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MONITOR


ven 29 aprile 2016

LEGGE FALLIMENTARE COSA CAMBIA

Il nuovo testo per le aziende insolventi. Sparisce la parola fallimento, una commissione vigilerà sulle crisi. Il Concordato sarà possibile solo se si garantisce l'occupazione

29 APRILE 2016 – Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia Andrea Orlando, ha presentato alla Camera dei deputati in data 11 marzo 2016, un disegno di legge delega al governo per la riforma organica delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza. In particolare il disegno di legge è frutto del lavoro della c.d. Commissione Rordorf (dal nome del suo Presidente, dott. Renato Rordorf – Presidente di Sezione della Corte di Cassazione), istituita con decreto del Ministero della giustizia 28 gennaio 2015, composta da tecnici ed operatori del settore al fine di preparare una profonda riforma organica, e non più episodica ed emergenziale. I ripetuti interventi normativi apportati negli anni passati, anziché essere rivolti a tracciare linee guida sistematiche e innovative, erano orientati a colmare le lacune dell’ordinamento o per ad introdurre innovativi istituti senza che fossero adeguatamente coordinati con il vigente sistema normativo.
L’unico risultato ottenuto è stato quello di rendere il quadro normativo estremamente frastagliato e di difficile applicazione, conciliandosi lo stesso con l’esigenza di certezza del diritto e di celerità delle procedure che l’attuale crisi economica pretende. Il legislatore si è dimostrato miope nelle proprie scelte, ritardando l’adozione di decisioni di rottura con il passato che avrebbero certamente portato a maggiori benefici. Appare inoltre veramente singolare e indicativo che la normativa interna sia ancora costituita da un regio decreto del 1942, seppur modificato più volte nel corso degli anni, che ha reso inevitabile una riforma proprio al fine di ricondurre a linearità un sistema divenuto nel tempo troppo farraginoso. Queste premesse sono un passaggio indispensabile per capire e intuire l’ampiezza e la complessità della riforma che il Governo intende promuovere e portare avanti. Le principali novità riguardano:
1) La revisione della procedura di “sovraindebitamento”, al fine di armonizzarla con le modifiche che s’intendono apportare alle procedure di regolamentazione dell’insolvenza e della crisi d’impresa. 2) La procedura di liquidazione coatta amministrativa e di amministrazione straordinaria. 3) La previsione della procedura di esdebitazione di “diritto” per le insolvenze di minori dimensioni senza che si renda necessario il vaglio dell’autorità giudiziaria. 4) L’introduzione di una specifica disciplina della crisi e dell’insolvenza dei gruppi d i imprese che va a colmare una lacuna dell’attuale legge fallimentare. 5) Revisione dell’istituto concordatario che prevede solo la “conferma” del concordato in continuità volto a garantire la prosecuzione dell’attività di impresa, con un adeguato mantenimento dei livelli occupazionali. 6) L’introduzione di figure di giudici specializzati, necessità determinata dall’estremo tecnicismo delle questioni e della gestione delle procedure concorsuali. Si è pensato inoltre di optare per l’assegnazione in blocco delle procedure di maggiori dimensioni presso ai tribunali delle imprese (sezione specializzate in materia di impresa presso i tribunali e le corti d’appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione), lasciando ai tribunali oggi esistenti, secondo i normali criteri di competenza, le procedure “minori”. 7) La semplificazione delle regole processuali adottando un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o d’insolvenza del debitore agevolando così la celerità dei procedimenti.
Tra i principali profili innovativi certamente riveste un ruolo di assoluto valore l’obiettivo di individuare modalità che permettano l’emersione tempestiva della crisi d’impresa, con l’effetto di limitare le perdite dell’intero tessuto economico oltre che consentire, laddove possibile, un effettivo risanamento aziendale. Il meccanismo prevede la predisposizione di apposite procedure di allerta e composizione assistita della crisi, di natura non giudiziale e confidenziale, finalizzate ad incentivare l’emersione anticipata della crisi ed agevolare lo svolgimento di trattative tra debitore e creditori, attraverso il coinvolgimento di diversi soggetti, quali ad esempio, gli organi di controllo societari e società di revisione (sui quali incombe uno specifico obbligo di avvisare immediatamente l’organo amministrativo della società dell’esistenza di fondati indizi della crisi), e l’Agenzia delle Entrate e Agenti di riscossione delle imposte.
Si è scelto di affidare la gestione di tali procedure ad una apposita sezione degli Organismi di composizioni della crisi, oggi già contemplati dalla normativa in tema di sovraindebitamento. La Commissione ha suggerito di inserire nelle procedure di allerta e composizione assistita della crisi la previsione di misure premiali per l’imprenditore che ricorre tempestivamente alla procedura e ne favorisca l’esito positivo. Da evidenziare è l’aspetto, di certo non secondario, riguardante il fatto che tali procedure devono essere connaturate da confidenzialità essendo collocate al di fuori del tribunale, al fine di evitare che l’intervento dell’organo giudiziale possa essere percepito dall’imprenditore, o dai terzi, come un’anticamera certa di una successiva procedura concorsuale d’insolvenza. Sul piano definitorio si propone di sostituire la parola “fallimento” con espressioni equivalenti “insolvenza” o “liquidazione giudiziale”, in conformità ad una tendenza già manifestatasi nei principali ordinamenti europei, perché termine oramai anacronistico e da sempre portatore di negatività e discredito sociale. Utilizzando le stesse parole del Presidente Rordorf “anche un doveroso approccio lessicale può meglio esprimere una nuova cultura del superamento d’insolvenza, vista come evenienza fisiologia nel ciclo vitale di un’impresa, da prevenire ed eventualmente regolare al meglio, ma non da esorcizzare”. Scelta certamente ininfluente ai fini applicativi, ma simbolicamente necessaria per una decisa rottura con il passato. Dal punto di vista sostanziale si è scelto di eliminare la procedura fallimentare sostituendola con quella di liquidazione giudiziale.
Un’ulteriore vera e propria rivoluzione riguarda la fase di liquidazione dell’attivo. È previsto l’inserimento di un complesso sistema di vendita dei beni che passa attraverso una profonda rivisitazione complessiva del rapporto tra le procedure fallimentari ed il mercato, il tutto con l’ausilio delle moderne tecnologie. Si tratta del c.d. sistema “Common” (progetto già delineato dalla Commissione ministeriale istituita il 4 agosto 2014) il quale si fonda essenzialmente su tre elementi complementari: a) il rafforzamento di un market place unico nazionale, per tutti i beni posti in vendita dalle procedure concorsuali ed esecutive; b) la possibilità di acquisto di beni su tale mercato non solo con denaro corrente ma anche con appositi titoli, che incorporano un diritto speciale attribuito ai creditori delle procedure di cui sia certificata la concreta possibilità di soddisfazione; c) la creazione di un fondo nel quale siano conferiti i beni rimasti invenduti. È intuibile la portata rivoluzionaria di tale sistema con indiscussi vantaggi alla classe dei creditori che troppo spesso si vede sfumare le proprie aspettative di incasso. In sostanza lo scenario prevedrebbe la costituzione di un mercato unico elettronico nazionale, dove convogliare i beni invenduti e dove i creditori, imprese e cittadini, possono trasformando i loro crediti in una moneta “virtuale” da poter spendere in tale sede. Tale soluzione modifica radicalmente il modo di pensare, vedere e concepire le procedure concorsuali.
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