Decodificare il presente, raccontare il futuro

TREDICESIMO-PIANO


ven 9 settembre 2016

PENSANO, DUNQUE SONO. LA VITA NUOVA DEI FLUSSI DI CAPITALE

Sono i flussi di capitale: la forza invisibile che condiziona la vita e plasma ciò che chiamiamo realtà

9 settembre 2016
Il flusso di automobili scorre perpendicolare alle colonne che salgono verso il cielo, fino alla bandiera del Regno Unito. Il semaforo interrompe il movimento. Sistemo meglio il giornale sottobraccio, attraverso la strada per raggiungere la Tate Britain ed è come se li percepissi, tutto intorno a me. Sono “liquidi” e impercettibili come un fluido trasparente, compongono la sostanza in cui su muovono milioni di esseri umani, pesci in un acquario. Sono ovunque, e orientano le nostre scelte. Sono nell’ordito dei tessuti, nel taglio della giacca della donna d’affari che a passo rapido cammina sul marciapiede, facendo risuonare i tacchi bassi sul selciato. Sono nel tempo libero dello studente magro e arruffato, in jeans, che ora sale la scalinata davanti alla celebre galleria d’arte di Millbank, nel cuore di London City. Sono nei pistoni, nel motore del taxi che sfreccia sull’asfalto, reso lucido dalla pioggia sottile di questa giornata di fine estate. Sono negli spazi tra le lettere dei manifesti pubblicitari, sui cartelloni colorati che stonano con l’austerità della Tate. Sono tra le righe di questo giornale, e nella filigrana delle sterline che ho in tasca. È lì che sono nati: nella carta delle banconote, in quell’equivalente universale degli scambi che si chiama denaro. Prima di astrarsi in un movimento ascetico che ha del mistico. Sono i flussi di capitale: la forza invisibile che condiziona la vita e plasma ciò che chiamiamo realtà. Sono invisibili, eppure mi sembra di vederli – adesso – percorrere la facciata neoclassica come neon che animano il timpano, come anime di metallo che in realtà sostengono le colonne della Tate. Sono muti, ma quasi mi sembra di sentirne le voci nella mia testa. O forse sono gli inganni che il tempo gioca alla mente di un vecchio… Un vecchio professore del Birkbeck College, con la giacca di velluto e il giornale sotto a un braccio, il professor Wade che non ha più l’energia del giovane Philip, né l’accento della working class di Liverpool, la città in cui fui bambino e ragazzo. Un vecchio che oggi non avrebbe più l’incoscienza di accettare un lavoro da strategist nella grande banca, lì alla City, per conto di Derek Morgan, il Signore degli inganni.
Nove minuti dopo
Luce fredda nella sala. Luce asettica. Luce che rimbalza sulla carta tra le mie mani e non si lascia assorbire. Sul giornale leggo che una macchina, per la prima volta, ha imparato senza bisogno di essere programmata, osservando soltanto. Ecco la nuova frontiera: l’avvento dell’intelligenza artificiale. Cogito ergo sum, diceva Cartesio. Si riferiva all’uomo e all’insopprimibile facoltà del pensiero che ne attestava, oltre ogni dubbio, l’esistenza. Ora quella prerogativa non è più solo dell’uomo. …Macchine imparano a imparare, mi dico mentre la vista si sfoca e le lettere si confondono sulla carta di giornale… …Macchine incamerano volumi enormi di informazioni, fanno girare algoritmi a velocità inaudita, riconoscono bug e li correggono, metabolizzano virus, incontrano i flussi virtuali di capitale. E sulle fibre ottiche della connessione globale, nel silicio dei chip, nelle reti dei mercati, come nella gigantesca mutazione di un fallout nucleare nasce una vita nuova… indipendente, autonoma, anarchica come solo il principio del vero potere sa essere. Pensano, dunque sono. Alzo gli occhi. Ed è come se vedessi la rappresentazione del mondo per quello che è davvero. L’opera sulla parete lunga è un lampo che squarcia il velo d’inganni. Il Trittico più brutale di Francis Bacon. Tre studi alla base di una crocifissione. Bacon il maledetto, il reietto, il malato, l’omosessuale. Bacon, cantore dei segreti della realtà oltre le apparenze. Le figure nei dipinti sono esseri deformi, e ogni elemento del corpo perde contorno, linee e fattezze per divenire sangue, ossa, tessuto, organi nudi. Sono mostri deformi, perché deforme è questa vita nuova nata dall’incrocio tra tecnologia e astrazione del denaro. E