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mer 21 giugno 2017

ENTROPIA FISCALE IN INDIA: ARRIVA LA RIFORMA

È il progetto più ambizioso dell'India indipendente in materia di tasse: è la riforma della Goods and Services Tax (Gst), l’imposta unica che sostituirà le tante indirette che popolano l’ecosistema fiscale del Paese. Luci e ombre di un passaggio venduto dal primo ministro Modi come "storico". Ecco come funzionerà e che impatto avrà su commercianti e lavoratori.

A cavallo della mezzanotte tra il 15 e il 16 agosto 1947, i membri dell’Assemblea Costituente dell’India indipendente si riunivano nella storica Central Hall per assistere allo storico discorso d’indipendenza pronunciato dal primo ministro Jawaharlal Nehru. Un discorso altissimo, intitolato “Tryst with Destiny” (Appuntamento col destino), con cui uno dei padri della patria indiana presentava al mondo l’ingresso dell’ex colonia nel novero delle democrazie indipendenti.
Senza lesinare in ambizione e grandeur auto-celebrativa, allo scoccare della mezzanotte del prossimo 30 giugno il governo guidato dal primo ministro Narendra Modi — davanti ai chief minister di tutti gli stati federati indiani, al presidente Pranab Mukherjee e a un nutrito gruppo di “tecnici” — presenterà proprio nella Central Hall parlamentare quella che viene definita la riforma fiscale più ambiziosa dell’India indipendente.
È in arrivo la riforma della Goods and Services Tax (Gst), l’imposta unica che andrà a sostituire la miriade di imposte indirette che popola l’ecosistema entropico del fisco indiano.

Un sistema fiscale “diabolico”

L’entrata in vigore del nuovo regime fiscale rappresenta per il paese una rivoluzione copernicana della tassazione nazionale, culmine di un processo legislativo iniziato oltre dieci anni fa dall’amministrazione della United Progressive Alliance (Upa, la coalizione di governo guidata dall’Indian National Congress di Sonia Gandhi) e portato a termine dall’attuale maggioranza di governo del Bharatiya Janata Party (Bjp).
Fino ad oggi l’economia indiana, con un volume stimato intorno ai 2 trilioni di dollari all’anno, è cresciuta all’interno di un sistema fiscale diabolico, suddiviso in decine di diverse imposte indirette che variano di stato in stato (29 stati federati e 7 “union territories” a statuto speciale), più imposte sulla produzione, la vendita all’ingrosso, la vendita al dettaglio, il commercio di beni tra stato e stato.
Questo dedalo di gabelle — senza contare la mole di documentazione burocratica —  rendeva la vendita di prodotti all’interno del paese piuttosto complicata.

Come funziona

In particolare, l’attuale regime fiscale prevede una catena di “tasse su tasse” che si snoda dal produttore al consumatore, accumulandosi fino al prezzo finale del prodotto.

Per spiegare il meccanismo, l’Indian Express qualche mese fa ha fatto l’esempio di una maglietta che, nei tre passaggi produttore – venditore all’ingrosso – venditore al dettaglio, veniva progressivamente tassata tre volte.
Con l’introduzione della Gst, dal primo luglio, l’India abolirà tutte le tasse per il commercio tra stati – dando vita a un enorme mercato libero interno di 1,3 miliardi di persone – e le varie imposte federali e statali saranno accorpate in un’unica imposta applicata al punto di consumo, dando la possibilità ai produttori e rivenditori di avvalersi degli sgravi fiscali presentando le ricevute di ogni transazione.
La Gst sarà suddivisa in quattro categorie di tassazione – 5 per cento, 12 per cento, 18 per cento, 28 per cento – più una a tassazione 0 e una a tassazione “speciale”, a seconda dei beni o servizi forniti ai consumatori, andando dallo 0 per i beni di prima necessità (frutta, verdura, riso, latte) a vette del 280 per cento per i prodotti derivati dal tabacco, inseriti nella categoria speciale dei “beni peccaminosi”.
In mezzo c’è letteralmente qualsiasi cosa si possa acquistare, dal dentifricio ai biglietti per il cinema, dalle auto di lusso al sapone per i piatti, dai medicinali agli assorbenti (scandalosamente considerati bene non primario e quindi tassati al 12 per cento).
Come per la demonetizzazione del novembre 2016 – quando Modi annunciò a sorpresa la messa fuori corso di tutti i tagli da 500 e 1000 rupie, pari all’86 per cento delle banconote in circolazione in India – anche la Gst viene descritta dalla maggioranza di governo come un passaggio storico necessario a rinvigorire la crescita.

La stampa da mesi parla di un potenziale incremento di due punti percentuali del Pil, se l’implementazione della Gst andrà a buon fine e finalmente si riuscisse a semplificare il sistema fiscale indiano. Risultato sul quale, naturalmente, incombono ombre inquietanti.

Se ad esempio è vero che dalle oltre 17 imposte indirette ora in vigore si passerà a una sola Gst, è vero anche che le novità nelle modalità della dichiarazione dei redditi andranno con ogni probabilità a complicare ancora di più la vita delle aziende.
Come spiega l’Economic Times: «Via le ricevute scritte a mano, i libri contabili e i taccuini. Tutto ora sarà fatto online e dovrà essere aggiornato con regolarità. Un’azienda dovrà compilare 37 dichiarazioni dei redditi all’anno (tre al mese e una annuale) per ogni stato dove opera. […] Un’azienda con uffici in tre stati dovrà compilare 111 dichiarazioni dei redditi all’anno».
Il panorama si fa ancora più fosco se si considera che connettersi ai server del Gst Network e registrare online la propria compagnia sarà pressoché impossibile per gran parte di quel centinaio di milioni di piccoli commercianti e negozianti sparsi in tutto il paese. Un segmento che contribuisce per il 30 per cento al Pil nazionale e che, secondo Praveen Khandelwal, presidente della Confederation of All India Traders, «al 60 per cento non sa utilizzare un computer».

Le organizzazioni di commercianti e industriali indiani hanno cercato di scongiurare le prospettive caotiche di cui sopra chiedendo all’esecutivo più tempo per prepararsi alla transizione, magari posticipando l’entrata in vigore della Gst al primo settembre.
Deroga impraticabile per il governo, deciso a pigiare il piede sull’acceleratore così da poter eventualmente assorbire il caos del Gst a distanza di sicurezza dalle prossime elezioni nazionali del 2019, quando Narendra Modi prevede di presentarsi alle urne come l’Uomo delle Riforme e con almeno due risultati concreti da spendere in campagna elettorale: un’India dove sia più facile fare affari (nel 2016 l’India è arrivata 130esima, su 189, nella classifica della Banca Mondiale per “Ease of Doing Business”) e dove le tasse, ora semplificate, si paghino più di prima.
Ingrossando la base fiscale del subcontinente che al momento – tra esenzioni per le attività agricole, minorenni, pensionati e un’evasione fiscale rampante – coinvolge meno dell’1 per cento della popolazione totale.

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