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ven 10 novembre 2017

UN’ENCLAVE DI LUSSO BLINDATA VICINO A MILANO

Storia di un guscio urbano per pochi eletti. È Borgo Vione, dove tutto è "cintato", non si può entrare. Il modello è sicurezza e sorveglianza. L'accesso è consentito solo ai residenti e agli autorizzati. “No Strangers” dice un cartello in inglese. È una comunità blindata, un complesso di pregio per circa cinquecento abitanti, con villette a schiera e abitazioni autonome.

“Sarà il regno del silenzio” annunciava il direttore della società immobiliare, quando Borgo Vione stava per diventare una delle prime gated community in Italia. “Borgo Vione. Abitare uno stile di vita” diceva lo slogan pubblicitario.

C’era una strada provinciale, poco lontana. È stata chiusa al traffico, dirottato altrove: inaccettabile la minaccia di caos, per chi è venuto a vivere qui. Il rumore, il silenzio. Oggi all’interno delle mura c’è una chiesa riservata agli abitanti, san Bernardo, dove ogni mattina un pianoforte in riproduzione automatica suona musica per la comunità.

Le origini

Hinterland meridionale di Milano. Basiglio, da anni ai vertici delle classifiche dei comuni col più alto reddito pro capite, ha due frazioni notevoli. Una è Milano 3, il complesso di residenze private voluto da Silvio Berlusconi. L’altra è Borgo Vione.

Sulla seconda realtà ha pesato con forza l’esperienza della prima, che dalla fine degli anni Settanta ha portato un nuovo tipo di residenti sul territorio. In quello stesso periodo, la dismissione della produzione agricola faceva cadere in rovina Borgo Vione.
Piccolo insediamento fortificato, nato nel secolo XI e a lungo orgogliosamente autonomo, Borgo Vione diventò una grangia di un’abbazia cistercense, ovvero una sorta di villaggio che ruota intorno a un magazzino. Per secoli, prima della recentissima rivoluzione, è stato poi un semplice borgo agricolo dedito alla coltivazione di cereali nella fertilissima area circostante.
Quando venne annesso al comune di Basiglio, nel Settecento, erano gli anni in cui si costruivano i due portali degli ingressi principali e lo splendido giardino che oggi è uno dei lussi per i soli residenti.

Ha superato intatto le guerre e la speculazione edilizia del Novecento (grazie alle tutele del Parco agricolo Sud). Ha vissuto quarant’anni di decadenza. Infine, il 1° maggio 2011, è diventato un quartiere esclusivo, una città nella città. Un’operazione da circa 80 milioni di Euro, oltre la metà dei quali coperti dalla Banca Popolare di Milano. Un’operazione svolta in tempi rapidi: il progetto è del 2007, l’inizio dei lavori del 2009.

Segregazionismo con tutti i comfort

“È tutto molto cintato, non si può entrare” annuiva una residente in un recente servizio televisivo. “No Strangers” ribadiva un altro in inglese.

Un complesso di pregio per circa cinquecento abitanti, con villette a schiera e abitazioni autonome. Il tutto ricavato dalla villa padronale del borgo, ma anche da pollai, stalle e case dei contadini. A ridosso dell’enclave di lusso, ci sono un mulino trasformato in sala mostre e un ristorante stellato. Chi li frequenta, comunque, non ha accesso all’area dei residenti.

La presentazione del progetto, qualche anno fa, sottolineaval’articolazione dei servizi possibili: “Una società di gestione esaudirà tutte le richieste dei proprietari, dai servizi di baby-sitting alla consegna della spesa, fino all’innaffiamento dei fiori 24 ore su 24”. Dalle necessità primarie fino ai vezzi.
Vigilanza armata, telecamere di videosorveglianza (diciotto), sensori volumetrici antintrusione. Accesso consentito solo ai residenti e agli ospiti dei residenti, previa identificazione di un custode presente 24/24. Intorno, un lungo muro di cinta rafforza il confine naturale delle rogge, i canali artificiali che perimetrano l’insediamento. Uno spazio blindato, anche per gli insetti che popolano le risaie circostanti: “Ci saranno zanzariere ovunque” assicurava l’immobiliare.
E dentro le mura, l’espressione del comfort adatto a residenti di prestigio. Spa, piscina con acqua di falda, grotta di sale, palestra, “alberi da frutto particolari”, box con porte colorate a tinte vivaci, kindergarten, sala ricreativa. Anche uno zoo didattico. E la chiesa privata e il giardino settecentesco.

Natura, sicurezza, relax. Tutto insieme e tutto a pochi chilometri da Milano.

Una comunità “selezionata”

L’architetto a capo dei lavori che hanno cambiato volto e destinazione dell’area, spinge sulla contrapposizione ormai classica tra decoro e degrado. L’intervento non deriva da interessi speculativi, non isola uno spazio desiderabile da uno spazio indesiderabile, ma “ritrasforma, per le rinnovate esigenze di convivenza materiale e civile, un patrimonio che altrimenti sarebbe stato destinato all’inevitabile degrado”.

La pubblicità, quando il progetto era a uno stadio iniziale, si rivolgeva ai potenziali acquirenti battendo sulla distinzione. Noi siamo diversi, noi siamo migliori. E spingeva su altri due tasti classici: da una parte il mito della fortezza assediata, dall’altra la demonizzazione della città pericolosa a fronte della pace bucolica.
“In città ci sono traffico, inquinamento, aggressività, violenza. E soprattutto troppe persone con origini e abitudini diverse. Verranno ad abitare qui persone con background culturale e lavorativo comune”.
Una nuova fortificazione, nella campagna a sud di Milano, in continuità con le sue radici medievali.
Per approfondire:
  • M. Artero, Dietro i cancelli. L’esperienza delle Gated Community nella periferia milanese: i casi di Borgio Vione e Villaggio Rovido, Tesi di Laurea Magistrale in Scienze Sociali per la Ricerca e le Istituzioni, Università degli Studi di Milano, A.A. 2012/13.
Una “Gated community” a Londra, leggi qui

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