle della nostra identità digitale. Identità che vale un risultato di ricerca, un annuncio, una mail che offre alla nostra versione digitale un percorso di scelta e di consumo in linea con le preferenze della nostra versione in carne e ossa. Ed è, infine, tutte quelle aziende che pur di macinare profitto decidono, in maniera cosciente, di mettere in pericolo la salute dei propri dipendenti. E non è necessario attraversare l’oceano per trovare esempi di questo tipo di imprenditorialità vorace.
MR. ROBOT – SCHEDA Ideatore: Sam Esmail Regia: Sam Esmail, Jim McKay Cast: Rami Malek, Christian Slater, Carly Chaikin, Portia Doubleday, Martin Wallström, Stephanie Corneliussen, Michael Cristofer Stagioni: 1° (10 episodi), 2° (10 episodi in produzione) Prima visione: USA Network (2015) Prima TV in italiano: Premium Stories (dal 3 marzo 2016) Premi e riconoscimenti 2015 SXSW Film Audience Award (2015), Audience Award for Best Episodic; 25th Gotham Independent Film Awards (2015), Breakthrough Series – Long Form; 2015 American Film Institute Awards (2015), Television Programs of the Year; 20th Satellite Awards (2016), Best Supporting Actor in a Series, Miniseries or TV Film a Christian Slater; 68th Writers Guild of America Awards (2016), Best New Series; 73rd Golden Globe Awards (2016), Best Television Series – Drama e Best Supporting Actor – Series, Miniseries or Television Film a Christian Slater; 6th Critics’ Choice
Se volessimo trovare invece un riferimento reale alla fittizia fsociety, il primo che verrebbe in mente sarebbe sicuramente Anonymous. Partendo dalla maschera che la serie attribuisce al collettivo, un ibrido tra Guy Fawkes, simbolo di Anon per altro già mutuato dal film V per vendetta, e il faccione del wrestler André the Giant disegnato dallo street artist Shepherd Fairey aka OBEY. Anonymous ma anche LulzSec, frangia estremista dietro gli attacchi informatici al sito della CIA e alla Sony Pictures. Eppure dentro la fsociety convergono anche le anime e le ragioni della Primavera Araba (Esmail è di origine egiziana) e di tutti i movimenti di protesta che in questi anni sono scesi in piazza per far sentire la loro voce. Guardando lo show, molti spettatori penseranno forse che personaggi e trama ricordino un po’ troppo quanto già visto nel 1999 in Fight Club. Come lo stesso Esmail ha più volte affermato, del film di David Fincher c’è molto nella serie, partendo dalla musica per arrivare, appunto, alla missione ultima del protagonista. Ma Mr. Robot non è il Fight Club degli hacker e presumibilmente non aspira ad esserlo, soprattutto perchè gli scenari, i mondi in cui si muovono Tyler Durden e Elliot Alderson, sono molto diversi. Eppure la serie condivide con la pellicola un grande merito, quello di aver creato un universo in grado di uscire dallo schermo e acquistare vita propria. In un continuo attraversamento tra realtà e finzione capace di raccontarci quello che siamo e probabilmente anche quello che saremo.
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