Decodificare il presente, raccontare il futuro

MONITOR


ven 12 agosto 2016

IL BUCO NERO DI DEUTSCHE BANK

Ma scherza, se DB fallisse l’onda d’urto investirebbe anche Marte e Plutone. «DB is too big to fail»

DB è a leva sul sistema bancario. Ma il suo vero tallone d’Achille non è la liquidità bensì il capitale. Un peccato originale che risale al 2008 quando i suoi competitor americani vennero ricapitalizzati de jure mentre DB rifiutò di ricevere – a differenza di altre banche tedesche – qualsiasi tipo di iniezione di capitali pubblici. Ora i nodi vengono al pettine». Rischia di fallire? «Ma scherza, se DB fallisse l’onda d’urto investirebbe anche Marte e Plutone. «DB is too big to fail», è troppo grande per fallire, salterebbe l’intero sistema finanziario del pianeta. Vede, se la Deutsche non fosse stata tedesca, si sarebbe già trasformata in un oggetto narrativo, protagonista di film, libri e documentari. Ma la Germania la salverà e finalmente finirà la stupida retorica sul divieto agli aiuti di Stato». Da DB, troppo grande per fallire. Il Tredicesimo Piano
Lo scenario è quello di una nuova crisi finanziaria sistemica «con un declino del mercato azionario globale del 40 per cento in sei mesi». Sotto esame c’è un campione di cinquantuno grandi banche europee. E Deutsche Bank avrebbe un buco di capitale pari a 19 miliardi euro. A prospettare questa catastrofe è lo Zew, Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung, istituto economico con sede a Mannheim, in Germania. Lo studio (qui) è stato condotto dal team del professor Sasha Steffen, sulla base dei parametri della Federal Reserve Usa (CCAR 2016), diversi da quelli usati per gli stress test dell’Autorità bancaria europea (Eba) nel 2014.

Il deficit di capitale delle banche passate al setaccio da Zew raggiungerebbe quota 123 miliardi di euro: in testa DB con 19 miliardi di euro, dalle francesi Société Générale con 13 miliardi e BNP Paribas (10 miliardi).

«Le banche europee non hanno capitale a sufficienza per compensare le perdite previste nel caso di un’altra crisi finanziaria», ha fatto sapere l’istituto in una nota riportata da Reuters.
Se è vero che dagli stress test dell’Eba del 29 luglio scorso non è risultato nessun bisogno di un’iniezione di capitale (in particolare per Deutsche Bank che ha respinto i numeri snocciolati dallo Zew), è vero anche che – come ha spiegato Steffen, co-autore insieme ai professori Viral Acharya e Diane Pierret – «il principale scopo degli stress test recenti era quello di aumentare la trasparenza sull’adeguatezza in termini di capitalizzazione in caso di pressione, non quello di rivelare effettivi ammanchi sui quali si sarebbe dovuto intervenire immediatamente».

Secondo Steffen, una soluzione per uscire dall’impasse ci sarebbe ed è di natura politica. «Gli Stati Uniti hanno tratto le loro conclusioni e implementato misure globali per la ricapitalizzazione del settore bancario americano già nel 2008. La mancanza di volontà politica ci dice che questo in Europa non è ancora avvenuto».

Proprio di questo aveva parlato il raider Bruno Livraghi nella fantaintervista con i Diavoli del 6 luglio scorso:
È fondamentale guardare altrove, e non soltanto dove qualcuno vuole che l’attenzione si concentri. C’è qualcosa d’impronunciabile che riguarda l’Europa. Tutti guardano al Sud dove il fascio di luce illumina le banche italiane. Invece per me bisogna concentrarsi sulla Germania. Gli stress test potrebbero tradire non poche difficoltà per una grande banca tedesca. E sto usando un eufemismo. Per la prima volta le verifiche includeranno rischi-mercato ‎e rischi operativi, ovvero derivati e multe! Sono sicuro che in Europa qualcuno all’apparenza insospettabile è troppo esposto in questo senso e potrebbe uscirne male.

In Europa o in Germania?
Diciamo che se le cavie da laboratorio sono l’Italia e il Portogallo, il vero malato è in Germania: la grande banca di cui parlo.