deformante è l’effetto della sua azione sul mondo. Quando i flussi di capitale sfociano impetuosi, lì scintillano le mille luci delle metropoli. Deperisce e muore nell’abbandono, nel buio e nel silenzio ciò da cui si allontanano. Ma anche le metropoli si piegano alle forme nuove che questa matrice segreta impone. Le metropoli si rompono, si scompongono, si lacerano secondo le fratture d’irricomponibili conflitti. Periferie sempre più isolate, come discariche a cielo aperto, si oppongono a scintillanti centri di lusso e servizi. Le figure nei dipinti gridano dolore e angoscia. Terrore esprime la creatura del secondo pannello, rannicchiata, con i denti che scappan fuori dalla bocca dilatata, fra schizzi di sangue. Dolore e angoscia è ciò che diffondono nel mondo le forze invisibili, alterando le forme dei territori e piegando i volti di uomini e donne in smorfie di sofferenza. La manodopera delle città si rannicchia, in un rumore stridente, scacciata dalla cavità in cui progressivamente i capitali si rovesciano. Le periferie vengono allontanate come materia inutile, diventando terra sterile di dimenticati, screziata dalla disperazione. Le figure nei dipinti gridano l’incomunicabilità e la claustrofobia della loro condizione. Nere su uno sfondo accecante, si disgregano – quando ancora sono vive – per tentare di prendere la forma tonda degli ambienti. La creatura del primo pannello sembra rivolgersi a chi guarda solo per mostrargli che l’unica via d’uscita è un riquadro curvo, nero come la morte. Claustrofobiche sono le meccaniche circolari della finanza. Un percorso obbligato senza punti di fuga. Fondi pensioni costretti a investire in fondi speculativi, che costringono intere nazioni alla deindustrializzazione, che costringe a chiudere industrie, che costringono i dipendenti al ruolo d’ignari sottoscrittori di fondi pensione costretti a sottoscrivere hedge fund, e via così, verso la disoccupazione, l’inattività, la delocalizzazione delle aziende, e verso nuove leggi sul lavoro… Curve che garantiscono la circolarità del meccanismo, che a sua volta garantisce il successo. Un meccanismo dove gli attori non parlano tra loro, e spesso si odiano, ma sempre sono legati come ossa di un unico scheletro mostruoso. Dipinte nel 1944, le figure innanzi a me restituiscono l’essenza della seconda guerra mondiale, la mattanza planetaria del Novecento, il secolo tragico da cui vengo. E in guerra permanente è anche il “biomorfo” del capitale globale, grande Leviatano. In guerra per vincere resistenze, de-formare le geografie, ri-formare le ultime rigidità fordiste, vestigia di un tempo andato. Davanti al mostro la politica si piega, e ne diventa una mera escrescenza. Elezioni e referendum sono irrilevanti per la vita separata dell’organismo. I governi sono tanto incapaci di incidere quanto scollati da coloro che li eleggono. Passaggi referendari come la Brexit echeggiano la mortificazione degli esclusi da realtà urbane vincenti. Il valore del voto si squaglia fra centro e periferia come un liquido ributtante. Un’ombra è scesa, ha fatto smarrire chi intraprendeva il percorso da contadino a operaio a impiegato. Un’ombra che impedisce di vedere l’orizzonte di una vita migliore. La rappresentanza è un corpo morto e ormai svuotato delle viscere. La politica si lascia andare al capitale, il suo imbalsamatore. Con furia tremano la galleria e Millbank e Londra intera… Grida animali mi riempiono le orecchie… Si scuote la carcassa del terzo pannello, getta schizzi, d’istinto mi paro col giornale… Tutto si piega, muta, trasmuta, davanti all’invisibile mostro.
Quarantasei minuti dopo.
Cammino, col giornale nella tasca della giacca e l’ombrello aperto. Mi addentro in direzione opposta al fiume. La pioggia batte incessante su questa porzione della metropoli, ecosistema adatto all’afflusso di capitali, bacino dove confluisce l’indotto intangibile di cultura, tecnologia, moda. Qui Londra manifesta la quintessenza dell’azione trasformativa dei flussi invisibili. Qui scintillano le luci della Millbank Tower, qui il Tamigi è specchio di ricchezza.
