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lun 11 settembre 2017

SACRAMENTO, CALIFORNIA: UNA SPECULAZIONE CHIAMATA GENTRIFICATION

A North Oak Park, alcuni mesi fa, si sentiva scandire: “You move us out, we shut you down”. Accadeva di fronte al Guild Theatre, dove si erano riuniti alcuni grossi investitori e proprietari immobiliari per ragionare sulle prospettive del quartiere. Non bastava più comprare, ristrutturare e rivendere a prezzi molto più alti. Ecco come nell'arco di questi anni Dieci la speculazione ha sconvolto la composizione degli abitanti.

Dal 2012 il Patris Studio and Gallery sta all’angolo tra la S Street e la 12th Street, a Oak Park, Sacramento. Oak Park era da decenni il posto in cui nessuno voleva vivere e dove perciò vivevano gli afroamericani e altre minoranze. Pericoloso, indesiderabile.
Alla signora Patris, bianca, che abitava nel quartiere da una ventina d’anni, aprire uno studio artistico dove organizzare esposizioni e corsi di pittura sembrava un importante sostegno al cambiamento. Aiutare il quartiere a rinascere, diceva. Una manciata d’anni dopo, Oak Park è un quartiere tutto diverso. Il costo degli affitti è esploso. Lo studio di Patris è stato a un passo dalla chiusura, nel 2016, e ha dovuto attivare una campagna di fundraising.
«Ho visto la bellezza a Oak Park e ora la vedono tutti». Con le migliori intenzioni la signora Patris ha contribuito a trasformare il quartiere. Questo ha rischiato di cacciarla, appena prima che trovasse il modo di acquistare l’immobile. Non tutti hanno avuto la possibilità di farlo, sono stati molto più frequenti i casi di displacement.
Gli anni Novanta, quelli in cui Patris si trasferiva a vivere a Oak Park, segnavano una crescita vertiginosa dell’intera città. Crescevano i redditi. Cresceva la popolazione della città, addirittura del 10%. Ovunque aumentava la domanda di alloggi, l’offerta non era all’altezza: crescevano anche i prezzi delle case.
L’incremento a Oak Park riguardava soprattutto i Latinos ispano-americani, che numericamente scavalcarono i Whites. Alla gentrification non pensava nessuno. Era inimmaginabile che un’associazione come “Neighbors Without Borders” si mettesse, com’è successo nel 2013, a togliere con pinze e seghetti le recinzioni di fronte alle case di Oak Park, in accordo coi proprietari, così da “rendere più bello” il quartiere e neutralizzare le insicurezze.
Sacramento sfiora il mezzo milione di abitanti ed è la capitale dello Stato della California. Oak Park, nel centro geografico della città, è uno dei suoi quartieri più antichi. Molto middle class a inizio Novecento, caduto in disgrazia con la Depressione e la Seconda guerra mondiale, dalla fine degli anni Sessanta ha rappresentato un luogo di marginalità.
Un luogo di spaccio e prostituzione, dove bisognava fare lo slalom tra siringhe, preservativi usati e vetri rotti. Dove se una donna camminava da sola per il quartiere, si pensava fosse una prostituta.
Dove le Black Panthers locali avevano il proprio quartier generale. E dove, al tempo stesso, c’era un fortissimo senso di comunità. Qualcosa come: siamo ai margini della società, dobbiamo cooperare per salvarci.
Patris Studio and Gallery è nella parte mediana del quartiere, Central Oak Park, dove la gentrification negli ultimi anni è stata continua ma graduale. Tutt’altro rispetto a North Oak Park, al di là della Broadway, dove il processo è stato più rapido e violento. Dove nell’arco di questi anni Dieci la speculazione ha sconvolto la composizione degli abitanti.

Appunto a North Oak Park, alcuni mesi fa, si sentiva scandire: “You move us out, we shut you down”. Accadeva di fronte al Guild Theatre, dove si erano riuniti alcuni grossi investitori e proprietari immobiliari per ragionare sulle prospettive del quartiere. Non bastava più comprare, ristrutturare e rivendere a prezzi molto più alti.

I manifestanti protestavano contro il displacement in corso, contro le logiche della speculazione, contro l’espulsione degli abitanti che a Oak Park avevano costruito una comunità. E insistevano che allontanare i problemi sociali non è un modo per risolverli.
Sul palco del Guild Theatre, nel 2008, Kevin Johnson aveva annunciato la sua candidatura a sindaco della città. Ex campione di basket, afroamericano, nato proprio a Oak Park, Johnson sarebbe stato eletto quell’anno e avrebbe ottenuto un secondo mandato fino al 2016.
A proposito della gentrification del quartiere, Johnson si è mostrato in più occasioni cauto, tentando di tenere insieme i due piani. Ha parlato di “comunità in transizione, qualcosa di grandioso” e ha invitato la comunità stessa a non restare “vittima del proprio successo”.
Di recente le sue proprietà immobiliari nella zona sono state al centro di pesanti polemiche, per irregolarità legate a rispetto dell’ambiente e materiali di costruzione.
Già nel 2006 le studiose Levy, Comey e Padilla segnalavano un primo stadio di gentrification nel quartiere. Certo, la situazione era fluida ed era ancora possibile trovare alloggi a basso costo, ma si potevano già udire i primi campanelli della trasformazione.

Da allora il processo è stato impetuoso. Giovani famiglie bianche e benestanti hanno preso in mano il quartiere e gli esercizi commerciali non sono rimasti a guardare. Il senso di comunità è venuto meno, spiega chiunque abbia conosciuto l’Oak Park di pochi anni fa: semplicemente, non interessa.

Hanno dovuto chiudere posti dove si poteva mangiare a poco, come il Broadway Soul Food, e hanno aperto posti come il Capitol Floats, dove per 65 dollari all’ora ci si rilassa in una vasca di deprivazione sensoriale. Al mercatino di prodotti di campagna al McClatchy Park segue la taqueria che nel logo ha messo una Frida Kahlo stilizzata con le corna da cervo. I negozi vendono barattoli di marmellata a 10 dollari e asciugamani “edizione limitata” a 25 dollari, mentre i bar servono colazioni a base di kombucha e bacche di açai.
Il fenomeno gentrification visto da “i Diavoli”, città per città: leggi qui

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