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ven 4 novembre 2016

STANDBY BREXIT: SCHIAFFO A MAY

L'Alta Corte di Giustizia britannica accoglie le istanze di una donna di affari e di un parrucchiere: il governo deve essere autorizzato dal Parlamento prima di avviare l'iter per il divorzio di Londra da Bruxelles. I tempi si allungano, mentre da Downing Street sono pronti ad appellarsi alla Corte Suprema

“Un gioco delle parti, il teatro inglese. Roba da buffoni. La politica ridotta a parodia, come questa “battaglia navale” sul Tamigi, che è farsa e tragedia insieme. La caricatura della storia britannica, delle scorrerie di Francis Drake intorno al globo e del trionfo sull’Armada Invencible. Uno scontro che ha cambiato il verso alla storia dell’Europa, e del mondo. Adesso resta solo questa caricatura di naumachia” Da: Brexit: battaglia navale – Il Tredicesimo Piano
L’unica cosa certa è che è solo l’inizio. Theresa May non può avviare l’iter della Brexit da sola: prima di invocare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona per iniziare i negoziati di uscita del Regno Unito dall’Unione europea deve ottenere il via libera del Parlamento.
Il referendum del 23 giugno non basta a dare alla premier e al suo governo il potere di bypassare il “Parlamento sovrano”, elemento “fondante dell’ordinamento inglese”: lo ha stabilito l’Alta Corte di Giustizia britannica, guidata da Lord John Thomas, l’uomo che ha fermato la “vergine di ghiaccio” May.
Se proprio May all’inizio di ottobre aveva annunciato che i negoziati per il divorzio di Londra da Bruxelles sarebbero iniziati a marzo 2017, ora i tempi si allungano. I giudici hanno dato ragione alle istanze di due cittadini che si sono battuti per vedere riconosciuta la natura consultiva e non vincolante del voto di giugno in cui più della metà degli inglesi scelse la Brexit.
Ergo: senza l’autorizzazione parlamentare, a Downing Street hanno le mani legate. Lord Thomas, Chief Justice, ha dichiarato che i diritti acquisiti con lo European Communities Act del 1972, non possono essere superati “da un’azione della Corona nell’esercizio delle proprie prerogative”. Questa è solo la prima puntata.

“Restare, riformare, rivedere”: parola di Gina Miller, la donna d’affari che ha iniziato tutto

Si chiama Gina Miller, ha 51 anni e insieme al marito dirige il fondo d’investimento SCM Private. Insieme a Deir dos Santos, parrucchiere di origini brasiliane con passaporto britannico, ha presentato istanza all’Alta Corte.
È una battagliera pro-Remain ed è convinta di aver fatto “la cosa giusta”. Al Guardian racconta: “Non riuscivo ad andare a letto ogni notte pensando: cosa la Brexit significherà per i miei figli, per il futuro e per tutti? E sapendo che non c’era alcun piano sul tavolo e che davanti avevamo un futuro pericoloso, ho sentito che non avevo alternativa”. Poi aggiunge: “Per me non c’era il doppio binario Leave o Remain. Sono sempre stata dell’idea che serve rimanere, riformare, rivedere”.

Che succede ora?

La lunga corsa per la Brexit dovrà aspettare ancora perché da Downing Street è arrivata conferma del ricorso contro la decisione dei giudici. La prossima tappa è già prevista per i primi di dicembre davanti alla Suprema corte. Se il verdetto verrà confermato, di sicuro May dovrà passare dall’assemblea di Westminster.
Nel frattempo prende piede anche l’ipotesi di elezioni anticipate, che potrebbero essere utili al governo per rinsaldare la maggioranza in Parlamento (prima del 23 giugno nella House of Commons in 150 erano per la Brexit e in 450 per il Remain). La portavoce di May, però, smentisce: niente urne fino al 2020.
“L’Inghilterra della deindustrializzazione e dei servizi finanziari, delle start-up e del sistema educativo meritocratico ma riservato ai milionari, l’Inghilterra dei minatori sconfitti e della società che non esiste. Una copia degli Stati Uniti, ma senza il potere. Thatcher e Reagan, Blair e Clinton, le guerre stupide, la City e Wall Street: sempre paralleli, sempre convergenti.”
Da: L’esercito degli invisibili: UK ai tempi del Brexit – Il Tredicesimo Piano

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