Decodificare il presente, raccontare il futuro

TREDICESIMO-PIANO


ven 9 ottobre 2015

SOTTO LA NEVE

"La neve non si posa ovunque"

Due figure geometriche, due rombi. Una donna e un ragazzo sorridenti, in un interno. Un pompiere che spegne il fuoco, senza paura. Tutto il resto è neve. Un manto omogeneo, adagiato sulla superficie. Ma le due immagini, a forma di rombo, quelle resistono alla sua presa.
Quelle due immagini a colori, sono acquerelli. I visi della donna e del ragazzo, la scala in legno alle loro spalle. E la tuta del pompiere, e il fuoco. E anche la neve, anche quel bianco è fatto di pigmenti diluiti nell’acqua.
Ci passo il dito sopra, delicatamente. Posso farlo. L’acquerello è mio. Uno della serie “Under the Snow” di Illja Josypovyč Kabakov. L’ho comprato. Se lo prestassi a un museo, il cartellino direbbe “Collezione privata”. Non ci sarebbe il mio nome, Derek Morgan.
Non sono un esperto di arte concettuale, non sono un contemplativo. Sempre nell’ombra e senza frenesia, ma sono sempre un uomo d’azione. Sono un uomo che governa i fili, un manipolatore, il generale di uno schieramento invisibile. Azione. Eppure il modo di posarsi della neve, questo effetto straordinario, volevo che mi appartenesse.

