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lun 24 ottobre 2016

SVOLTA SPAGNOLA: OCCASIONE PERSA DEL PSOE

Rajoy ha ottenuto la fiducia del Congresso con 170 voti a favore su 350. Sono stati 111 i deputati a votare contro e 68 gli astenuti. Pedro Sánchez si è dimesso da deputato per evitare il diktat del partito e 16 socialisti in Parlamento si sono sottratti alla linea decisa dai nuovi vertici del PSOE e hanno bocciato Rajoy. Il resto del PSOE si è astenuto e di fatto ha ballato l'ultimo giro di tango, perdendo definitivamente la chance di tentare la strada di un “governo di svolta”

È finito per la Spagna un «calvario politico» durato 300 giorni Spagna, ha scritto il quotidiano “El Mundo”. Adesso, però, è in arrivo «una legislatura da infarto», ha sentenziato “La Vanguardia”. Dopo dieci mesi nel pantano politico, Madrid ha trovato una via d’uscita: quella già conosciuta e contestata per mesi dal leader socialista Pedro Sánchez, ovvero quella battuta da Mariano Rajoy, del Partido popular. È tempo di “Gran Coalicion” tra il PSOE e il Pp, i due baluardi della vecchia politica, i due storici rivali che ora si stringono la mano? Non proprio, ma dovranno collaborare per evitare l’ingovernabilità.
Era il 1977, la Spagna andava a votare alle prime elezioni democratiche. Dopo oltre quarant’anni di dittatura franchista, il Paese sceglieva l’Unión de Centro Democrático di Adolfo Suarez. All’opposizione c’era il Partido Socialista Obrero Español (PSOE) di Felipe González. Due grandi partiti si contendevano la scena. Dal 1989 in poi l’alternativa al PSOE veniva incarnata dal Partido Popular di José Maria Aznar. È lunga la storia del sistema bipartitico spagnolo, che domina la politica da quasi quarant’anni. Adesso, però, quel modello è in coma. La crisi, gli scandali legati alla corruzione, il desiderio di cambiamento hanno infatti portato due nuove formazioni politiche: Podemos, a sinistra, e Ciudadanos al centro-destra. Con quattro partiti, specialmente in un Paese che deve abituarsi a questa realtà, la ricerca di nuove coalizioni ed equilibri richiede tempo. Da A che punto è la Spagna? — #iDiavoliFocus
Il suicidio politico del partito socialista si è consumato in una domenica pomeriggio, quella del 23 ottobre. Il consiglio federale del PSOE ha dato il via libera a un governo di minoranza guidato da Rajoy, già premier incaricato. Con 139 voti a favore e 96 contrari i socialisti hanno ballato il loro ultimo giro di tango prima di perdere definitivamente la loro ultima chance per tentare la strada di un “governo di svolta”. Gli 85 deputati socialisti hanno deciso di seguire le direttive dei big: ovvero astenersi al secondo voto di fiducia a Rajoy, permettendo dunque la formazione di un governo di minoranza.
Martedì 25 il consiglio federale ha informato ufficialmente Re Felipe IV, che ha incaricato Rajoy di formare un nuovo governo. Nel giro di una settimana, il leader popolare viene eletto a capo del nuovo governo spagnolo. Parte già in difficoltà, visto che per vincere al primo turno non ha la maggioranza. Non ci saranno, dunque, nuove elezioni a dicembre per gli spagnoli (le terze in un anno). Il PSOE ne sarebbe uscito a pezzi, visto l’esito degli ultimi test elettorali. Gli anni Ottanta sono finiti da un pezzo: il 48% di consensi alle urne adesso sembra solo un ricordo sbiadito. Prima di essere defenestrato dai “baroni” moderati del suo stesso partito all’inizio ottobre, Sánchez, l’uomo del granitico «no es no», aveva ottenuto solo il 22% alle politiche del giugno scorso. Senza un accordo con Podemos a sinistra e continuando l’opposizione a oltranza a un nuovo governo Rajoy, Pedro detto “El Guapo”, ha mancato una grande occasione per il socialismo spagnolo e in generale per quello continentale. Non è riuscito a formare un governo socialista già mesi fa, con Podemos, visto anche l’ostruzionismo del leader Pablo Iglesias, che ora è pronto a tallonare il PSOE da sinistra.
Gli spagnoli hanno bocciato la linea ambigua dei socialisti nelle ultime cinque tornate elettorali. Partendo dalle catalane di settembre 2015, aggiungendo le politiche di dicembre 2015 e di giugno 2016, e le regionali basche e galiziane del 25 settembre 2016 – tra politiche e regionali – il PSOE ha subito ben cinque sconfitte. Il «disastro socialista», aveva tuonato il quotidiano “El Pais”,suonando già la marcia funebre del partito: «Il Psoe appare sempre più difficile da rimettere insieme davanti all’implacabile sequenza di sconfitte storiche».  Alle regionali del 25 settembre è avvenuto il sorpasso di Podemos a sinistra, con il 19% dei voti contro il 18% del partito allora ancora guidato da Sánchez.
Si annida proprio a sinistra il vero problema del nuovo PSOE, al momento guidato da Javier Fernandez, che ha scelto di virare verso il centro seguendo la linea morbida della presidente andalusa Susana Diaz, pronta a prendere il timone del partito. All’ultimo consiglio federale ha parlato per ultima, come da vera leader.
Ai socialisti, dunque, non resta che tentare una riorganizzazione interna, che trovi un segretario capace di unire le diverse anime del partito, un leader che metta d’accordo i “baroni” con i catalani già pronti a dare del filo da torcere: hanno annunciato che non rispetteranno la linea imposta dall’alto.
Il PSOE deve rimettere insieme i pezzi e cercare di ritrovare una sua identità. Con Diaz, virando a destra, i socialisti rischiano di assomigliare così tanto ai popolari che potrebbero sparire. In uno scenario simile, a guadagnare sarebbe Podemos, che colmerebbe in solitaria lo spazio lasciato vuoto a sinistra,secondo cui «Nessun partito decente farebbe accordi con il Pp». Da Il “fracaso socialista”: ultima guerra di Spagna #iDiavoliFocus
Aggiornamento 29 ottobre 2016
Rajoy ha ottenuto la fiducia del Congresso con 170 voti a favore su 350. Sono stati 111 i deputati a votare contro e 68 gli astenuti. Pedro Sánchez si è dimesso da deputato per evitare il diktat del partito e 16 socialisti in Parlamento si sono sottratti alla linea decisa dai nuovi vertici del PSOE e hanno bocciato Rajoy, ma il resto del partito si è astenuto accendendo la luce verde a Rajoy. Adesso la vera sfida si apre con Podemos.

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