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TREDICESIMO-PIANO


mer 31 dicembre 2014

GUERRE FINANZIARIE

La finanza come prosecuzione della guerra con altri mezzi

31 dicembre 2014

Dicembre è freddo nell’alba del Maine. I pini riparano dal vento, ma non possono niente con tutta la neve caduta e il ghiaccio. Lungo questi sentieri ci cammino da anni, quando posso staccare per un weekend e lasciare l’ufficio della grande banca in Murray Street, a New York City.
Cammino a passo deciso, senza correre. Svegliarsi ancora con il buio, uscire dalla casa di legno e respirare questo freddo, tenere in forma il corpo. L’allenamento insegna a essere disciplinati. Camminare a una velocità sostenuta e costante. È così che faccio da anni, fra gli alberi. Non serve correre, la velocità non c’entra con il momento giusto. Il momento giusto si coglie.
Una spolverata di neve mi cade vicino, un uccello deve essersi posato su un ramo. Non perdo il ritmo, continuo a valutare i punti del terreno dove il ghiaccio è più formato. Alla mia sinistra, il torrente che gela ogni inverno. Camminavo in questo modo anche nel 1991. E anche allora era inverno. Avevo ventisei anni, lavoravo al MIT di Boston. Dopo aver camminato entravo in casa e guardavo la CNN. Perché nel Golfo la guerra era visibile. Potevo sedermi sul divano, accendere la CNN e guardare le bombe su Baghdad, il verde dei traccianti nella notte. È cambiato tutto, da allora. O quasi. Anche adesso cammino a una velocità sostenuta e costante. E c’è sempre il petrolio, in ballo.
Devo rallentare. A una certa distanza, sul costone roccioso che affianca il sentiero, un uomo siede nella neve. Mi appare di profilo, immobile, a fissare la superficie solida del torrente. Non fa caso a me.
Oggi c’è una guerra invisibile, segreta. Una guerra finanziaria. Gli Stati Uniti, l’Europa, gli arabi, tutti contro la Cina e la Russia. Si fa crollare il prezzo del petrolio per colpire il Cremlino e la politica di Putin in Ucraina. Si mira al crollo della borsa russa e all’indebolimento del rublo. Non è una cospirazione segreta, non ci sono patti o trattati, ma qualcuno uscirà vincitore e qualcuno sconfitto. Un albero cigola da qualche parte nel silenzio. A perdere saranno i cittadini russi, ma anche gli spagnoli, i greci, gli italiani. Non si vede alla televisione, ma funziona come le bombe e i traccianti. Nel Golfo, la guerra era la prosecuzione della politica con altri mezzi. Lungo tutto il Novecento è stata questo.
Ora c’è la finanza, prosecuzione della guerra con altri mezzi. E coronamento della politica, come controllo pervasivo della vita stessa. L’uomo nella neve ha l’aspetto di un pellerossa, man mano che avanzo nella sua direzione. Si sente nient’altro che il mio respiro. Nonostante ormai sia abbastanza vicino da potermi individuare facilmente, non si volta. Il suo corpo ha una certa rigidità, il viso è fermo in contemplazione, sul capo un kostoweh con le penne.
La reazione della Russia è usare l’oro invece del dollaro negli scambi di petrolio. È una controffensiva che vale come una mossa militare. Ed è militare anche la mossa della Cina, l’alleato, che paga in lingotti il petrolio russo. Questo succede già. Altro potrebbe succedere: i cinesi che scaricano il decennale USA, il Treasury, per sprofondarne il prezzo, noi americani che vendiamo azioni cinesi e mettiamo sotto pressione le banche della Repubblica Popolare. Ogni guerra innesca combinazioni sempre più veloci. Cieche, distruttive. Azione, reazione. Attacco, ritorsione. Sangue chiama sangue anche se il fronte è una linea scomposta in mille segmenti nello spazio impalpabile dei mercati globali.
L’uomo nella neve, quando gli sono ai piedi, si deforma. La fronte, le guance, il naso, diventano ghiaccio. Gli occhi fermi, una striscia di vegetazione dove i fiocchi non si sono posati. Il copricapo si fa roccia, il muschio illude di formare le penne. Il corpo adagiato sul costone non è altro che neve, un gioco di luci e ombre su tono bianco.
Continuo a camminare, il sentiero prende una curva e il bosco si infittisce. Noi siamo gli sciamani del XXI Secolo, i Diavoli che possono evocare la neve, piegare governi e annientare nazioni, congelare la mobilità sociale in Occidente. Pochi ricchi, sempre più ricchi. Molti poveri, sempre più poveri. La diseguaglianza è un costo accettabile, la guerra invisibile uno strumento per rubare tempo in attesa dell’attimo giusto.
È un prestigio, l’architrave della guerra invisibile. È un inganno. Per ridurre il prezzo del petrolio usiamo i tassi bassi, questo miraggio di credito facile per tutti. E i tassi bassi diventano l’arma principale del conflitto, come un tempo erano le bombe. Investiamo ingenti quantità di denaro in shale gas, diamo l’impressione di puntare forte su questo combustibile, facciamo circolare voci su possibili esportazioni. E disintegriamo il prezzo del greggio. Anche se non è un business vantaggioso. Anche se i giacimenti buoni di shale gas sono pochissimi e l’estrazione è una rovina ecologica. Anche se questo destabilizza i mercati e mette nei guai i Paesi che nei guai ci sono già.
L’uomo ha elaborato illusioni potenti e letali. Illusioni che superano ogni incanto della natura, come quel pellerossa – silenzioso e immobile – tra le montagne del New England.

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