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MONITOR


lun 4 aprile 2016

LA DOLCE VITA DELLE SOCIETÀ OFF-SHORE

Enormi flussi finanziari nascosti al fisco, miliardi di euro risparmiati in tasse

«Accordi troppo vantaggiosi, Paesi che abusano del tax ruling, di compiacenza sull’evasione fiscale. Un sistema che trasferisce in Stati compiacenti la contabilità di profitti realizzati in giro per il mondo. Enormi flussi finanziari nascosti al fisco, miliardi di euro risparmiati in tasse. Fra i trecento colossi ci sono nomi che fanno paura. E ci sono anche trentuno società italiane, incluse grandi banche e aziende di Stato. Tutto è cominciato da un’indagine giornalistica internazionale» – tratto da «La dolce vita della multinazionali» – Il Tredicesimo Piano, iDiavoli
4 APRILE 2016 –  E’ stata definita la più grande fuga di notizie della storia della finanza internazionale. E ora che il contenuto di 11,5 milioni di documenti segreti facenti parte del database dello studio legale Mossack Fonseca è stato reso pubblico, il governo panamense si dichiara pronto a collaborare. Si tratta dei cosiddetti «Panama papers», frutto di un progetto di giornalismo investigativo che sta travolgendo 140 politici – tra cui capi di Stato, ministri e funzionari eletti – e oltre 200 mila società di comodo (off-shore) con sede in 21 paradisi fiscali. Quanto emerge dall’inchiesta avviata dal giornale tedesco Suddeutsche Zeitung e condivisa dall’Icij (il consorzio internazionale dei giornalisti investigativi di cui L’Espresso fa parte in esclusiva per l’Italia) riguarda operazioni che vanno dal 1977 fino alla fine del 2015 e offre un resoconto dettagliato sulla gestione dei grandi flussi di denaro che animano il sistema finanziario globale, riconducibili a evasione fiscale, corruzione o crimine organizzato.
«I numeri parlano da soli – si legge sul settimanale diretto da Luigi Vicinanza – Oltre 200 mila società, fondazioni, trust con sede in 21 paradisi fiscali sparsi per il mondo, dai Caraibi ai mini Stati del Pacifico, da Cipro fino al deserto del Nevada, negli Stati Uniti. E poi decine di migliaia di clienti, cittadini di 200 Paesi diversi, tra cui politici, uomini di spettacolo, imprenditori, sportivi. I nomi degli italiani citati nell’archivio sono circa 800». Il Guardian riporta che «il Blairmore Holdings Inc, fondo con sede alle Bahamas gestito da Ian Cameron, padre dell’attuale primo ministro inglese, evitò di pagare le tasse nel Regno Unito» mentre «un sentiero da 2 miliardi di dollari condurrebbe a Vladimir Putin». «I dati dell’inchiesta – prosegue il quotidiano britannico – mostrano come i ricchi e i potenti siano in grado di sfruttare i regimi fiscali offshore segreti in una miriade di modi».
«A terra, il Paese adottava politiche di austerity per garantire la solvibilità del debito. Si facevano “riforme”. Le chiamano così quei provvedimenti che devastano protezioni sociali, cancellano diritti, dettano leggi sul lavoro sempre più flessibili, piegano donne e uomini al ricatto – Dacci oggi il nostro debito quotidiano –, ma generano anche sofferenza bancarie, deflazione e uno stato endemico di crisi. Sopra il filo, quel debito del lavoratore veniva cartolarizzato e rivenduto. Dai paradisi fiscali la multinazionale acquistava i titoli dei debiti cartolarizzati. A terra, il lavoratore si era fatto uomo indebitato: uno schiavo» – tratto da «La dolce vita della multinazionali» – Il Tredicesimo Piano, iDiavoli

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