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MONITOR


mar 30 ottobre 2018

RIGUARDO LA POPOLAZIONE ITALIANA

America, settembre 1888: sull’edizione del «The Mascot», giornale di New Orleans, cinque tavole giustapposte formano una composizione per raccontare la vita quotidiana degli immigrati negli Stati Uniti di fine Ottocento. La prima: uomini che chiacchierano su un marciapiede, “seccatura per i pedoni”; la seconda: uomini che dormono uno sopra all’altro, stipati in una stanza troppo piccola, “le loro camere da letto”; la terza: uomini che si accapigliano in una rissa al coltello, “un piacevole passatempo pomeridiano”; la quarta: uomini stretti in una gabbia che sta per essere calata in acqua, “il modo per liberarsene”; la quinta: uomini buttati su un carro, mentre un poliziotto solleva un manganello e un altro trascina per il bavero un corpo, “il modo per arrestarli”. Queste vignette sono accompagnate da un titolo: “riguardo la popolazione italiana”.

Cinque tavole che formano una composizione, per raccontare la vita quotidiana degli immigrati negli Stati Uniti di fine Ottocento. Illustrazione e didascalia.
1: Uomini che chiacchierano su un marciapiede: “Seccatura per i pedoni”. 2: Uomini che dormono uno sopra all’altro, stipati in una stanza troppo piccola: “Le loro camere da letto”. 3: Uomini che si accapigliano in una rissa al coltello: “Un piacevole passatempo pomeridiano”. 4: Uomini stretti in una gabbia che sta per essere calata in acqua: “Il modo per liberarsene”. 5: Uomini buttati su un carro, mentre un poliziotto solleva un manganello e un altro trascina per il bavero un corpo: “Il modo per arrestarli”.
Queste cinque vignette vennero pubblicate giustapposte a pagina 8 dell’edizione di «The Mascot», quotidiano di New Orleans, uscita il venerdì 7 settembre 1888. Erano accompagnate da un titolo: “Regarding the Italian Population”. Riguardo la popolazione italiana.
D’altra parte il sindaco di New Orleans di quel periodo, Joseph Shakespeare, definiva gli italiani meridionali “la peggiore specie di europei, gli individui più abietti, più pigri, più depravati, più violenti e più indegni che esistono al mondo, peggiori dei negri”.
All’epoca New Orleans era la quarta città degli Stati Uniti e la più mista nella composizione. La presenza degli italiani era significativa: ve n’erano circa trentamila, cioè oltre il 10% della popolazione.
E l’emigrazione sarebbe proseguita incessantemente ancora a lungo: si valuta che nel periodo 1884–1924 siano arrivati in città quasi trecentomila migranti italiani.
Erano concentrati soprattutto nel Lower French Quarter, ribattezzato “Little Palermo”. Esisteva infatti una rotta navale Palermo-New Orleans, che portava parecchi meridionali a cercare fortuna in Louisiana e trovare magari lavoro nei campi di cotone, senza più schiavi neri dopo che l’istituzione era stata abolita pochi anni prima.
I siciliani si portavano al lavoro un panino, la “muffuletta”, che oggi è vanto gastronomico di New Orleans e argomento di confronto tra chef. Una parte della comunità italiana aveva rapporti con la mafia, che in città era rappresentata dai clan nemici Provenzano e Matranga.
Parallelamente, a New York, negli anni che stiamo prendendo in esame, veniva istituito l’hotspot su Ellis Island. Più in generale, tra fine Ottocento e inizio Novecento, i dagos italiani si riversarono a milioni in tutti gli Stati Uniti, fino all’iper-restrittivo “Immigration Act” del 1924.
Il prestigioso «New York Times» nel 1904 scriveva a proposito degli italiani: “Queste persone esportano le caratteristiche nazionali e raramente sono immigrati col desiderio di stabilirsi e divenire cittadini. Questo Paese offre loro opportunità migliori di fare soldi come mai prima, ma poi li spendono in Italia. A casa molte di queste persone erano cospiratori, briganti e rivoluzionari quando si è presentata l’occasione. Sono nati e sono stati allevati nell’atmosfera di comunità dedite al contrabbando; la Mafia è per loro familiare come il Metodismo per un americano”.
Tre anni dopo, se qualcuno aveva voluto considerare scherzose, goliardiche, quelle cinque tavole, avrebbe dovuto ricredersi.
È il 14 marzo 1891. Circa tremila persone affollano Canal Street, uno degli assi più importanti di New Orleans, il confine tra la città vecchia e il moderno quartiere degli affari. Sono furiose per la sentenza che ha giudicato non colpevoli i diciannove italiani arrestati per l’omicidio del capo della polizia, David Hennessy.
Tra questi, c’è un boss dei Matranga ma anche due fruttivendoli incensurati. Undici degli imputati sono stati comunque trattenuti in prigione con una forzatura giuridica.
Quel giorno Canal Street (dove pochi anni dopo aprirà il primo cinema del mondo, il “Vitascope Hall”) è teatro del più importante linciaggio nella storia statunitense: la folla armata di fucili e bastoni assalta la prigione, mette le mani sugli undici italiani e ne uccide nove.
Tra i due superstiti c’è il boss della famiglia Matranga.
“Vendicato il capo Hennessy. Undici dei suoi assassini italiani linciati dalla folla” festeggia il «New York Times». Quando verrà chiesto un commento sul linciaggio a Teddy Roosevelt, futuro presidente degli Stati Uniti, la risposta sarà: “È stata una cosa piuttosto buona”.
Le vignette di quel numero del 1888 di «The Mascot» si trasformano così in un avvertimento, col senno di poi, per chi le avesse prese per una spiritosaggine.
L’intimidazione diventa violenza applicata. Le minacce diventano serie da morire. C’è poco da ridere.

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