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gio 28 luglio 2016

LA CURA NPL. ATLANTE ATTO II CONTRO I FONDI AVVOLTOIO

Noi de "i Diavoli” avevamo già guardato in questa direzione. Lo avevamo scritto i primi di giugno. Contro i “fondi avvoltoio” serve uno spin-off degli Npl

Il piano per Atlante atto secondo è pronto. Il Fondo è ai blocchi di partenza e intende comprare le sofferenze che le banche italiane hanno in pancia e non riescono a smaltire. Questa è la notizia. Da giorni i rumors raccontavano di una dotazione che avrebbe potuto scavallare quota 3,5 miliardi di euro. Secondo quanto scrive il Sole 24 Ore, che ha in mano un documento riservato di cinquantotto pagine con i dettagli dell’intero piano, il Fondo acquisterà Npl (Non performing loans), meglio conosciuti come crediti deteriorati, a un prezzo che può arrivare a cinque miliardi, fino al 32% del valore originale.

Ma c’è di più. Atlante pensa anche alla creazione di una “bad bank”, separata dalla “good bank”, dove – scrive il Sole – «riversare i crediti in vista di una valorizzazione». Lo scopo sarebbe di «generare un ritorno sia dall’investimento nella cartolarizzazione che dall’investimento in strumenti finanziari ad hoc».

LO SPIN-OFF DEGLI NPL

Noi dei “Diavoli” avevamo già guardato in questa direzione. Lo avevamo scritto i primi di giugno. Contro i “fondi avvoltoio” serve uno spin-off degli Npl, per non lasciare a un mercato “limitato” e affamato di rendimenti elevati il giudizio finale sul valore delle “scorie”, sventando una liquidazione forzosa al prezzo più basso. La banca verrebbe divisa in due: da un lato una good banksulla quale non grava il fardello pluriennale di crediti deteriorati, derivato da anni di crisi e cattiva gestione; dall’altro, invece, la bad bank dove rovesciare tutte le sofferenze. Questo tipo d’intervento metterebbe praticamente fuori gioco i fondi avvoltoio. In un contesto di tassi a zero e di ricerca di rendimento ovunque, una bad bank quotata costituirebbe un fattore di relativa stabilizzazione e potrebbe attivare un circolo virtuoso.
«Infatti, una volta isolata e risolta la questione sofferenze, la generazione di reddito della “good bank” all’interno del sistema appare rilevante senza la impellente necessità di coprire le perdite pregresse sui crediti. Lo spin off della “bad bank”, al riparo dalla speculazione e da decisioni frutto delle urgenze del momento, farebbe emergere il reale valore di mercato delle attività bancarie e quello delle sofferenze e renderlo monetizzabile. Qualsiasi valore maggiore di zero per le sofferenze sarebbe un reale arricchimento per l’azionista delle banche che oggi vede quel valore diluito all’interno del gruppo indistinto mentre la descrizione di un perimetro chiaro per l’attività bancaria sana non potrà che far emergere il valore della stessa oggi annacquato dalle sofferenze.» Da Lo spin-off degli Npl: scacco matto agli avvoltoi

Come mostrano questi video de i Diavoli, lo scenario prevede due dimensioni separate. Ovvero: una connessa all’attività reale e altra legata allo smaltimento dei crediti deteriorati, quindi delle attività in sofferenza. Il punto è che una volta deciso di costituire un veicolo separato, quindi una bad bank, «è vincolante dotare il veicolo di capacità di sussistenza propria attraverso prezzo di conferimento degli attivi poco suscettibili a ulteriori ribassi».
«Le banche con un più solido modello di business potrebbero finalmente distinguersi rispetto a chi, anche al netto delle sofferenze, fatica a stare al passo coi tempi, incoraggiando il definitivo consolidamento del sistema. Lo spin off potrebbe rendere maggiormente visibili queste disparità ed accelerare il processo in corso». Da Lo spin-off degli Npl: scacco matto agli avvoltoi

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