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MONITOR


gio 31 marzo 2016

COMPLICI DI UN SISTEMA DOPATO

Dopo la trasformazione in Spa la Popolare di Vicenza pronta all’aumento di capitale… sulla pelle dei piccoli risparmiatori

«Il controllore avverte i vertici della banca, ovviamente con moniti secretati per non creare il panico. Non prende provvedimenti disciplinari ma invita la banca a ripatrimonializzarsi. I modi sono due: aumento di capitale o emissione di strumenti ibridi. E questi, chi li può sottoscrivere? I correntisti della banca locale, è chiaro. Non certo gli investitori istituzionali, che si tengono lontani. Quindi il controllore spinge le banche in difficoltà a emettere strumenti rischiosi, ma si disinteressa del profilo dell’investitore finale. Se a sottoscrivere quei prodotti fossero degli investitori professionisti, non obietterebbe nessuno. Il problema, Phil, è nella catena di controllo: da quando non vengono puniti i responsabili dei dissesti fino a quando i dissesti sono coperti con delle inutili toppe» – tratto da «Tempesta a Nord-Est» – ll Tredicesimo Piano
31 MARZO 2016 – Ieri in tarda serata Unicredit ha fatto sapere attraverso un portavoce che «sta valutando se esistono le condizioni per realizzare entro il 30 aprile» l’operazione di aumento di capitale da 1,75 miliardi della Popolare di Vicenza e ha smentito di aver contattato il Governo italiano per ottenere un appoggio come scritto dal Financial Times. L’istituto milanese è unico garante dell’aumento e insieme sponsor del collocamento in Borsa della banca vicentina (assieme a Mediobanca, Jp Morgan, Deutsche Bank e Bnp Paribas). La Bce ha posto massima attenzione all’operazione di aumento di capitale e contestuale quotazione dell’istituto dopo la trasformazione in spa. In una lettera del 24 febbraio resa nota all’assemblea del 5 marzo, la vigilanza unica presieduta da Danièle Nouy sottolineava che «Bpvi è a un bivio: nel caso in cui uno qualsiasi degli elementi del progetto non fosse
approvato e la banca non rispettasse i requisiti patrimoniali, si renderebbe necessario adottare misure di vigilanza, incluso l’esercizio dei poteri previsti dal Testo Unico Bancario ( D. Lgs. N.385/1993), come modificato dal Decreto Legislativo n. 181/2015, che attua la Direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle banche». Come riportato dal Corriere della Sera, «a rendere più complessa l’operazione è che il 45% del capitale andrà in opzione ai vecchi soci popolari, il resto sarà collocato presso investitori istituzionali. E proprio da questa parte del mercato sarebbero arrivati segnali tiepidi, se non proprio freddi, sulla disponibilità a partecipare alla ricapitalizzazione».
«La banca deve estrarre valore dai piccoli clienti, per mettere una toppa ai problemi nati coi grandi. E questi, ipertassati a loro volta, devono nutrire il Leviatano della cosa pubblica. Le banche rispondono a un dispositivo generale di estrazione del valore. Sono costrette a  estrarre  dalla classe media, dalla vita stessa, quando invece le imprese a cui prestano dovrebbero ricapitalizzarsi con risorse proprie. Qui i colpevoli sono davvero troppi. Gli imprenditori col nero in Svizzera, la Porsche in garage e il fido in banca, i risparmiatori che cercano rendimenti dopati, i controllori deboli, i banchieri che estraggono valore ovunque. Oggi ci si indigna per l’ennesimo furto, ma il problema è globale. Il capitalismo estrattivo non salva nessuno. Tutto è a reddito: la terra, l’acqua, l’atmosfera, i saperi. Perfino gli affetti e le relazioni. Figurarsi se i piccoli risparmiatori possono restarne fuori…» – tratto da «Tempesta a Nord-Est» – ll Tredicesimo Piano

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