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MONITOR


mar 7 giugno 2016

LO SPIN-OFF DEGLI NPL: SCACCO MATTO AGLI AVVOLTOI

Banche, nuove realtà alla ricerca di un punto di equilibrio

A inizio anno abbiamo assistito a una violenta correzione dei corsi borsistici sulle ali del timore di una rilevante incapienza del patrimonio di fronte a possibili vendite forzose di crediti deteriorati. Diverse circostanze hanno concorso a questo quadro così come diversi interventi, fra cui citiamo la GACS e il fondo Atlante oltre alle ripetute puntualizzazioni del regolatore, hanno contribuito a riportare una relativa tranquillità nel mercato sebbene i corsi borsistici rimangano largamente al di sotto dei livelli registrati a fine 2015, scontando ancora una certa cautela. Il primo trimestre 2016 ha confermato tendenze in miglioramento sul contenzioso già notate negli ultimi trimestri del 2015. Abbiamo rivisitato l’impatto sulle principali banche italiane della metrica applicata alle 4 banche fallite i cui crediti deteriorati inizialmente svalutati a 17.6% sono stati rivalutati a 22.3%, aumentando le coperture sulle sofferenze fino al 77.7%. Seguendo la stessa logica, possiamo applicare lo stesso valore di 22.3% a tutte le sofferenze dei primi 8 gruppi bancari italiani. Questa impostazione, spesso adottata da diversi operatori di mercato, è  a dire il vero un po’ grossolana, vista la differenza fra i diversi portafogli in termini di garanzie, collaterali e anzianità, e tenuto conto che le 4 banche fallite si trovavano da tempo in amministrazione straordinaria. In aggiunta non possiamo non considerare l’influenza sul prezzo finale di alcune rilevanti modifiche legislative, regolamentari e competitive intervenute in questi mesi. Il riferimento è ovviamente alla GACS, ad Atlante e al DL 59/2016 Banche. Stando agli esempi presentati da Quaestio SGR proprio in occasione della presentazione del Fondo Atlante, il combinato disposto di tutti questi interventi potrebbe valere più di 13 punti percentuali di miglioramento del prezzo iniziale, ovvero da 22.3% a più di 35%. In ogni modo, a questo punto, le banche avrebbero fra le mani due valori a prezzi di mercato: quello legato all’attività bancaria e quello legato al valore delle sofferenze ai prezzi di mercato.
L’idea di uno spin off di queste attività in una società separata a beneficio dei propri azionisti renderebbe ancora più trasparente questo valore al punto che gli azionisti non interessati a questa attività potrebbero monetizzarla vendendola a un valore come minimo pari a zero. Si potrebbe pensare di assegnare queste attività agli azionisti utilizzando lo schema GACS, dopotutto sono gli stessi portatori del rischio stesso, solo che ora è diluito all’interno del gruppo indistinto. Per quanto riguarda invece le attività residuali, ovvero tutte le attività bancarie al netto dello stock di sofferenze, vale la pena fare due calcoli.‎
L’aumento delle coperture sulle sofferenze fino al 77.7% richiederebbe ulteriori accantonamenti per circa € 28bn, una cifra ragguardevole, al netto dell’effetto fiscale pari a circa € 18bn, ma solo pari a circa il 16% del patrimonio di base, il cosiddetto CET1, dei primi 8 gruppi bancari. Se valutiamo l’impatto rispetto ai requisiti patrimoniali varrebbe una riduzione pari a circa 1.9% del CET1 ratio aggregato che a fine marzo era pari a circa all’11.62%. La riduzione porterebbe il nuovo CET1 ratio aggregato al 9.72%, un valore al di sopra dei livelli richiesti alla maggioranza di queste banche. In caso volessimo concedere credibilità alle stime fornite da Quaestio e ai 13 punti percentuali di beneficio derivanti dalle misure introdotte in questi mesi, e non vediamo per quale ragione non lo si dovrebbe fare, l’aumento delle coperture sarebbe molto più contenuto, di soli 6 punti percentuali. La copertura dovrebbe essere pari al 65% rispetto al 59% raggiunti a marzo 2016. Gli accantonamenti aggiuntivi sarebbero solo poco più di € 9bn, per una riduzione netta pari a circa allo 0.6% del CET1 ratio aggregato che rimarrebbe addirittura al di sopra dell’11%. Gli 8 gruppi bancari appena citati, secondo le stime di alcune prestigiose case di ricerca azionaria, dovrebbero generare utili operativi prima degli accantonamenti e delle tasse per più di € 20bn nel 2016, circa € 23bn nel 2017 e più di € 25bn nel 2018, dopo averne generati € 22.4bn nel 2015 appena trascorso. Il contributo dei diversi gruppi a questi risultati è senza dubbio disomogeneo sia in termini assoluti che relativi e proprio la possibilità di isolare la “good bank” all’interno di ciascuna realtà contribuirà al completamento di quel processo di consolidamento da tutti invocato . Alla luce di questi calcoli, l’allarme sulla solidità del sistema diffuso a inizio anno e talvolta incautamente rilanciato ad arte da esperti più o meno interessati appare non fondato.
Infatti, una volta isolata e risolta la questione sofferenze, la generazione di reddito della “good bank” all’interno del sistema appare rilevante senza la impellente necessità di coprire le perdite pregresse sui crediti. Lo spin off della “bad bank”, al riparo dalla speculazione e da decisioni frutto dellE urgenze del momento, farebbe emergere il reale valore di mercato delle attività bancarie e quello delle sofferenze e renderlo monetizzabile. Qualsiasi valore maggiore di zero per le sofferenze sarebbe un reale arricchimento per l’azionista delle banche che oggi vede quel valore diluito all’interno del gruppo indistinto mentre la descrizione di un perimetro chiaro per l’attività bancaria sana non potrà che far emergere il valore della stessa oggi annacquato dalle sofferenze. Le banche con un più solido modello di business potrebbero finalmente distinguersi rispetto a chi, anche al netto delle sofferenze, fatica a stare al passo coi tempi, incoraggiando il definitivo consolidamento del sistema. Lo spin off potrebbe rendere maggiormente visibili queste disparità ed accelerare il processo in corso.
Più che interventi straordinari apparentemente volti al rafforzamento del sistema, non si è ancora affievolito il ricordo dell’intervento sui filtri prudenziali dei titoli governativi del 2011 che concorse non solo alla crisi bancaria ma anche a quella dei governativi, serve invece che il coerente percorso appena intrapreso, come ripetutamente sottolineato dal Governatore Draghi, trovi una piena applicazione. Il sistema a livello aggregato , con tutti i limiti e i rilevanti spazi di miglioramento, possiede gli anticorpi per uscire da questa crisi anche senza aiuti esogeni, e, ci piace ricordarlo, non si può dire lo stesso per i sistemi bancari di quasi tutti i principali Paesi occidentali, USA, Germania e Regno Unito in testa.


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