Sembra una posizione ideologica oppure una specie di vendetta contro la rigidità tedesca da parte di un italiano. Sta cercando di occultare la crisi strutturale del vostro sistema bancario?
L’attenzione sull’Italia è determinata da cause precise e ampiamente note dal momento in cui è emerso il problema dei crediti deteriorati. Ciò che, invece, rimane oscuro è il bilancio della grande banca tedesca e l’ammontare esatto dei contratti derivati. Potrebbe trasformarsi in una voragine di perdite senza precedenti. Uso un’immagine forte: quello – a mio avviso – è il vero buco nero della finanza globale. E peraltro concentrarsi lì, nel cuore dell’Europa, e non sui soliti noti della periferia, potrebbe favorire una riflessione finalmente seria, o addirittura dettare un processo di riforma dell’intero sistema. 

Eppure dalla Germania continuano ad arrivare segnali di rassicurazione e da più parti si dice che gli istituti bancari tedeschi hanno un’esposizione netta molto limitata sui derivati.
Guardi, ancora una volta è la prospettiva da cui si guarda a fare la differenza. A me non interessa la posizione netta, bensì quella lorda. A ogni contratto derivato è legato un profitto o una perdita e di conseguenza un rapporto di credito o debito con la controparte con cui è stato negoziato il derivato. La grande banca tedesca, quindi, pur non essendo esposta alla direzionalità dei mercati, è esposta massicciamente alla fragilità del sistema. E non c’è collaterale che tenga. Immaginate un transatlantico che deve manovrare per attraccare in un porto. Il luogo è protetto, certo. Ma se sopraggiunge un imprevisto capace di alterare anche di poco la velocità o la rotta, non è come in mare aperto… È questione di pochi metri, ma in una manovra simile pochi metri sono decisivi: direi che sono tutto. Il rischio è una collisione rovinosa. Ecco, i collaterali sono i parabordi. Ma se sopraggiungono condizioni impreviste nella manovra di attracco, beh, allora non c’è parabordo che tenga.

In altre parole?
In altre parole questa banca potrebbe avere crediti per miliardi legati ai derivati con controparti semi-fallite e debiti equivalenti per altrettanti miliardi con altre controparti. Se una controparte creditrice non dovesse pagare, potrebbe scattare un effetto-domino, l’inizio di una vera e propria valanga. Di fatto un contratto derivato potrebbe trasformarsi in un credito deteriorato a leva. Mi permetta di farle io una domanda…

Prego.
Ha idea dell’esposizione dei Tesori nazionali verso le banche d’investimento legate ai derivati?

Ricordo il caso del Tesoro italiano e di una celebre banca d’affari americana.
Ecco, quello è un esempio perfetto. Ora moltiplichi quell’esposizione per milioni e avrà un’idea dell’entità del rischio sistemico legato al mondo dei derivati emessi negli ultimi vent’anni. La grande banca tedesca ha una fetta enorme di quel rischio.

E adesso cosa fa il raider Bruno Livraghi?
Quella banca tedesca l’ho venduta allo scoperto da tempo. È uno short strutturale, e non ho intenzione di ricoprirmi. Semmai comprerò altre banche.

È salito sul carro in buona compagnia. Non le sembra che il carro sia già troppo affollato?
Sì, inizia a essere affollato: meglio così… È importante attrarre l’attenzione mediatica. I rischi aumentano, ma sono pronto a sopportare un’alta volatilità. Mi creda, non ci sarà happy ending se non prima di una durissima resa dei conti…

E come finirà con le banche italiane?
Se i tedeschi decidessero di fare delle deroghe al loro fondamentalismo, potrebbero accendere la green light per l’immissione di capitale pubblico in una banca privata. Potrebbe tornargli utile qualora dovessero salvare qualcosa che gli sta molto a cuore.

Da Lo stress test è al cuore dell’Europa. Il Tredicesimo Piano

NEWSLETTER


Autorizzo trattamento dati (D.Lgs.196/2003). Dichiaro di aver letto l’Informativa sulla privacy.



LEGGI ANCHE: