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MONITOR


gio 14 aprile 2016

LE CHIAMANO “RIFORME”

In Francia proseguono le proteste contro la "loi travail"

«L’Europa combatteva di nuovo, scaraventata nell’incubo di una guerra civile, il peggiore tra i conflitti: quello in cui il fronte può essere ovunque e il nemico non indossa divise. Padri contro figli. Vecchi contro giovani. I diritti degli uni contro l’invisibilità degli altri. Tutti ugualmente condannati a un gelo senza fine». I Diavoli, Guido Maria Brera
11 APRILE 2016 – «Da ieri la Francia è paralizzata dallo sciopero generale di quarantotto ore che ha mobilitato milioni di lavoratori contro le politiche di rigore annunciate dal governo in accordo con i vertici della Trojka. Le strade di Marsiglia, Lione, Bordeaux, oltre a quelle della capitale, sono state invase da centinaia di migliaia di manifestanti, mentre il Paese si bloccava. Fermi i treni e i trasporti, chiusi numerosi esercizi commerciali, chiuse le poste e le scuole, ridotti al minimo i servizi sanitari e l’erogazione di energia elettrica e gas, bloccate le rotative dei principali quotidiani. Ovunque l’appello alla mobilitazione ha registrato una massiccia adesione da parte dei lavoratori. Nonostante la paralisi dei trasporti e i giganteschi ingorghi che hanno bloccato per tutta la giornata gli accessi alla capitale, un corteo di duecentomila persone ha attraversato le vie di Parigi, scandendo slogan durissimi contro i sacrifici richiesti dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. […] Sui mercati obbligazionari monta il panico, intanto l’Europa ha conosciuto una delle peggiori giornate della sua storia dalla fine della seconda Guerra mondiale. Senza un accordo sui parametri del debito e una riduzione delle politiche di rigore, il continente rischia di precipitare nella paralisi di attività economiche e servizi pubblici, nonché in un’esplosione incontrollata del conflitto sociale». Queste frasi potrebbero benissimo essere state prese in prestito da una qualsiasi agenzia di stampa che negli ultimi giorni ha raccontato la “Nuit debut” francese e le proteste contro la riforma del codice del lavoro voluta dalla ministra trentasettenne Myriam el Khomri ma invece sono tratte da un romanzo che si intitola I Diavoli, edito nel 2013 da Rizzoli. A distanza di tre anni dalla pubblicazione del libro, la profezia del pratagonista, Massimo, si avvera: «Tutto come previsto. L’inverno cominciato mesi prima aveva continuato a congelare l’Europa. E adesso la tempesta superava Alpi e Pirenei. La mattanza non risparmiava nessuno. Gli intoccabili di ieri erano diventati la carne da macello di oggi. Il dubbio sollevato dalla tenuta del debito ellenico era stato il bacillo di un’epidemia letale. Dopo Grecia, Italia e Spagna, toccava alla Francia». Da 11 giorni place de la République a Parigi ospita i manifestanti del movimento “Notte in piedi”, che protestano contro la nuova legge sul lavoro che si ispira al Jobs Act italiano e che verrà discussa all’Assemblea nazionale a partire dal 3 maggio.
Come riporta Le Monde, questa mattina il primo ministro francese Manuel Valls incontrerà le organizzazioni studentesche e probabilmente «metterà sul tavolo misure “concrete” per promuovere l’integrazione dei giovani e cercare di contenere la protesta». Che intanto, tuttavia, non accenna a placarsi. La proposta di una maggiore liberalizzazione del mercato del lavoro, attraverso un aumento della flessibilità e una più ampia libertà nei licenziamenti per motivi economici, continua ad essere osteggiata dalle parti sociali che chiedono lo stralcio di alcune norme. La principale accusa rivolta al Governo è di aver scritto la  “loi travail” in combutta con il Medef, la Confindustria francese, che a febbraio ha inviato una lettera ai deputati definendo il disegno di legge «ambizioso» e sostenendo che la riforma va «innegabilmente nella giusta direzione». Secondo collettivi studenteschi e sindacati, al contrario, la revisione del codice del lavoro non aiuterà realmente a riassorbire la disoccupazione e i segnali di apertura del Governo, che si è reso disponibile ad alcune modifiche, non sono sufficienti perchè «la spina dorsale del progetto rimane intatta».
Philip Wade, professore universitario, dai banchi del Birkbeck College lancia l’allarme da diversi mesi: «La disoccupazione è funzionale alla compressione del costo del lavoro, se l’Europa unita ha come unico obiettivo l’export, beh, allora non ha più interesse a investire su se stessa. Guarda a Oriente per importare condizioni di lavoro asiatiche. […] Questa corsa è destinata a finire contro un muro di degrado umano, contro il frutto d’una svalutazione della vita. E l’impatto sarà troppo violento per le forze dell’Europa». Mentre le multinazionali trovano rifugio nei paradisi fiscali, sulla terraferma si fanno le “riforme”: «Chiamano così quei provvedimenti che devastano protezioni sociali, cancellano diritti, dettano leggi sul lavoro sempre più flessibili, piegano donne e uomini al ricatto – sostiene Wade – ma generano anche sofferenze bancarie, deflazione e uno stato endemico di crisi».

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