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MONITOR


mar 11 luglio 2017

LE INUTILI BARRICATE ANTI-MIGRANTI

Uomini, donne, soprattutto bambini, spesso non accompagnati. Quello che chiamiamo “emergenza" è una composizione sofferente di volti e storie, inarrestabile crisi del secolo. È atroce l'utopia che racconta di voler fermare le migrazioni, alzando muri. È distorta ed esclusiva la narrazione che punta il dito contro l'accoglienza e ignora, invece, il nodo cruciale: creare canali legali per i flussi migratori. Il punto è gestire sbarchi e accoglienza, non chiudere le porte.

Schiere di uomini erranti attraversano l’Europa. Una mareggiata di carne umana lascia sulla battigia i segreti inconfessabili di un continente, la cui unità politica sembra andare in frantumi nel volgere di questi anni Dieci del XXI Secolo. I migranti come grande alibi per comprimere al ribasso il costo del lavoro, vestigia ottocentesca nella postmodernità, déjà-vu di Lumpenproletariat buono per tacitare ogni rivendicazione salariale. I migranti che generano crescita economica… ma di questo non si deve parlare. I migranti che fanno paura e incrementano i profitti della sicurezza. I migranti come spauracchio evocato per coltivare le passioni tristi e raccogliere il consenso. I migranti per dimostrare l’insostenibilità del welfare. I migranti, ovunque. Anche dove non ci sono. La formula magica di un incantesimo che sta ammaliando l’Europa. Da Europa Anno Zero – il Tredicesimo piano

Cronaca di una tragedia umanitaria

È marzo del 2016, l’Unione europea e la Turchia raggiungono finalmente un’intesa. L’obiettivo è arginare i flussi di migranti che scappano dalla guerra e dalla miseria, in direzione Europa. Migliaia di persone a portata di telecamera sfilano come fantasmi davanti a centinaia di giornalisti. Arrivano a migliaia sulle isole greche. Partono dalle coste della Turchia, attraversano il mare, approdano nel Vecchio continente che intanto fatica a trattenere le pulsioni di chi vuole barricarsi e chiudere i confini.

Il nodo dell’accordo prevede che tutti i profughi che arrivano “illegalmente” sulle coste greche (a partire dal 20 marzo 2016) possano essere rimandati indietro. Ergo: rispediti in Turchia, senza nessuna garanzia. Per ogni migrante de facto cacciato dall’Europa, un altro potrà accedere attraverso i cosiddetti “corridoi umanitari legali”. Ankara accetta, incassa anche il via libera di Bruxelles per un contributo da tre miliardi per i campi profughi in territorio turco. Conta di ottenere in cambio la liberalizzazione dei visti per i propri cittadini che vogliono raggiungere l’Europa. Finché c’è “diga” migranti, c’è Erdogan.

Siamo a luglio 2017, è passato più di un anno. Migliaia di disperati continuano ad arrivare, a marciare sotto il sole una volta toccata la terra ferma, a cercare di ricomporre i pezzi di una vita devastata. Senza contare i morti in mare. La terra di approdo non è solo la Grecia, ma anche l’Italia. Le rotte sono diverse, la disperazione uguale. I flussi migratori che puntano all’Europa attraverso la Libia continuano ad aumentare. «Più di 60.200 migranti sono giunti da Libia ed Egitto nei primi cinque mesi del 2017, circa il 25% in più rispetto allo stesso periodo nel 2016», scrive lo European Council on Foreign Relations.

Il fallimento della politica e la “regionalizzazione dei soccorsi”

La politica mostra insofferenza. Roma si sente abbandonata dall’Unione nella gestione degli sbarchi. Spera di ottenere che altri porti europei accolgano i migranti. La chiama tecnicamente «regionalizzazione dei soccorsi». Chiede un tetto al numero degli ingressi, rispolvera il vecchio refrain della destra sovranista: «aiutiamoli a casa loro».

Succede a sinistra, il segretario Pd Matteo Renzi, scrive nel suo ultimo libro, rilanciato da tutti i media a tappeto: «Vorrei che ci liberassimo da una sorta di senso di colpa. Noi non abbiamo il dovere morale di accogliere tutti, ripetiamocelo. Ma abbiamo il dovere morale di aiutarli. E di aiutarli davvero a casa loro».

Il caso diventa politico. Sotto accusa c’è il protocollo applicativo dell’operazione Triton, firmato dall’Italia. Prevede che sia proprio l’Italia la terra di sbarco per i migranti. Eppure è identica la regola esistente per le operazioni Poseidon in Grecia e Indalo in Spagna.
Le leggi sull’immigrazione sono state leggi sul lavoro. Sfacciata ipocrisia, dopo che per anni e anni i migranti sono stati trattati come armi nelle campagne elettorali: si scrive sicurezza, si legge guerra alle donne e agli uomini in transito. Quasi ogni partito sventola la bandiera securitaria, quando le consultazioni sono imminenti, e l’equazione migranti-terrorismo è la formula magica del consenso. Da Muri di terra e muri di mare, la partita dei migranti – Il Tredicesimo piano

Alzare i muri: l’utopia atroce contro chi arriva

Ritorna lo stesso interrogativo che ricorre ormai da almeno due anni: ha senso barricarsi?

Risponde Louise Arbour, rappresentante speciale per le migrazioni del Segretario Generale Onu, intervistata dal Corriere della Sera. «L’unica soluzione per risolvere il problema dei migranti è creare flussi legali. Pensare di fermare queste persone alzando muri e impedendo loro di partire è un’utopia». Il punto è gestire, non chiudere.

