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MONITOR


lun 22 agosto 2016

IL GUINZAGLIO TEDESCO ALL’EUROPA CHE VERRÀ

Ieri c’erano Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, insieme a Ursula Hirschmann. Oggi ci sono Angela Merkel, François Hollande e Matteo Renzi. Ieri si dava vita all’Europa, oggi si cerca di tenerla in vita.

Ieri c’era la Crisi della civiltà moderna e i Compiti del dopoguerra. Oggi ci sono i populismi, le divisioni interne, la politica monetaria. C’è la crisi bancaria, i migranti che continuano ad arrivare e l’allarme terrorismo. L’Europa è in trasformazione. Quello che si sta consumando è un cambiamento epocale, che va gestito. L’Ue ancora frastornata dalla Brexit ha bisogno di reiventarsi, ritrovare la sua strada e riscoprire i valori del progetto comunitario. In questo contesto, si incontrano i leader dei tre maggiori Paesi della zona euro, al primo meeting della nuova Ue senza Gran Bretagna: Germania, Francia, Italia.
Merkel, Hollande e Renzi mettono sul tavolo le proposte che verranno poi discusse al summit di settembre a Bratislava, in Slovacchia: sicurezza, crescita, futuro dei giovani. Oggi, come ieri, l’Europa ha bisogno di ricostruire. È il momento di «imprimere uno scarto, consumare un vero e proprio salto di paradigma», direbbe dal Tredicesimo piano il Diavolo per eccellenza Derek Morgan.
Finora l’Europa si è lasciata trascinare dall’egemonia tedesca. «Angela Merkel vuole avere una discussione il più possibile ampia e con il maggior numero di soggetti coinvolti», ha fatto sapereprima del meeting di Ventotene il portavoce Steffen Seibert. La Germania, con il suo rigore, la fede nei mercati, il suo culto del surplus commerciale e gli scambi esteri, è stata il bastone sull’Unione. Ha combattuto la sua guerra fatta di morale e moneta, ha tenuto una bilancia commerciale in avanzo rispetto agli altri Paesi, ha influenzato le scelte comunitarie, ha bacchettato la Grecia.
Adesso, direbbe l’uomo che tutto osserva dall’alto e che dal basso non si può distinguere, Derek Morgan, c’è un problema di «ingordigia predatoria» e va affrontato. Perché il rischio è che la crisi faccia sbriciolare le fondamenta del progetto unitario, determinando la morte clinica dell’Europa.
A partire dal 2008, la gestione del great crash ha approfondito le differenze tra i Paesi sovra-capitalizzati e quelli sotto-capitalizzati, tra potenze continentali e periferia gravata da bilanci pubblici in fibrillazione. Al vertice di questa piramide si colloca la Germania di cui analisti e interpreti rilevano – non del tutto indebitamente secondo chi scrive – l’ingordigia predatoria. La volontà di potenza teutonica ha finito per alterare le linee di forza all’interno dell’Unione. La posizione di Berlino rispetto alla gestione dei titoli di Stato è quasi un preludio alla fine della moneta unica.(…)
L’Europa insegna come la moneta da sola non basti ad attivare processi anti-ciclici. L’unico risultato apprezzabile, al momento, riguarda la messa in sicurezza dei bilanci bancari attraverso un massiccio acquisto di titoli di Stato.(…)
L’estensore di questa informativa confidenziale e gli interessi compositi di cui è garante si sono fatti assertori in passato di un modello chiuso di espansione monetaria, basato su un preciso indirizzo dei flussi. In questo atteggiamento hanno prevalso fissità di sguardo e scarsa duttilità tattica.
Oggi è necessario assumere piena consapevolezza della cesura che si sta consumando in Europa. A una discontinuità netta nel quadro di riferimento deve corrispondere una discontinuità altrettanto netta sul terreno degli strumenti di controllo.
È il momento d’imprimere uno scarto, di consumare un vero e proprio salto di paradigma per ridefinire le condizioni di stabilità. Per queste ragioni individuiamo in una radicale estensione delle politiche monetarie il passaggio decisivo al fine di costruire rinnovate condizioni di equilibrio.
È tempo che la moneta circoli oltre corsi e solchi già tracciati. È il momento di attuare una grande operazione di sostegno della domanda finanziando direttamente i consumatori. Non solo i grandi processi di trasformazione esigono la combinazione di spregiudicatezza e visionarietà. Anche i grandi piani di controllo necessitano della stessa miscela. Non è nel déjà-vu ordo-liberista che possiamo trovare risposte conformi a nuove domande, bensì in parole d’ordine da rubare agli avversari e rideclinare secondo le nostre esigenze.
Continua a leggere La morte clinica dell’Europa. Il Tredicesimo Piano

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