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MONITOR


mar 31 maggio 2016

VENETO BANCA UN DISASTRO FINANZIARIO MOLTO “DEMOCRATICO”

«Se a sottoscrivere quei prodotti fossero degli investitori professionisti, non obietterebbe nessuno. Il problema, Phil, è nella catena di controllo: da quando non vengono puniti i responsabili dei dissesti fino a quando i dissesti sono coperti con delle inutili toppe» Tempesta a Nord-Est, I Diavoli [30.12.2015]
31 MAGGIO 2016 – Il Consiglio di Amministrazione di Veneto Banca presieduto da Stefano Ambrosini ha fissato nella notte la forchetta di prezzo, in vista dell’aumento di capitale da un miliardo, tra lo 0,10 e lo 0,50 e così gli 87.502 soci dell’ex popolare hanno visto precipitare il prezzo delle loro azioni da 40,75 euro a pochi centesimi. La Stampa lo definisce “un disastro finanziario molto democratico” che ha coinvolto sia grandi che piccoli investitori, politici e enti caritatevoli, piccole imprese e grandi banche americane. Avevano tra le mani 5 miliardi di euro, oggi si ritrovano con poco più di niente.

La tempesta si è abbattuta principalmente sul Nord-Est: nel solo Veneto 2,8 miliardi di ricchezza andata in fumo; 575 milioni in Piemonte; poco più di 200 mila euro in Valle d’Aosta.  Ma la mappa della ricchezza svanita attraversa in lungo e in largo tutta l’Italia. E se a questi numeri si sommano quelli della Popolare di Vicenza “il quadro – riporta sempre La Stampa – è ancora più sconvolgente”: 210 soci coinvolti e 11 miliardi di euro scomparsi. Il modello delle banche popolari non quotate che hanno gonfiato a tavolino il valore delle proprie azioni, vedendole allo sportello come prodotti “sicuri”, è definitivamente fallito.

Il Sole 24 Ore spiega che “non sono bastati 250 incontri con investitori istituzionali per suscitare nel mercato un interesse sufficiente a valorizzare il prezzo che quindi si è fermato a un minimo di 10 centesimi”. E ora il rischio, come per la Popolare vicentina, è che la banca non riesca a raggiungere il flottante del 25% del capitale per sbarcare a Piazza Affari e che quindi anche l’istituto di Montebelluna venga “inghiottito” dal fondo Atlante che ha già firmato con l’attuale consorzio di garanzia il contratto di sub-underwriting. Atlante, insomma, assumerebbe una quota di riferimento in modo da poter attuare una profonda ristrutturazione.

Per quanto riguarda un altro istituto sotto la lente della Banca Centrale Europea, Carige, ieri la banca ligure ha approvato «all’unanimità», come specificato in una nota, le linee guida del piano industriale 2016-2019, che sarà mandato in Bce in vista dell’approvazione definitiva del business plan entro il 30 giugno. Nei giorni scorsi Carige aveva escluso la necessità di un aumento di capitale ma molto dipenderà dall’intervento, ora allo studio, sui crediti deteriorati.
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