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MONITOR


mar 24 maggio 2016

DIMINUISCE L’ASPETTATIVA DI VITA

Ma non per tutti

Se il grande Totò nella famosa poesia “ ‘A livella” ci ricordava che col sopraggiungere della morte si diventa tutti uguali, sembra però che il momento in cui arriva questo appuntamento cambi, e non poco, in base al 730. Secondo il recente rapporto annuale sulla salute dell’Università Cattolica l’aspettativa di vita per chi ha un reddito più basso è molto inferiore rispetto a chi è più benestante. Se, come ho scritto nel precedente post, essere ricco non garantisce la via per la felicità, essere poveri in Italia fa correre seriamente il rischio di campare di meno. L’ISTAT aveva già reso note le 54.000 morti in più che si sono verificate nel 2015, ora con questo rapporto stanno venendo a galla le motivazioni. Quali sono? In realtà le motivazioni sono diverse, e comprendono anche la diminuzione dei vaccini a causa del crescente allarmismo, e l’ondata di calore che si è verificata nel 2015. Tuttavia sembra che la principale causa della diminuzione dell’aspettativa di vita sia dovuta ai tagli alla prevenzione nel sistema sanitario. Altre fonti citano che anche un’alimentazione meno curata, sempre legata alla diminuita capacità di reddito, può avere fatto la sua parte.
Sta di fatto che per la prima volta dal dopoguerra la nostra speranza di vita è diminuita:
– per gli uomini dagli 80,3 anni del 2014 agli 80,1 del 2015;
– per le donne dagli 85,0 anni del 2014 agli 84,7 del 2015.
Chiaramente la diminuzione è più marcata nelle regioni più povere, ovvero quelle del sud, dove le condizioni del servizio sanitario regionale sono peggiori. I cittadini di Campania e Sicilia mediamente vivono quattro anni di meno rispetto agli abitanti delle Marche o nel Trentino. Ma perché accade? Da brava contabile devo evidenziare che un inghippo nasce proprio da motivi di bilancio, in quanto la prevenzione ha un orizzonte temporale più ampio rispetto al bilancio annuale producendo benefici futuri a fronte di costi presenti, e per questo si presta maggiormente a tagli che puntano ciecamente all’immediato. La prevenzione in realtà è una sorta di “accantonamento per rischi futuri” la cui mancanza però si tradurrà in maggiori costi negli anni a venire, perché chi non muore prima avrà comunque maggiore possibilità di ammalarsi, soprattutto se non si è curato in tempo. Ma, come si suol dire, “chi vivrà vedrà”.
Se questa è la situazione nel nostro paese, volgendo lo sguardo verso gli Stati Uniti il contesto è ancora più drammatico. In base ad un recente articolo uscito sul NY Times l’aspettativa di vita delle donne povere è crollata da 79 a 75 anni, mentre le ricche sono passate da 83 a 88. Quindi, se la vita media della donna è rimasta pressoché invariata, un’americana benestante nata nel 1920 viveva 4 anni in più di una povera, mentre una nata nel 1950 vive 13 anni in più. Lo stesso squilibrio si ritrova nei maschi, dove l’aumento della longevità riguarda solo i ricchi, mentre i poveri sono fermi a quota 74 anni. Sono numeri che fanno riflettere, ma che mi fanno venire un altro dubbio; visto che in Italia l’età della pensione si è allontanata a causa dell’incremento dell’aspettativa di vita avvenuto sino ad oggi, se il trend dovesse rimane questo e all’INPS non si spicciano ad accorgersene, va a finire che andremo in pensione quando saremo già morti!

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