Volevo passarci il dito sopra, così. Su questa poltrona di pelle, con le maniche della camicia arrotolate e il nodo della cravatta allentato. Ragionare, inseguire pensieri, e passarci il dito sopra.
L’opera di Kabakov dà un senso di immobilità assoluta. Ogni cosa è cristallizzata. Come se le proprietà della neve avessero prevalso sulla tecnica dell’acquerello. L’uniformità della neve, l’uniformità del mondo. Anche per questo mi piace che mi appartenga.
L’illusione ottica del tempo che si ferma. Una glaciazione che fissa lo stato presente delle cose, l’attimo congelato. È questo che fanno i Diavoli. L’immobilità permette di determinare il futuro. Cancellare ogni anomalia e garantire il vertice proprietario di una piramide sociale dalle pareti ghiacciate, non scalabili. È questo che facciamo.
Alla mia destra, il bianco si allunga su tutto quello che riesce. Percorrere il cielo su un aeroplano mi ricorda che nemmeno le nuvole, nemmeno loro si addensano ovunque in maniera uniforme.
Un abbraccio bianco che sembra fermare lo spazio, il tempo: così nell’acquerello sotto il mio dito, così al di là del vetro alla mia destra. Ma pezzi di terra emergono, come il volto della donna e del ragazzo, come l’espressione sicura del pompiere. La massa si accumula in certi tratti, nella maggior parte, ma ne esistono sempre degli altri sui quali il candore dei suoi guanti non riesce ad allungarsi. Nessuna nevicata può davvero cancellare il profilo del paesaggio. È come in questa matassa di nuvole, che lascia cogliere qualcosa della terra. Pochi squarci che bastano per intravedere il panorama. E questi squarci sono gli effetti del Quantitative easing sull’economia reale.
* * *
Il sorriso della donna e del ragazzo, nell’acquerello. L’inflazione europea al consumo ancora in territorio negativo. Ecco cosa si vede, sotto il bianco della neve. Un appezzamento di terreno brullo.
E negli Stati Uniti saltano antiche leggi dell’economia: la disoccupazione scende ma i salari restano compressi. Ed è come se lo vedessi, sotto il bianco delle nuvole.
L’uniforme del vigile del fuoco. Il Giappone sull’orlo della recessione: il Paese che ha stampato più di tutti si ritrova con un Pil di meno 1,2 nel secondo quarter e l’obbligo per la Bank of Japan di fare un altro giro. Ancora stimoli, nuovi artifici, l’inganno di sempre. Quando penso alle scene di certi film sulla finanza, quando vedo trader rampanti piegati a inalare cocaina, mi viene da ridere. La droga non è la polvere bianca. La vera droga è la banconota arrotolata.
Ecco, la neve tutt’attorno non può evitare che questo si riconosca. La spina di una catena montuosa, una frattura verticale sul suolo. Le turbolenze sociali in Europa: dirigenti che corrono seminudi per evitare il linciaggio, nel Paese dove gli operai occupavano le fabbriche, un tempo, e in una Capitale di rivoluzioni si dava l’assalto al cielo, e gli studenti alzavano barricate. Eccolo, un ritaglio fra questi accumuli di vapore.
L’immagine di quel dirigente in fuga dal linciaggio, qualcuno ha scritto che ha la potenza di esprimere la rabbia di uomini e donne che rischiano il posto di lavoro. Invece no, non c’è potenza in immagini del genere. Tutto il contrario. È facile confondere la rabbia con la disperazione, la violenza con l’uso politico della forza. Lo so bene, io.
L’aereo percorre lo spazio e il tempo. Mi lascio dietro chilometri e ore, consegno al passato l’incontro per ratificare il TTIP. Transatlantic Trade and Investment Partnership. Il più grande accordo commerciale di sempre. Non solo. Uno dei tasselli della nuova governance globale.
“New World Order” avevamo detto all’inizio degli anni Novanta. Per garantire quell’ordine abbiamo usato gli eserciti e i cacciabombardieri. Stavolta si tratta d’altro. Stavolta le guerre garantiscono la superiorità dell’Occidente e noi, per portarle avanti, usiamo altri strumenti. Il controllo è la chiave. Un controllo totale, che scende a coprire il mondo come la neve di quest’acquerello.
Eppure nessuna politica monetaria può avvolgere davvero tutto, nelle spire del suo controllo.
* * *
Il QE è un dispositivo: stabilizza il sistema politico finanziario, difende le rendite. La governance del sistema è subordinata a quel dispositivo. Quando l’austerity distrugge le autonomie economiche locali, interviene il QE a iniettare liquidità per garantire la sopravvivenza del sistema. Accarezzo ritmicamente il quadro di Kabakov. Il QE riorganizza la governance dei Paesi che ne beneficiano, instaurando un rapporto di dipendenza assoluta. Ha un potere costituente, laddove impone agli esecutivi di legiferare per rispettarne i dettami. E ha un potere di destituzione, laddove annulla qualsiasi norma locale che ne intralci l’attuazione.
Il QE è una specie di costituzione finanziaria globale, alla quale ogni Paese deve attenersi. Nessuno l’ha votata, però. E l’abbiamo scritta in pochi, marchiandola a caratteri invisibili nei rapporti di forza dell’Occidente. Come ogni costituzione, ha i suoi articoli: riduzione del lavoro a variabile dipendente, compressione al ribasso dei salari, distruzione del welfare, deflazione e stagnazione. Abbatte i costi dell’indebitamento statale, azzerando i rendimenti dei titoli governativi, e così uniforma il debito dei Paesi beneficiari.
Il QE è uno strumento di controllo, e deve rimanere nelle nostre mani. Sono fantasie quelle di certi economisti che parlano di QE per le moltitudini, che auspicano di eliminare l’intermediazione bancaria. Fantasie. Metterebbero a rischio la sicurezza del dispositivo. Il rollio dell’aereo risponde a una leggera turbolenza.
La liquidità dev’essere controllata in ogni movimento, e deve confluire dove serve. Il sistema pensionistico globale ha bisogno del sostegno delle rendite, come gli anziani hanno bisogno del bastone. L’invecchiamento della popolazione e la rarefazione del lavoro salariato conducono, inevitabilmente, alla bancarotta di tutti i sistemi previdenziali. Solo manipolare le rendite e la crescita dei corsi azionari, solo questo può garantirne la sopravvivenza.
Ecco la base del QE: il welfare dell’era fordista è morto, c’è bisogno di iniettare liquidità per definire un sistema nuovo. Una transizione. E se la moneta è un linguaggio, allora il QE è il nostro messaggio di pace. Un messaggio che dice: se la governance è instabile si aprono contraddizioni. A noi tocca inserirci per ricomporle, prima che il cuneo del conflitto e delle forze sociali che predicano il cambiamento ci si vada a piantare.
La neve non si posa ovunque, purtroppo. Bisogna muoversi da rivoluzionari, purtroppo, per essere i primi ad arrivare sulla faglia che si sta aprendo. Bisogna sterilizzare le possibilità di trasformazione.
Il futuro non deve esistere. Oltre il vetro, attraverso uno squarcio nel bianco compatto, si vede che stiamo sorvolando le vette innevate di una montagna. Qualcuno ha detto che nel futuro siamo tutti alti e felici, e che proprio per questo il futuro fallisce sempre. Proprio per questo non potrà essere il luogo felice in cui si tenta di trasformarlo. E non potrà esserci nessun assalto al cielo, quando il cielo è dei Diavoli.
Sopra la neve, sopra le nubi, l’aereo compie una virata. L’acquerello si inclina fra le mie mani. Attraverso il tempo e lo spazio, nell’alto dei cieli. Amen.
Versione inglese: Under The Snow

NEWSLETTER


Autorizzo trattamento dati (D.Lgs.196/2003). Dichiaro di aver letto l’Informativa sulla privacy.



LEGGI ANCHE: