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MONITOR


mar 7 febbraio 2017

SPREAD A 200. WHAT’S NEXT?

L'Europa si scopre fragile, i mercati sono incerti. Il prossimo banco di prova saranno le tornate elettorali in Francia e in Germania. In un clima sempre più teso, dove Donald Trump sbandiera il suo "America First" e il referendum sulla Brexit ha sancito il divorzio di Londra da Berlino, che succederà? Frexit, Grexit, Italexit?

A luglio 2015 eravamo sull’orlo della Grexit, a giugno 2016 si è concretizzata la BrexitWhat is next nel 2017? Grexit, Frexit, Italexito magari tutte e tre insieme in un’implosione complessiva del sistema Europa?
Di fronte a un nuovo assetto globale in cui Donald Trump sbandiera ovunque il suo “America First”, l’Europa – prossima a misurarsi con una serie di scadenze elettorali da brivido – si riscopre di nuovo fragile e divisa.
Si considerino le recenti dichiarazioni della cancelliera tedesca Angela Merkel che ha ventilato l’ipotesi di un’«Europa a due velocità».
Se guardiamo al programma enunciato nel weekend da Marine Le Pen, unica candidata certa di andare al ballottaggio alle elezioni presidenziali francesi, segnato da un attacco all’euro, dalla proposta di uscita e dallo slogan «On est chez nous», e se aggiungiamo le solite debolezze italiche (tra l’altro un’importante banca italiana ha appena pubblicato un report sul rischio di ridenominazione del nostro debito pubblico), è facile comprendere disagio, nervosismo e preoccupazione dei mercati finanziari.
La pressione sugli asset periferici è crescente e tambureggiante: lo spread Btp-Bund ha superato per la prima volta dal 2014 quota 200 (con tasso “Italia 2 anni” più alto del “2 anni” portoghese, e con tanti saluti al Quantitative easing), lo spread tra il francese OAT e il Bund oltre quota 75 è ai massimi dal 2012, e sui titoli governativi greci suona di nuovo l’allarme rosso con perdite di oltre il 6% in meno di 10 giorni. I fantasmi del passato riecheggiano. Il rischio d’implosione dell’Europa è sempre rimasto sopito e mai realmente estirpato, nonostante le medicine somministrate in abbondanza dalla Banca centrale europea di Mario Draghi.
Al momento, con gli appuntamenti elettorali ancora lontani, il clima di crescente incertezza (o forse il mercato ha imparato la lezione del 2016 allorché aveva ignorato i rischi politici sottostimandoli sia ex ante sia sorprendentemente ex post) si è concretizzato soltanto con una caduta del valore di mercato degli asset governativi periferici e una moderata corsa verso beni rifugi come il decennale tedesco a 0.35% e il “Treasury US 10” anni più verso quota 2.25% che verso la soglia del 3% da tanti segnalata come vicina.
Tuttavia, sappiamo bene come l’effetto contagio si possa rapidamente espandere anche al credito e al mondo equity. Due tipici indicatori di risk adversion segnalano come il malessere sia tutt’altro che latente: l’oro è salito in un mese del 7% e lo yen è la valuta che nel G10 si è più apprezzata da inizio anno.
Kalispéra, bonne soirée, buonasera.
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