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MONITOR


lun 17 luglio 2017

GENTRIFICATION DI LUSSO A MOSCA

Ostozhenka, vecchia strada di kommunalka e fabbriche, è diventata un luogo per le upper classes del mondo. Inaccessibile per chiunque altro. L’intera area è sorvegliata da un sistema di telecamere a circuito chiuso, ma il futuro è di isolare la zona anche su un piano tangibile, con veri e propri recinti che ne facciano un gated quarter.

Una strada che per estensione indica un quartiere di mezzo chilometro quadrato, tra la ulitsa omonima e il fiume Moscova. Si chiama Ostozhenka. Gli agenti immobiliari lo chiamano “il Miglio d’oro”. Avere una casa qui è un elemento di distinzione, il simbolo di un’appartenenza all’élite. Spesso neanche ci si vive. Possono essere appartamenti di trecento metri quadri con una sola camera da letto, lasciati a impolverare. Luoghi di rappresentanza, esibizioni di potere.

Un comune denominatore dei processi contemporanei di gentrification è la privatizzazione di immobili e interi quartieri un tempo controllati dalla mano pubblica. Il social housing dismesso a vantaggio dell’acquisto di proprietari e degli affitti a prezzo di mercato. Lo Stato che si defila, gli investitori privati che assumono il controllo degli equilibri della città e delle politiche abitative.
Se c’è un Paese dove tutto ciò rappresenta una trasformazione di forte impatto, considerando le esperienze precedenti nel rapporto tra amministrazione e territorio, questo Paese è evidentemente la Russia post-socialista. Dove il saldo controllo centrale del regime sovietico ha lasciato senza padroni una allettante terra di nessuno. Rapidamente occupata, negli ultimi venticinque anni.
L’esito del processo qui ha avuto un segno evidentemente diverso rispetto ai casi classici di gentrification. I nuovi abitanti non appartengono alla cosiddetta “classe creativa” o comunque al ceto medio. Non sono giovani famiglie né brillanti liberi professionisti con velleità bohémien. Questo è un quartiere che si è votato al lusso.
A lungo, nella storia dell’URSS, Ostozhenka è stata una zona desolata, con scarsa capacità attrattiva. Lontana dalla vivacità industriale e commerciale che aveva avuto fino alla metà del Novecento. A guardarli dagli anni Cinquanta/Ottanta del XX secolo, gli eleganti edifici in stile art nouveau, lungo l’asse centrale, ricordavano la decadenza del passato più che la sua luminosità.
Da metà Novecento questa è stata una zona centralissima dal punto di vista fisico, a ottocento metri dal Cremlino, ma del tutto marginale nella percezione. Ospitava magazzini per lo stoccaggio, fabbriche, caserme. Non aveva quasi nessuna manutenzione. Si calcola che il 40% degli alloggi non fosse conforme agli standard di qualità. Circa il 60% degli abitanti viveva in una kommunalka, un grande appartamento condiviso da più nuclei familiari, e comunque la forma contrattuale più diffusa era il corrispettivo del nostro equo canone. Oggi al posto di uno stabilimento tessile si alza un immobile di pregio, la “Crystal House”. Dove all’inizio dei lavori, per arrivare sul posto, bisognava passare per i vecchi tornelli di fabbrica.
È significativo che il grande programma di recupero della Ostozhenka venga avanzato proprio nel 1989. Un programma che punta forte sulla vocazione residenziale dell’area, distanziandosi dal piano di inizio anni Settanta che voleva farne un distretto amministrativo. A questo si aggiunge la pesante influenza della crisi finanziaria russa del 1998, che permette ai capitali privati di imperversare nel patrimonio immobiliare, con soddisfazione delle autorità locali. I risultati tra anni Novanta e Zero saranno brutali. Vecchi edifici buttati giù e nuovi edifici tirati su, piuttosto che interventi sull’esistente (intorno al 2006, oltre il 60% degli immobili pre-rivoluzionari sono stati abbattuti). Innalzamento pilotato della composizione sociale, per mezzo di espulsioni mascherate. Per favorire il ricambio dei residenti, si vieta di privatizzare stanze di qualsiasi kommunalka e appartamenti in edifici destinati alla demolizione. Si compensano i vecchi abitanti, quando va bene, col denaro o con un nuovo alloggio altrove. Tra 1992 e 2004, 1.263 persone vengono sradicate dal proprio quartiere e ricollocate in un altro posto.
C’è un’occasione persa, in questa storia. La possibilità di agire senza sconvolgere, usando attenzione nei confronti del presente, pur guardando al futuro.
L’occasione è il nuovo programma del 1999 per Ostozhenka, approvato dal comune di Mosca, dove si parla di “recupero dei valori estetici” e “armonia nel paesaggio urbano”. E dove, soprattutto, si impone di far restare gli abitanti del quartiere senza sostituirli, e quindi espellerli. Un principio astratto, nobile ma insufficiente a fermare l’avanzata della speculazione, l’innesco della catena e il displacement che la conclude.
Secondo alcuni studiosi la gentrification di Ostozhenka contiene, da parte dei suoi nuovi abitanti russi, una rivendicazione europeista, una presa di distanza appunto dalla società russa. Una manager del settore immobiliare invece osservava nel 2010 come qui praticamente non ci fossero residenti locali, oltre che turisti. E aggiungeva una considerazione che vale in ogni caso: “Completati gli ultimi lavori, questo sarà un ambiente sociale uniforme”.

Oggi è il quartiere più caro del centro di Mosca. Nel 2010 la ulitsa era inserita da «Financial News» tra le prime dieci strade “più costose e desiderabili” al mondo. Una media di 27.000 euro al metro quadro, con punte che per i nuovi edifici sfiorano i cinquantamila. Ostozhenka è diventato un luogo per le upper classes del mondo. Inaccessibile per chiunque altro. L’intera area è sorvegliata da un sistema di telecamere a circuito chiuso. E da alcuni anni si sta ragionando sull’ipotesi di isolare la zona anche su un piano tangibile, con veri e propri recinti che ne facciano un gated quarter.

Per approfondire:

F. Fratini, Il ‘miglio d’oro’ di Ostozhenka («Planum», 2009): www.planum.net/download/moscow_fratini-pdf
A. Akishin, Bypassing Gentrification: the Raging Russian Way(«Failed Architecture», 2013): https://www.failedarchitecture.com/bypassing-gentrification-the-raging-russian-way/

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