La questione diventa creta da manipolare nelle mani dei partiti sovranisti, strumentalizzata da chi lavora alla rinazionalizzazione delle masse attraverso il rifiuto di chi ha un’altra cittadinanza. È una crisi nella crisi, quella dei migranti, umanitaria ed economica. E non si torna indietro.

«Subentra la paura, il rifiuto alla regolarizzazione di chi riteniamo diverso da noi. Ma bisogna spiegare quali sono i vantaggi. Fermare questi flussi non è possibile, il fenomeno è irreversibile e come tale va governato. Anche perché, parlo dei rifugiati, ci sono dei requisiti di solidarietà da rispettare. Purtroppo all’interno dell’Ue si prendono impegni che poi non vengono rispettati», continua Arbour. Il vero nodo è negoziare con la Libia, ma «concedere fondi alla Guardia costiera locale non è la soluzione, anzi».

L’accoglienza nel mirino

In una narrazione distorta e pericolosamente esclusiva, chi accoglie finisce nel mirino. Succede alle Organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo. Si instillano dubbi su presunti legami tra Ong e trafficanti. A maggio 2017 scoppia il caso.

Una ricerca della Goldsmith University of London, però, smonta un’equazione troppo semplicistica. Il dossier porta un titolo emblematico: “Accusare i soccorritori“. Parla di una «campagna di delegittimazione e criminalizzazione scatenata contro le Ong». Analizza le operazioni Ue, i comportamenti e le strategie della guardia costiera libica e le tattiche dei trafficanti.

«Bisogna chiedersi le ragioni di una vero e proprio vuoto nelle attività di ricerca e soccorso che rende necessario l’intervento delle Ong», sostiene il ricercatore Lorenzo Pezzani, che ha condotto la ricerca insieme a Charles Heller. Gli arrivi, spiega lo studio, non aumentano a causa dell’accoglienza: «Le traversate dal Marocco hanno registrato fra il 2015 e il 2016 un aumento del 46% nonostante la totale assenza di Ong impegnate attività di ricerca e soccorso (Sar) nell’area».

Secondo quanto spiega Pezzani, «le argomentazioni contro le Ong ignorano deliberatamente il peggioramento delle crisi economiche e politiche che colpiscono numerose regioni dell’Africa (…) in Libia, i migranti sono vittime di violenza estrema e sono disposti a tentare la traversata con o senza la presenza di attività di ricerca e soccorso».

E ancora: «Siamo convinti che la narrazione tossica che accusa ingiustamente le Ong sia parte di un tentativo più ampio di criminalizzazione delle iniziative di solidarietà verso i migranti. È anche una distrazione conveniente che distoglie l’attenzione dall’incapacità dei governi ad affrontare veri problemi».

Intanto, proprio in questi giorni, la Commissione europea è al lavoro, in contatto con le autorità italiane, riguardo ad una sorta di codice di condotta.

«L’obiettivo è fornire una chiaro set di regole su come operano e come interagiscono con le operazioni dell’Ue e con le autorità pubbliche incaricate delle operazioni di ricerca e soccorso», spiega un portavoce della Commissione all’Ansa. Tutte le realtà coinvolte «dovrebbero essere sottoposti agli stessi requisiti per quanto riguarda ad esempio il tipo di imbarcazione utilizzato e dove conducono le operazioni. Tutte le navi con bandiera italiana e quelle delle operazioni Ue hanno regole stringenti e certificazioni per potere operare salvataggi. Con le Ong che portano avanti un numero crescente di operazioni simili, queste ultime dovrebbero obbedire agli stessi standard».
«Mi dico che gli imperi sono collassati proprio per la chiusura e gli integralismi, e sono invece fioriti nell’integrazione. Resto fermo e mi chiedo: cos’è la gestione dei flussi migratori se non l’essenza di quella che chiamano biopolitica? Una gigantesca macchina che sorveglia e sottomette, un potere che indirettamente incide sulla carne di milioni di persone. E ogni nuova barriera determina – senza appello e alla lettera – la vita o la morte». Da Muri di terra e muri di mare, la partita dei migranti – il Tredicesimo piano

Le zone d’ombra: quei minori soli e invisibili

Uomini, donne, soprattutto bambini, spesso non accompagnati. Quello che chiamiamo “crisi migratoria”, “emergenza migranti”, “problema profughi” è una composizione sofferente di volti e storie. Solo nei primi tre mesi del 2017, sono arrivati 5300 minori in Italia, Spagna, Grecia e Bulgaria. Di loro circa il 69% viaggiava da solo, senza un adulto ad accompagnarlo.

Quella che sulla carta è una questione di numeri, nella realtà è una tragedia umanitaria. I bimbi che arrivano da soli in Europa non sono al sicuro, avvertono l’’Unhcr, l’Unicef e l’IRC (l’International Rescue Committee). Le insidie sono rappresentate da violenze, sfruttamento, lavoro minorile. Molti sperano di raggiungere le loro famiglie in altri Stati d’Europa. Ma c’è un ostacolo chiamato “relocation” che funziona a singhiozzo. Nelle parole di Lucio Melandri, Senior Emergency Manager di Unicef: «Li vediamo alla frontiera di Ventimiglia o di Como, quelle che sono le cosiddette ‘dark area’, dove i minori decidono di diventare invisibili e dove la violenza può avere il sopravvento».
E questa volta non sono le armate di Solimano il Magnifico a marciare verso il cuore dell’Europa, bensì moltitudini di donne e uomini. Eppure la forza che sospinge il viaggio dei migranti, degli esseri umani in fuga, sembra la stessa.Ombre in Europa. Ombre che risucchiano l’ufficio nel buio. E ombre ad annerire i pensieri. Oggi, i passi di quelle donne e di quelli uomini ridefiniscono gli equilibri geopolitici.
Da Europa Anno Zero – il Tredicesimo piano

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