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MONITOR


gio 30 giugno 2016

«NELLE AUTO PRESE A RATE DIO È MORTO»

Sembra, per come è impostata la nostra economia, ci sia la necessità di consumare, consumare e consumare per progredire. Ma a che prezzo?

“Nelle auto prese a rate Dio è morto” cantavano i Nomadi negli anni ’60 puntando il dito sulla decadenza del mondo occidentale e sul consumismo sfrenato che ha come sua massima espressione il fatto di desiderare a tal punto una cosa da essere disposti ad indebitarsi pur di averla.
Eppure proprio dall’indebitamento eccessivo sono nati i problemini degli ultimi anni, in particolare la crisi finanziaria che è scoppiata alla fine del 2006 negli Stati Uniti proprio dai mutui subprime relativi alla prima casa.
La spinta all’indebitamento, che entro certi limiti le teorie economiche sostengono sia sana, sembra uno dei pilastri dell’attuale crescita economica, malgrado gli squilibri che lascia dietro di se, come ad esempio lo squilibrio generazionale. In Italia l’altissimo tasso di disoccupazione giovanile, che sfiora il 40%, addossa alle generazioni più giovani buona parte dello sforzo di riequilibrio economico, senza avere la certezza di avere tempo, modo e maniera di migliorare in futuro la propria condizione come è sempre avvenuto sino ad ora.
Ma anche gli anziani sono diventati appetibili sotto questo punto di vista. Basti pensare alla recente normativa sul prestito vitalizio ipotecario che permette ad un over 60 di prendere un prestito dando come garanzia la propria abitazione, magari per aiutare proprio un figlio o un nipote compreso in quel 40% di disoccupati.
Intanto i prestiti al consumo da parte delle famiglie sono tornati ad aumentare nei primi due mesi dell’anno dell’11%, grazie allo sprint delle operazioni finanziarie finalizzate all’acquisto di beni durevoli o viaggi, cresciute del 24% rispetto al 2015. Notizia condita da Il Sole 24 Ore, che ha commissionato l’inchiesta, con una sana dose di ottimismo: si riprende a consumare, si riprende ad indebitarci e a comprare: evviva c’è la ripresa!
Sembra per come è impostata la nostra economia ci sia necessariamente bisogno di consumare, consumare e consumare per progredire. Basta dire che una crescita dell’economia cinese nel 2015 del 6,9%, anziché dei valori a due cifre ai quali eravamo abituati negli ultimi anni, ha creato non poco scompiglio a livello globale, mandando in crisi parecchi paesi che non sanno dove piazzare i propri prodotti per continuare a sostenere la propria economia.
Ma di quanti prodotti abbiamo effettivamente bisogno? All’inizio del secolo scorso una famiglia di quattro persone mediamente agiata era circondata da 150 a 200 oggetti, compresi le stoviglie e i vestiti. Oggi invece dispone di circa 2.500-3.000 beni (esclusi i libri), mentre si stima intorno a 20.000 il numero di oggetti con cui un individuo può venire in contatto nel corso della sua vita. Ci servono veramente tutti o volte sono un inutile fardello, oltre che un costo?
Un cambiamento positivo, che potrebbe indicare una nuova direzione, sembra esserci stato. La crisi ha portato uno nuova sobrietà, un modo di consumare più attento e selettivo. Guarda caso nella necessità si è capito che l’aumento dei consumi non è proporzionale all’aumento del benessere interiore, e ognuno è alla ricerca di una propria scala di scelte di consumo dando priorità a ciò che gli interessa di più o che per lui ha un maggiore valore aggiunto.
E ora l’auto spesso si condivide anziché comprarla a rate.
Soundtrack:
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