Svolto per John Islip Street. Davanti a me, un uomo in giacca e cravatta pare scivolare sul marciapiede bagnato, poi si affretta senza scomporsi. Qui la vita di Londra scorre come al solito, ignara delle forze segrete che la permeano e la dirigono. Credevano che la Brexit avrebbe rappresentato una lezione per banchieri d’assalto e per la comunità finanziaria, ma sbagliavano di grosso. Londra è stata trasformata nell’habitat perfetto della nuova forma di vita, centro di gravità intorno a cui orbitano le eccedenze finanziarie di mezzo mondo. Immagini sconnesse del passato spezzano il filo dei pensieri… Un giorno di alcuni anni fa. una stanza impersonale… un uomo dalle spalle larghe, viso squadrato, occhi neri: insondabili… Qualche albero scandisce l’alternanza di edifici in mattoni rossi e strutture più moderne dalle grandi vetrate. È in zone come queste che i capitali modellano la realtà, nascondendo la deformazione dietro a un velo di inganni. Ma dietro quel velo si cela l’ordito segreto del potere… Il sistema educativo privato è disegnato per attrarre i rampolli delle elite, la sua offerta è garanzia di un network di relazioni consolidate. Niente resta fuori dalla famelica ingordigia del capitalismo estrattivo. Era l’altra vita, i tempi della grande banca… E quella stanza impersonale era l’ufficio di Derek Morgan. Erano i giorni del QE americano. Cataratte di cartamoneta immesse nel sistema, come una dose di cortisone in un organismo malato. Esplosione atomica, da cui scaturiscono radiazioni capaci di alterare il codice della vita. Quasi non mi aveva salutato, l’Americano, quando avevo varcato la soglia: se ne stava concentrato su un pacco che aveva sul tavolo, un pacco rettangolare avvolto da una carta spessa… Tengo più stretto l’ombrello contro le folate. Due turisti orientali si affannano per ripararsi dall’acqua, ridendo, ognuno con una maglia del Chelsea addosso. La nuova forma di vita è post-umana e non risparmia niente di ciò che umano. Nuovi capitali di dubbia provenienza vengono riciclati nel tempo degli svaghi e del divertimento. Perfino lo sport in UK è all’avanguardia di questa sottile, perversa sussunzione, e Londra è il palco di una spettacolare rappresentazione globale e postmoderna. La metropoli senz’anima, che ha venduto le sue tante anime, riempie il vuoto con l’essenza ultima del capitalismo… Ero andato a parlargli per tracciare una proiezione sul QE. Avevo confermato quello che già sapeva: il dollaro avrebbe tenuto, il debito americano sarebbe stato rifinanziato. Avevo aggiunto di non confondere la medicina con la cura, che la medicina è anche veleno, e rubare un po’ di tempo era roba da disperati. Lui era rimasto in silenzio mentre continuava a scartare il pacco con gesti controllati. Il controllo era – ed è ancora – la malattia di Derek Morgan… Passo oltre una donna elegante, al lato del marciapiede, che parla al telefono con un tono fermo. Non distinguo le parole ma sembra dare ordini. La vita ordinata a London City continuerà a scorrere nel solco che i flussi di capitale hanno tracciato. E la Brexit avrà come unico effetto qualche piccolo, insignificante smottamento. La finanza europea non esiste: è stata modellata a Londra, e nessuna piazza la potrà sostituire. Gli invisibili che hanno votato per la Brexit non avranno nessun impatto, le loro città continueranno a essere ignorate dai flussi di capitali. Gli rimane solo la benevola carità della corte scintillante di London City. Avevo taciuto a lungo. Solo a un certo punto Derek aveva sollevato gli occhi, scosso la testa, mentre mi mostrava l’immagine incorniciata. Avevo riconosciuto Il Mulino di Escher con la sua illusione, il movimento dell’acqua dal basso verso l’alto… Quindi si era avvicinato al muro di fronte alla scrivania e aveva appeso la litografia a un chiodo prima di mormorare poche parole: “Ti sembra solo un gioco prospettico, l’acqua che sale dal basso, Phil? Ignori il potere di confondere, di creare illusioni più vere del vero”. In fondo – mi dico scostando l’ombrello, ora che la pioggia è finita –, in fondo sia io che lui ci occupiamo d’inganni, come Bacon ed Escher distorcono entrambi la realtà. Ma nella distorsione io escludo l’inganno e colgo la verità del reale, mentre per Derek l’inganno è lo strumento con cui piegare il mondo a un volere segreto.

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